L’anima di Città Alta a rischio estinzione: sempre meno botteghe e abitanti storici

Lo storico negozio-laboratorio dell’orafo Blumer a due passi da Piazza Vecchia chiuderà presto i battenti: «Lascio una strada sporca e invasa dalle auto. E un centro storico che assomiglia sempre più a Gardaland». La notizia, apparsa ieri sul quotidiano locale L’Eco di Bergamo, riapre l’annoso dibattito legato al fenomeno della Turistificazione dei centri storici, che nell’Italia di oggi ha raggiunto dimensioni preoccupanti coinvolgendo centinaia di città e centri minori, favorito dalla diffusione di piattaforme turistiche digitali. Se Venezia e Firenze rappresentano casi estremi della mercificazione dei luoghi, emblemi di una monocoltura turistica ormai irreversibile che vede i centri storici  cristallizzarsi in musei e in location riservate ad eventi, anche quello di Bergamo non si sottrae a questa tendenza, sedotto dall’idea mettere a reddito la sua bellezza. Da quando Bergamo si è scoperta “città d’arte”, alle dinamiche innescate dal mercato immobiliare dagli anni ‘70 si è aggiunto un ipertrofico sviluppo turistico che ha accelerato i processi di espulsione degli abitanti storici (in particolare delle fasce economicamente più fragili), mutando profondamente il tessuto sociale di Città Alta. Si sono così moltiplicate le infrastrutture per visitatori, dalle strutture ricettive (soprattutto airbnb), ai negozi (gadget, fast food, yogurterie.. e l’elenco potrebbe continuare all’infinito), a discapito degli esercizi di prima necessità e del permanere di  artigiani, divenuti ormai introvabili. Ripropongo perciò un resoconto, risalente al luglio del 2014 ma indicativo di un trend che purtroppo non ha subito mutamenti, aggiornando i dati essenziali alla situazione attuale.

Via Colleoni, la via di Bergamo Alta che presenta il maggior numero di attività commerciali, cambiate radicalmente dalla metà degli anni ’70, con il vorticoso susseguirsi  del cambio tipologico dei negozi

Percorrendo la Corsarola – il lunghissimo “serpentone” che da piazza Mercato delle Scarpe si allunga verso la Cittadella – non si può non avvertire un senso di disagio per la crescita spropositata di esercizi commerciali che ben poco hanno in comune con l’identità di un centro storico, un tempo ricco di botteghe e negozi sufficienti a soddisfare il fabbisogno degli abitanti.

Negozi che, nella loro semplicità e in sintonia con il luogo, si accompagnavano  al brulichìo che si svolgeva entro le mura e che nel volgere di poco hanno chiuso i battenti, per lasciare spazio a un cambiamento poco consono ai ritmi e al tessuto sociale della città sul colle.

Uno dei due negozi di frutta e verdura – entrambi affacciati su via Colleoni – che riforniscono il centro storico di Bergamo Alta, dove negli ultimi decenni si è registrata una forte variazione delle attività commerciali

 

La Pasticceria- bar Cavour in via Gombito, aperta nel 1850, può fregiarsi del prestigioso titolo di “Locale storico”

Un problema annoso, quello della penuria di botteghe storiche e di negozi di vicinato, strettamente legato allo  spopolamento verificatosi a partire dagli anni ’60 e alle vertiginose dinamiche del mercato immobiliare, che in pochi decenni hanno ribaltato l’assetto socio-economico di Bergamo Alta con un notevole incremento già a partire dal trentennio 1971/2001.

Le dinamiche legate al profondo mutamento del tessuto sociale di Città Alta di Bergamo, affondano le radici nel decennio che va dagli anni ’50 agli anni ’60, quando all’esodo dei residenti verso la periferia e al conseguente deprezzamento immobiliare dei fabbricati lasciati in disuso, è seguita, dagli anni ’70, la corsa al recupero a vantaggio della speculazione edilizia. Dinamiche cui s’è aggiunto il fenomeno prorompente del turismo, che assommato a una complessa serie di problematiche ha cambiato l’anima di Città Alta, alterandone indiscutibilmente la vivibilità (nell’immagine, il secondo dei due negozi di frutta e verdura di via Colleoni)

Un centro, quello di Bergamo Alta, dove a una compagine sociale un tempo  prevalentemente popolare, ha corrisposto via via la crescita senza precedenti di una classe d’élite composta per lo più da medio-alta borghesia.

Il Caffè del Tasso in Piazza Vecchia, insieme alla pasticceria Cavour, uno dei più antichi locali storici che la storia della città orobica ricordi

Dai dati demografici annuali del Comune di Bergamo degli ultimi 60 anni circa, si può capire quanto profondo sia stato il mutamento, sia per quanto riguarda il calo della popolazione (in larga parte relativo ai ceti più deboli) e sia riguardo la sua composizione sociale.

L’esodo dei residenti dal centro storico verso la periferia si è verificato già a partire dal decennio ’50-’60. Se negli anni ’50 il centro storico era abitato da 8.000 persone, provenienti per lo più dai ceti popolari (una media superiore rispetto a quella del resto della città), nel 1961 la popolazione si è ridotta sino a raggiungere i circa 6.500 abitanti, subendo un ulteriore calo nel 1971 (con  4.109 abitanti) per arrivare a 2438 abitanti dentro le mura nel 2014: 1571 persone in meno rispetto al 1971, pari al 38% della popolazione.
Un’emorragia che si è ulteriormente aggravata, considerato che nel 2016 il numero degli abitanti ha toccato il minimo storico con 2400 unità.

La vetrina del Panificio Tresoldi in via Colleoni 

Per quanto riguarda la composizione sociale degli abitanti dentro le mura, se nel 1971 era molto simile a quella dell’intera città di Bergamo, nel 2001 già si registrava un incremento del 16% di appartenenti al ceto benestante (imprenditori, liberi professionisti, lavoratori in proprio). Un trend che si è progressivamente aggravato a causa della crescita verticale dell’industria del  turismo, che ha fatto sì che negli ultimi quarant’anni le case vuote siano aumentate di sei volte, le abitazioni di proprietà siano raddoppiate e quelle in affitto dimezzate, precludendo l’accessibilità alle giovani coppie con figli e favorendo “una omogeneità sociale fatta di famiglie piccole e benestanti. La città storica diventa la città dei ricchi. E, in prospettiva vicina, la città dei turisti” (1).

La passeggiata lungo la Corsarola (via Colleoni), spina centrale di Bergamo Alta, lungo la quale si affacciano numerosi gli esercizi commerciali

L’inclusione delle Mura veneziane della città nel patrimonio Unesco ha ulteriormente aggravato il problema delle abitazioni, facendo raddoppiare le vendite “di pregio” e incrementando la presenza di strutture alberghiere, con un aumento del 79%  degli airbnb ed un calo del 9,2% per gli alberghi veri e propri dal 2010 ad oggi: i turisti che ogni anno visitano il centro storico sono stimati in circa 200.000 l’anno, cento per singolo abitante (2).

Panificio-pizzeria da taglio Pesenti in via Colleoni

 

Un’altra significativa immagine di uno dei due negozi di frutta e verdura di Bergamo Alta, affacciati su via Colleoni, la via dello “struscio”

La sensibile estromissione delle botteghe storiche e dei negozi di vicinato – non più in grado di sopravvivere a causa dell’attività molto ridotta -, se da un lato si lega strettamente alla inarrestabile emorragia della popolazione, è d’altro canto ulteriormente favorita dalla crescita, già in atto dalla metà degli anni ’70, di tipologie commerciali sempre più rivolte a chi giunge da fuori.

La Vineria Cozzi in via Colleoni, un tempo ritrovo degli abitanti del centro storico, oggi  è un raffinato ristorante

I negozi di utilità sociale, che dovrebbero soddisfare le necessità quotidiane dei residenti, sono a rischio estinzione proprio a causa della omologazione commerciale dell’effimero composta da negozi di abbigliamento, souvenir e simili, ai quali si sono aggiunte le crescenti offerte di ristorazione e alloggio.

Fruttivendolo in via Colleoni

Alla scomparsa di numerose botteghe artigianali (nel 1976 vi erano ben 5 calzolai), corrisponde nel centro storico un calo considerevole dei negozi di alimentari (dei 14 esistenti ne sono sopravvissuti 3 alla data del 2014), nonché di tutti i negozi di vicinato.

Una situazione aggravata dal fatto che questi ultimi, laddove persistono, non sono più intesi nel senso classico del termine ma si sono trasformati in qualcosa che spesso non è alla portata di tutte le tasche.

Ex panificio Tresoldi, ora adibito a bistrot

 

Nel centro storico, agli esercizi storici come il Ristorante-pizzeria “Da Mimmo” in via Colleoni, si sono aggiunte nel tempo numerosissime attività con una crescita dell’80% di bar e ristoranti, del 55% di negozi di abbigliamento e del 65% di souvenir per Città Alta e Borgo Canale dal ’76 al 2013

Dal 1976 all’ottobre 2013, insieme al calo della popolazione si è registrato il seguente decremento:
-20% panettieri
-35% antiquari
-30% orefici
-50% parrucchieri
-65% fruttivendoli
-75% calzature
-80% alimentari generici e latterie
-100% calzolai

Dal confronto, mentre si registra un forte aumento per i negozi di abbigliamento, di articoli da regalo e in particolare per bar e ristoranti, si è registrato un calo per fruttivendoli, parrucchieri, antiquari, orefici e panettieri, proporzionale alla variazione della popolazione (+/-35%).

Ex Pasticceria Donizetti, ora Enoteca

Il destino peggiore ha riguardato soprattutto i negozi di alimentari e drogheria, calati dell’80%: di fatto, ad oggi dentro le mura trovare un idraulico, un meccanico, un elettricista o un restauratore è diventata un’impresa.

Il Panificio Tresoldi in via Colleoni: bottega storica

Per quanto riguarda la ricettività turistica, dal 1974, con 74 posti letto degli alberghi e locande, si passa nel 2014 ai 320 posti in alberghi e “case per ferie “ (Seminario e suore di via Donizetti) ed i 90 posti tra B&B e “case vacanza“, con un incremento di 336 posti letto pari circa il 500%.

Ed oggi? “La città storica diventa un dormitorio per turisti di lusso: in Città Alta ogni notte dormono 12,4 turisti per abitante, mentre i posti letto sono ormai 30 ogni 100 abitanti”, come affermato da Tommaso Montanari in un articolo recentemente apparso sul Fatto Quotidiano (3).

Il tipico dolce bergamasco che tanto piace ai turisti: la “polenta e osèi”

Le botteghe storiche e i negozi di vicinato sono essenziali per l’aggregazione del delicato tessuto sociale, in particolare per la vita quotidiana delle classi più deboli, anziani in primis, categoria in costante crescita per la quale al disagio di dover raggiungere punti vendita lontani si associa spesso anche quello di non possedere un proprio mezzo di trasporto: cosa per la quale più volte l’Associazione per Città Alta e i Colli di Bergamo, che da tempo si occupa delle problematiche del centro storico, ha sollecitato l’Amministrazione chiedendo l’apertura di un mini Market a prezzi calmierati.

Il Panificio Nessi di via Gombito, altra bottega storica: “dal 1946”

Fece molto scalpore lo sfratto che interessò la storica Latteria Locatelli in Corsarola – unica nel centro storico con questa denominazione – che alla data del 2014 era gestita da 55 anni dalla famiglia Carenini, di cui da tempo si occupava la figlia Emanuela.

Come accaduto per altri negozi di pubblica utilità nel centro storico, anche la storica Latteria Locatelli di via Colleoni in Bergamo Alta ricevette uno sfratto in quanto l’edificio in cui si trovava era stato posto in vendita. La Latteria dovette abbandonare i locali entro la data del 31 dicembre 2014

Il 14 febbraio 2014, dopo il rischio di chiusura per la Latteria Locatelli, l’Associazione di Città Alta e Colli aveva chiesto l’intervento degli organi competenti  per salvaguardare le botteghe storiche e i negozi di vicinato di Bergamo Alta (oltre 50 realtà associative nel 2014), alla luce di quanto dettava  il Piano Particolareggiato di Recupero di Città Alta e Borgo Canale (vigente dal 2005), in merito alla salvaguardia dei negozi storici e di vicinato del centro storico.

La vecchia sede della storica Latteria Locatelli, in via Colleoni

La vicenda, ampiamente descritta ed analizzata nel semestrale dell’Associazione (Bergamore – anno 22 – n° 34 – Marzo 2014), sebbene da tempo risolta, è a tutt’oggi emblematica di una tendenza che non ha subito la minima battuta d’arresto.

L’affaccio su via Salvecchio della Latteria Locatelli, prima del trasferimento

Altro dato che va ad incidere sul triste fenomeno dello spopolamento dipende dal fatto che molti, pur risiedendo dentro le mura di fatto non vi abitano.

I locali lasciati liberi dalla Salumeria Mangili in via Gombito attesero a lungo un nuovo locatario

Una città per ricchi, dominata da un commercio orientato a soddisfare un turismo “mordi e fuggi” e privata di servizi essenziali, è sminuita e minacciata nell’integrità del suo tessuto sociale ed economico.

Dolcetti tipici, in un panificio di Via Colleoni

La comunità del centro storico rivendica la sua vitalità, Città Alta non deve diventare il museo di se stessa, un corpo estraneo rispetto alla città, ma deve vivere e palpitare nella normalità che le spetta, sempre tenendo conto delle complesse dinamiche legate alla delicatezza del suo tessuto storico.

La Vineria Cozzi in via Colleoni, locale storico

Sarebbe bello pensare che l’idea di riportare in Città Alta le famiglie normali composte da giovani coppie, bambini e anziani – tutte le famiglie e non selezionate per censo – non restasse solo un sogno. Sarebbe bello poter recuperare quella perduta dimensione di bellezza, di cui tutti i bergamaschi sentono il bisogno.

La Libreria di via Colleoni

 

Note

(1) Tomaso Montanari, Il Fatto Quotidiano, “Bergamo vale più di un parcheggio – La ‘bellezza inutile’ delle città e i sindaci come il renziano Gori”. 05 Nov 2018.

(2) Ibidem.

(3) Ibidem.

Riferimenti
I dati sono estrapolati daI semestrale Bergamore e dalle informative dell’Associazione per Città Alta e i Colli di Bergamo. Molti dati demografici sono stati elaborati da Nino Gandini, membro storico dell’Associazione di Città Alta e i Colli (AMOREBERGAMO – associazionecittaalta.org). Gli aggiornamenti sono riferiti all’articolo apparso su Il Fatto Quotidiano indicato nelle note.

Nota personale

La porzione del presente articolo, scritta e pubblicata dalla scrivente il  16 luglio 2014 è a tutt’oggi presente nel blog Creative Family (insieme alle fotografie originali), non più online ma tuttora esistente.

2 risposte a “L’anima di Città Alta a rischio estinzione: sempre meno botteghe e abitanti storici”

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