DAL CENTRO PROTOURBANO GOLASECCHIANO ALLA CITTA’ ROMANA
Nel I millennio a.C., periodo corrispondente all’età del Ferro, l’Italia settentrionale è un vero e proprio mosaico di culture, e specialmente nella seconda metà del millennio, sul finire della I età del Ferro, il territorio di Bergamo, pur trovandosi in posizione marginale rispetto alle maggiori culture protostoriche, rivela una più precisa fisionomia culturale, suddiviso com’è tra la cultura dei Celti golasecchiani a ovest e la cultura cosiddetta “retica” a nord.
In questo periodo, nel territorio bergamasco infatti troviamo popolazioni diverse: mentre l’area valliva e alpina delle Orobie fino alla conquista romana delle vallate risulta partecipe della cultura centro-alpina cosiddetta “retica”, la fascia collinare e di pianura, più aperta agli influssi padani, rivela l’appartenenza a quel complesso di manifestazioni culturali riconducibile alla cosiddetta “cultura di Golasecca” (che trova in Como il centro di maggior rilievo), cui appartiene anche il vasto abitato protourbano sorto verso il VI-V sec. a.C. sul complesso collinare di Bergamo Alta, sul quale si insedierà la città romana e su cui insisterà la città medioevale e moderna, racchiusa nel perimetro delle cinquecentesche mura veneziane.
Bergamo rivela quindi uno sviluppo pressoché ininterrotto sin dalla fase protostorica, quando comincia ad affermarsi come centro economico e sociale di un vasto territorio, che ha conservato nel tempo precise connotazioni storiche e culturali: i reperti rinvenuti in Bergamo Alta, consentono infatti di ipotizzare, già per il VI secolo a.C., la presenza di un insediamento abbastanza consistente, ubicato sul luogo dove nei secoli seguenti si sarebbe consolidata la città: se ne sono scoperti i resti (muri in pietra locale legati in argilla, livelli d’uso, pavimentazioni lastricate, seguiti da strati di crollo e abbandono) in quasi tutti gli scavi aperti dal 1980 in città, al di sotto dei livelli romani che sigillano, bonificando con apporto di argilla sterile, le fasi più antiche.
In questo periodo, con intensificarsi in area padana di fiorenti traffici tra gli Etruschi e la cultura di Golasecca, in tutto il territorio dell’Italia settentrionale sorgono una serie di centri protourbani, che si pongono come veri e propri poli di riferimento per un vasto ambito territoriale.
E’ ciò che avviene anche per l’abitato sviluppatosi sul colle di Bergamo, divenuto nel V secolo a.C. snodo viario e commerciale lungo il percorso pedemontano di collegamento dei traffici tra l’Etruria padana e i passi alpini.
E’ questo il momento in cui il territorio orobico accentua il suo ruolo strategico, ma non più prevalentemente nei riguardi della valle Seriana, bensi nel controllo territoriale della pianura attraversata dai traffici, il cui reticolo viario si modella sulle direzioni di Como, Milano e Brescia.
La collocazione del centro protourbano di Bergamo Alta è di tramite tra gli ambienti contigui e complementari della montagna e della pianura: la montagna ricca di boschi e con presenza di minerali metalliferi; la pianura – rivolta all’ambito padano – più idonea alla ruralità.
LA CONQUISTA GALLICA DELLA PADANIA
A partire dal IV secolo a. C. (l’invasione è convenzionalmente datata al 388 a.C.) inizia una lenta immigrazione di popolazioni galliche, che diventeranno una presenza forte e culturalmente dominante durante tutto il secolo.
Gli studi elaborati sui rinvenimenti archeologici concordano nell’evidenziare, fra il IV e il II secolo a.C., un forte spopolamento e un parziale abbandono delle aree di pianura e di collina, che fino a quel momento avevano tratto potere e ricchezza dalla loro posizione sul percorso commerciale pedemontano.
L’invasione gallica avrebbe causato il crollo dell’ organizzazione politica e insediativa che controllava il territorio, mettendo in crisi il sistema di scambi e percorsi mercantili che si erano costituiti nell’età precedente. Viene perciò ad interrompersi la corrente commerciale tra area italica e Nord delle Alpi, che aveva fatto fiorire i centri ubicati lungo la pedemontana e determinato lo sviluppo dell’abitato di Bergamo. La cultura di Golasecca decade quindi a favore della cultura gallica o di La Tène.
Diversamente da quanto si osserva per Milano e Como, nell’abitato sul colle la sostanziale assenza di dati significativi per la II età del Ferro fa registrare una contrazione territoriale: l’abitato sembra infatti decadere o comunque ridimensionarsi fortemente: sicuramente per lo spopolamento dell’area, ma in parte forse anche anche a causa della consistente asportazione della stratigrafia preromana di Città Alta, dovuta agli interventi urbanistici di monumentalizzazione della città operati dai Romani a partire dall’età tardorepubblicana.
Per i Galli, guerrieri avvezzi a muoversi con carri da guerra e cavalli, il territorio collinare non favoriva la rapidità e l’agilità degli spostamenti: costituirono quindi i loro insediamenti in pianura (villaggi rurali di cui Ghisalba, Verdello e Treviglio risultano i poli di popolamento più importanti) e aprirono altre strade, soprattutto a ovest verso la Gallia, direttrice che successivamente anche i romani percorreranno: accrescendo l’importanza dell’utilizzazione agricola della pianura, la presenza gallica crea così le premesse politiche ed economiche, oltre che militari, della penetrazione romana.
L’AVVIO DEL PROCESSO DI ROMANIZZAZIONE
In quel periodo il territorio di Bergamo sorgeva nell’area dominata dalla popolazione gallica degli Insubri, che occupavano la parte occidentale della pianura fino al corso del Serio Morto (con i siti di Arzago d’Adda, Dalmine, Levate, Verdello, Treviglio, Calvenzano, Caravaggio, Misano di Gera d’Adda) e avevano il loro perno in Milano, mentre Brescia era centro dei Cenomani (con i siti di Bolgare, Cavernago, Ghisalba, Gorlago, Telgate).
Attraverso alterne vicende, i Romani sconfissero ad una ad una tutte le tribù galliche stanziate nell’Italia settentrionale, sino alla vittoria definitiva di Mediolanum (194 a.C.). Allo scopo di eliminare la possibilità di nuovi grandi coalizioni antiromane, adottarono un sistema di alleanze, i foedera aequa, che permettevano ai popoli sconfitti di mantenere una certa autonomia.
Iniziò così un “processo di romanizzazione indiretta”, grazie alla libera immigrazione di Romani, Latini e Italici, che portavano con sé abitudini e modi di vita. Un processo che si concluderà con la formazione della provincia della Gallia Cisalpina (nome dato dai romani al territorio che si estendeva dalla pianura del Po sino alle Alpi) e farà maturare una ben definita configurazione giuridico-politica del territorio bergamasco, accanto a territori vicini a loro volta chiaramente configurati.
Divenuta un distretto posto ai confini dell’impero e assunta una funzione strategico-militare, Bergamo viene rafforzata e riorganizzata come oppidum (città fortificata), in modo da tutelare una cosi vasta area di confine del territorio italico, descritto, ancora nel sec. I d.C. come extrema pars Italiae da Plinio.
Dopo i secoli di decadenza e abbandono di vaste aree, sull’antico tessuto protourbano golasecchiano, l’intervento diretto dei Romani favorisce un nuovo e definitivo fenomeno di aggregazione, che consente a questo oppidum di ricevere nell’89 a.C. il titolo di colonia latina (1) e nel 49 a.C. la cittadinanza romana, con la creazione del Municipium civium romanorum (2), sede prevalentemente politico-amministrativa, religiosa e burocratica, ascritto alla tribù Voturia (3).
Sebbene la maggior parte della popolazione viva nel contado, dove la maggior parte della produzione è destinata al commercio nella città, il centro urbano più importante risulta ovviamente Bergomum, cui vengono attribuiti ruoli di gestione e governo del territorio, confermando la funzione di città e di referente per un ampio territorio (4).
Possiamo quindi far risalire all’età cesariana la conferma e il rafforzamento del centro di gravità su Bergamo.
Nei quattro secoli di dominazione romana, architettura, urbanistica, economia, cultura, nuove concezioni e abitudini e stili di vita si fonderanno in un processo continuo di rinnovamento, di riqualificazione, di evoluzione.
I CONFINI DEL MUNICIPIUM
Il limite dell’agro bergomense correva lungo i fiumi Oglio e Adda, a Oriente e a Occidente; a Nord era costituito dall’area montana fra il Legnone e il Venerocolo, mentre risulta di più problematica definizione la linea di demarcazione meridionale: l’agro bergomense probabilmente comprendeva centri attualmente amministrati dalla Provincia di Cremona; inizialmente venne considerato parte della ‘Regio Transpadana’ (che aveva il suo limite occidentale lungo il fiume Oglio), mentre nel basso impero fu considerato parte della ‘Venetia et Istria’ ( che aveva il suo limite orientale lungo il fiume Adda).
La fissazione dell’area di pertinenza del municipium di Bergamo, sarebbe rimasta in linea di massima largamente orientativa nella successiva storia del territorio bergamasco, che in età romana per la prima volta integrava in un unico ambito politico-culturale le aree montuose, collinari e pianeggianti.
LA SUDDIVISIONE DEL MUNICIPIUM SECONDO IL CRITERIO DELLE CENTURIAZIONI
La necessità di un controllo di un territorio più ampio e l’introduzione di una politica intesa al dominio disciplinato delle popolazioni autoctone, viene attuata dalla repubblica romana mediante una serie di interventi mirati, fra i quali l’applicazione nell’agro bergomense del sistema di centuriazione (frazionamento del territorio in poderi di eguale estensione, disposti a scacchiera): operazione necessaria per ottimizzare le possibilità offerte dal suolo, per assicurare una nuova distribuzione delle terre a un sempre maggior numero di coloni nonché per fini fiscali (5): il pagamento dei tributi infatti, non consisteva in denaro, ma in prodotti freschi o disseccati della terra, soprattutto in granaglie.
Nel contempo, viene ampliata l’area coltivabile con interventi di disboscamento e bonifica di aree improduttive e paludose, realizzati argini e canali, tracciati nuovi assi viari e razionalizzati quelli esistenti, consolidati gli insediamenti preesistenti e fondati nuovi centri.
L’operazione esercita notevoli effetti sul paesaggio agrario e sugli insediamenti, imprimendo al territorio un disegno regolare e un assetto funzionale che spesso è stato confermato nei secoli successivi e che tuttora è parzialmente riconoscibile in alcuni lineamenti dell’assetto della pianura (6).
Allo stesso tempo, tale strutturazione correla più strettamente il territorio piano alla città.
La costituzione del municipium e l’aggregazione allo stesso anche della popolazione delle valli congiungeranno così in unità amministrativa un territorio peraltro ben segnato anche dai contorni fisici.
Dentro le stesse valli, in particolare in quella Seriana, si fissano numerosi “vici” (piccoli insediamenti in cui si aggregava la popolazione), generalmente sul fondovalle, con modificazione evidente del modello insediativo dell’età del Ferro: si verifica così uno ‘spostamento’ piuttosto generalizzato degli abitati di altura e di collina, dall’alta quota e dalla mezza costa (preferite e più difendibili, a partire dall’età preistorica) alla fascia collinare e al fondovalle ed ai terrazzi acclivi (Alzano, Nembro..), dove il terreno a dolce declivio, facilmente coltivabile, garantisce sia una naturale difesa che un facile controllo delle vie di comunicazione tra la pianura e i valichi alpini: la presenza di siti protetti e rifugi naturali non costituisce più il principale fattore di scelta per l’impianto di un sito abitativo.
Le valli e le montagne vengono inoltre nuovamente valorizzate, per la ricchezza di giacimenti minerari e pietre da costruzione.
Ma ciò che è importante sottolineare è che tali interventi incidono positivamente sulla capacità produttiva del territorio incrementando gli scambi commerciali, quindi le ricchezze del municipium, che, raggiunto sotto Augusto uno status di benessere economico, vengono annessi al REGIO XI transpadano (7). Il tenore di vita delle popolazioni mostra di avere raggiunto il massimo livello nel corso del I e del II secolo.
In area lombarda si favoriscono i collegamenti di pianura, privilegiando i percorsi da Milano verso Novara, Pavia, Piacenza, Cremona, Brescia, Como e Bergamo (da tempo posta sulla linea di transito degli scambi con i poli commerciali di Como, Milano e Brescia), dove vengono a crearsi i presupposti per insediamenti sempre più numerosi.
In ogni caso, il processo di romanizzazione e colonizzazione nell’area padana avviene gradualmente, a volte imponendosi e a volte sovrapponendosi alla realtà indigena.
LE STRADE ROMANE E LA VIABILITA’
Con la romanizzazione si consolidarono alcuni percorsi tradizionali e si aprirono nuove vie commerciali, che permettevano di raggiungere i nuovi abitati e i villaggi romanizzati.
La centuriazione romana determinò il costituirsi di una fitta rete di assi viari che spesso si appoggiavano alle linee costituite dal cardo e dal decumano: sentieri e viottoli acciottolati portavano dal “colle” alla campagna, mentre percorsi più importanti collegavano gli abitati di fondazione romana.
A questa armatura si sovrapponevano gli itinerari a lunga percorrenza (fra cui le vie militari), arterie lastricate in pietra che talvolta ricalcarono, e dunque consolidavano, tragitti più antichi.
Lungo le principali vie di transito era prevista la presenza di mutationes (più frequenti) e di mansiones. Le mutationes garantivano la possibilità di un punto di ristoro e fornivano ai messi o ai veicoli che viaggiavano per interessi di Stato, un cambio dei cavalli; nel territorio di Bergamo è stata ipotizzata la presenza di una mutatio a Casazza e a Pontirolo. Le mansiones, disposte a una distanza equivalente a un giornata di viaggio, offrivano la possibilità di ricovero per merci e animali, nonché di pernottamento per i viaggiatori: nel territorio di Bergamo è stata ipotizzata la presenza di una una mansio a Telgate.
Lungo le strade maggiori, a distanza regolare di un miglio, erano poste pietre miliari, che riportavano indicazioni quali la distanza percorsa/da percorrere a partire dal centro più vicino e il nome di colui che si era preso cura del restauro o della realizzazione della strada stessa.
In particolare, a partire dall’89 a.C., vennero tracciate queste importanti arterie stradali di collegamento fra i principali insediamenti romani dell’ltalia settentrionale:
- la Bergomum-Mediolanum che attraversava il Brembo nei pressi di Marne (dove tuttora esistono i resti di un ponte a due arcate di probabile origine romana) e proseguiva per Verdello (come indica il miliario dedicato dalla Devota Venetia a Costantino), da cui dirigeva in direzione del capoluogo (e dove incrociava la via Mediolanum-Brixia);
- la Comum-Bergomum-Brixia, che attraversava il Brembo ad Almenno sul Ponte della Regina e l’Oglio a Palazzolo, dove le pile del ponte attuale poggiano su pile più antiche di forma rotonda, o a Cividino, dove sono stati rinvenuti due miliari;
- la Mediolanum-Brixia che attraversava l’Adda in corrispondenza del Pons Aureoli.
Le grandi strade romane nascevano all’interno di un disegno generale, teso a collegare fra loro i punti più lontani dei territori governati, con percorsi sicuri e lineari e subordinati da un’esigenza di carattere militare a discapito quindi di centri di media importanza: per questo motivo solo alcuni importanti percorsi commerciali raggiungevano direttamente Bergamo: l’importante percorso fra Mediolanum a Brixia, tratto della strada che conduceva fino ad Aquileia e poi a Emona, per esempio, trascurava la città, attraversando l’agro bergomense a Sud dell’abitato, attraversando l’Adda a Pons Aureoli (l’odierna Canonica, dove si trovava una mutatio), l’Oglio a Palazzolo o a Cividino.
Fra gli itinerari a lunga percorrenza, godettero dunque di particolari cure e attenzioni le vie militari: in alcuni casi si realizzarono imponenti strutture documentate dagli “itinerari” del IV secolo d.C. e dalla “Tavola Peutingeriana”, per assicurare agli eserciti rapidità negli spostamenti: così lungo le strade di collegamento tra Bergamo, Milano, Como e Brescia. La strada per Milano passava l’Adda a Pons Aureoli (Canonica); quella per Como (una via pedemontana di mezza costa), superava il Brembo ad Almenno (Ponte della Regina) per dirigersi verso il ponte romano-medioevale sul torrente Tornago, conosciuto anche con il nome di “ponte del Tarchino”.
La strada per Brescia passava il Serio a Gorle e l’Oglio sotto Cividino. Non restano tracce dei ponti romani di Canonica e di Gorle, sostituiti da successivi manufatti, mentre restano tracce dei piloni dei ponti di Cividino e di Almenno del quale, ancora in funzione nel XV secolo, si conosce l’architettura originaria.
Quando le sponde risultavano basse sul letto dei fiumi si lasciò che i viaggiatori e i mercanti attraversassero i corsi d’acqua a guado, soprattutto quando l’acqua, scorrendo in un fondo piuttosto largo, si divideva in rami non eccessivamente profondi: è questo il caso dei numerosi guadi del fiume Serio (anche lungo la via Mediolanum-Brixia; la situazione non cambierà in età medievale e gli stessi guadi saranno luogo di attraversamento anche per la strada Francesca, che riprende un tracciato in uso dall’età romana fra Pons Aureoli e Palazzolo).
Un importante percorso portava all’area settentrionale del Sebino e alla Valcamonica, staccandosi dalla Bergomum-Brixia in prossimità della mutatio di Tellegatae, all’altezza di Carobbio (Quadrivium) degli Angeli, dove esisteva un esteso insediamento.
All’area del Sebino settentrionale e della Valcamonica conduceva la via che attraversava la Val Cavallina, superando il vicus di Casazza, dove molto probabilmente si trovava una mutatio. All’area meridionale del Sebino conduceva invece la via che si staccava dalla Bergomum-Brixia per raggiungere Sarnico e poi Predore.
Infine la strada per Cremona passava da Ghisalba e Bolgare.
A partire dal III secolo d.C. l’area della Pianura Padana accentrò attenzioni e acquisì sempre maggiore importanza, in quanto retrovia dell’organizzazione militare stanziata oltralpe (verso la fine del secolo Milano divenne capitale); con la crisi dell’impero, tuttavia le strade vennero gradualmente abbandonate all’incuria e la mancanza di interventi capillari iniziò a compromettere la qualità e la velocità degli spostamenti, fino alla piena decadenza della rete viaria, accentuata dal crollo dell’impero romano.
La sopravvivenza di alcuni luoghi peculiari (siti, incroci, ecc.) determinatisi in epoca romana, si è successivamente materializzata a livello simbolico (ad esempio la sostituzione di un cippo con santelle, croci ed oratori).
LA CITTA’ ROMANA
Complementare all’organizzazione militare romana avvenuta con la costituzione di Bergamo a municipium (I sec. a.C.), si procede quindi alla formazione dell’impianto urbano, con la creazione di infrastrutture e strutture pubbliche in precedenza non esistenti (cinta muraria (8), sistema viario, rete idrica e fognaria, necropoli, area forense, edifici da spettacolo, monumenti pubblici, domus), con le quali si costituisce il centro politico, amministrativo, religioso e residenziale della città romana, secondo un piano architettonico ben definito che verrà perfezionato nel II-III secolo d.C. Tale fase è preceduta da diffusi e poderosi interventi di ristrutturazione urbanistica (spianamento, terrazzamento e livellamento), in vista di una progettazione razionale degli spazi.
Attraverso un excursus perdurato dal I secolo a.C. fino a tutto il IV secolo d.C., architettura, urbanistica, economia, cultura, nuove concezioni e abitudini e stili di vita, si fonderanno in un processo continuo di rinnovamento, di riqualificazione, di evoluzione (9).
ATTIVITA’ PRODUTTIVE E UN PRIMO DELINEARSI DEI BORGHI
Se tutti i dati archeologici ed epigrafici concordano nel definire la funzione urbana della città sul colle (sede prevalentemente politico-amministrativa, burocratica e religiosa), considerati anche i limiti posti dalle condizioni morfologiche e idrografiche, gli impianti produttivi e artigianali dovevano essere dislocati nella fascia suburbana (suburbium), dipendendo probabilmente dal fiume Serio, che, dotato di un regime più regolare e di un regolare raccordo morfologico con la pianura, poteva più facilmente prestarsi a eventuali opere di derivazione e canalizzazione delle acque (10).
Ed è probabilmente in questo modo che si manifestano le prime tendenze di quella zonizzazione altimetrica di funzioni che sarebbe divenuta caratteristica nei tempi successivi, con la fissazione sul piano di alcuni edifici per particolari attività e la probabile dipendenza dal Serio che si prestava per la portata, il dislivello e l’andamento del suolo a captazioni o derivazioni; dipendenza di cui però abbiamo ampie prove solo a partire dal Medioevo (11).
I borghi suburbani, documentati solo a partire dai secoli VIII e IX, sono citati agli inizi del sec. XII da Mosè del Brolo nel “Pergaminus”: si tratta del Fabricianum (Fabriciano),ubicato a N, identificabile nella zona di Valverde esterna alla porta di S. Lorenzo (e comprendente il Castello di Poliacum: attuale casa Cattaneo già Medolago); del Pompilianum (Pompiliano), ad W, comprendente l’area da Borgo Canale a Broseta ed alla Benaglia; a SW della città, del Praetorium (Pretorio), nella zona alta di via S. Alessandro e del Crotacium (Credacio) nella parte bassa di via di S. Alessandro, compresa la chiesa attuale e il territorio circostante; del Palatium, a SE, nella zona di Borgo Palazzo lungo la direttrice di Seriate-Brescia e comprendente la Curtis Regia della Murgula; infine del Plaurianum (Plorzano), a E, corrispondente a Borgo S. Caterina, sulla via che conduce alla Valle Seriana (12).
I MODELLI INSEDIATIVI DEL CONTADO
In età romana, oltre a Bergamo (il centro urbano più importante, avente ruoli di gestione e governo del territorio), un altro centro che richiamava il maggior numero di abitanti fu Fornovo S. Giovanni, importante centro commerciale ed uno dei punti nodali per la continuità di insediamento fin dall’età del Ferro lungo l’asse di collegamento tra il Po e le Alpi (su cui si colloca anche l’altro importante centro di Cologno al Serio). Fu probabilmente uno degli avamposti nel processo di penetrazione e di conquista romana e centro di rilievo anche nell’alto medioevo, epoca in cui si registra, unica in Italia, una presenza prima alamanna poi longobarda di tutto rispetto.
La maggior parte della popolazione viveva però nel contado (ricco di terreni fertili alluvionali), solitamente aggregata in piccoli insediamenti (i vici; es. quello di Fontanella, nella pianura, e quello di Casazza in area valliva).
Il territorio venne diviso in circoscrizioni rurali (distretti), i pagi, che avevano un centro di riferimento dotato di luoghi per l’amministrazione della giustizia e per la preghiera (per es. il pagus Fortunensis, nell’Isola Brembana, il cui centro amministrativo era ubicato in Terno). Spesso questi nuclei insistevano su abitati più antichi; in età medievale, furono frequentemente questi insediamenti a divenire pievi.
Un altro modello insediativo diffuso sul territorio fu la ‘villa rustica’: struttura insediativa ubicata all’esterno delle mura cittadine, era articolata in edifici per la residenza signorile dei proprietari (pars urbana), che di solito vivevano in città, e ambienti destinati ai contadini e agli schiavi (pars rustica).
Nel territorio bergamasco sono segnalati numerosi resti di ville rustiche, spesso ubicate nei pressi di un corso d’acqua (con cui venivano alimentati gli ambienti termali normalmente connessi alla pars urbana).
La maggior parte della produzione era destinata al commercio nella città, solo una parte del raccolto era finalizzata alla sopravvivenza dei lavoranti.
DALL’ETA’ IMPERIALE ALL’ALTOMEDIOEVO
Nell’età imperiale Bergomum perde parte della sua originaria specificità strategico-militare, potenziando il ruolo di centro politico-amministrativo per un vasto territorio, nel quale coesistono forme complementari di economia forestale-pastorale, tessile, mineraria, edilizia, agricolo-zootecnica. Successivamente la città non viene coinvolta in eventi di particolare rilievo, essendo menzionata solo nelle fonti geografiche e itinerarie (13).
Nell’ambito della riorganizzazione militare e amministrativa del IV secolo attuata da Diocleziano, Bergomum viene attribuita alla X Regio, la Venetia, anziché all’XI, la Transpadana, fatto che può aver consentito il permanere, a differenza di altri centri lombardi, di una vita urbana nei secoli delle invasioni barbariche.
I mutamenti del quadro socio-economico che ne conseguono fanno registrare, tra la prima età imperiale e l’età tardoantica, profonde trasformazioni, sia con ristrutturazioni e rifacimenti di edifici pubblici o privati, sia con modifiche nella ripartizione e nella destinazione d’uso di alcune zone, con nuove soluzioni nell’organizzazione complessiva dello spazio urbano: è ciò che accade non solo nell’area a Nord della Biblioteca Civica, ma anche nell’area del foro, tra via Reginaldo Giuliani (dove tra la seconda metà del III secolo d.C. e il IV secolo d.C. si modifica radicalmente l’impianto urbano), Piazza Mercato del Pesce e nell’area posta inferiormente alla Cattedrale di Sant’Alessandro, dove nel V sec. a.C. viene fondata l’ecclesia della città, una basilica di grandi proporzioni.
Nell’area bergamasca, le prime tracce del Cristianesimo (divenuto con l’editto di Teodosio religione ufficiale dell’impero romano) interessano dapprima l’ambito urbano (III secolo, mentre solo nel IV secolo abbiamo menzione dei primi vescovi della città), mentre l’inizio della conversione nelle aree rurali può essere datato fra i secoli VI e VII, con la fondazione delle prime pievi rurali e dei primi oratori presso le aree sepolcrali.
Nelle campagne infatti, estranee ai circoli culturali e raggiunte con lentezza dalle influenze esterne (e, pertanto, fortemente conservatrici), anche in seguito all’editto di Teodosio i culti pagani, spesso ereditati dalle comunità preistoriche, resistettero ancora a lungo.
Il passaggio tra romanità e Alto Medioevo è comunque difficilmente ricostruibile per scarsità di dati, ma una continuità di vita è percepibile da isolati elementi relativi alle necropoli, che persistono sia in Porta Dipinta che in Borgo Canale (poste secondo l’uso romano immediatamente all’esterno degli abitati, spesso in prossimità delle strade di collegamento più importanti).
Nel 538, durante la guerra gotica, Bergamo venne descritta da Procopio (Bell. Goth., II, 12, 40) come centro fortificato e durante il regno longobardo continuerà ad essere punto strategico (cfr. Paul. Diac., Hist. Lang., passim), apparendo essenzialmente come centro fortificato necessario per il controllo della pianura e delle vie, specie in rapporto al territorio milanese.
Note
(1) Nell’89 a.C. fu promulgata la Lex Pompeia de Transpadanis, con cui veniva concessa alla popolazione della Transpadana, e quindi anche alla popolazione di Bergamo, lo ius Latii, il diritto latino, che prevedeva il diritto di proprietà, di matrimonio, di voto, di cambiamento di residenza: non si trattava ancora di cittadinanza optimo iure, ma garantiva la parità nei diritti civili.
(2) La nascita del municipium è attestata da notazioni epigrafiche per la presenza dei quattuorviri. Il municipium romano era diviso in distretti, a loro volta suddivisi in più piccoli insediamenti, dislocati in particolare lungo le vie romane nei punti strategici e militari. Uno dei distretti amministrativi con cui i romani divisero la bergamasca fu il pagus Lemennis, avente il centro amministrativo in Almenno S. Salvatore, presumibilmente nei pressi della Madonna del Castello.
(3) Nel 58 a.C. Cesare divenne governatore della Cisalpina e, per sua intercessione nel 49 a.C. venne concessa la cittadinanza romana a tutti i Transpadani (Lex Julia). Le colonie furono trasformate in municipia e i cittadini iscritti nelle tribù: quelli di Bergamo furono iscritti nella tribù Voturia, che assume il nome dalla gens Veturia, una delle più antiche famiglie romane. A tale tribù erano ascritti i territori di Ostia, Cere, Piacenza e Bergomum. Le epigrafi militari bergomati della Voturia tribus rinvenute in Pannonia, testimoniano che la popolazione bergamasca fu prevalentemente utilizzata per l’esercito: una scelta/necessità, che resterà poi costante nella storia bergamasca. Agli abitanti di Bergomum veniva offerta la prospettiva della carriera militare e quella dell’acquisizione di magistrature cittadine; carriere prevalentemente perseguite con l’aspettativa di un miglioramento della propria condizione economica e sociale, con la possibilità di accedere alle carriere politiche in ambito locale. […] (R. Poggiani Keller, Bergamo dalle origini all’altomedioevo, Op. cit. in bibliografia).
(4) Tozzi P. L. 1972.
(5) Si tratta delle suddivisioni agrarie ed amministrative delle due successive centuriazioni, la prima, limitata alla fascia dell’alta pianura, è riferibile all’epoca dell’ammissione (89 a.C.). Applicata in un’area di circa 300 chilometri quadrati, presenta una declinazione di 7/8° rispetto ai punti astronomici. Secondo le indicazioni di Tozzi venne orientata secondo l’asse Spirano-Stezzano. In seguito Cantarelli ipotizzò come Cardo massimo, il tracciato di riferimento per la prima centuriazione, l’antica via Bergamo-Crema – anticamente usata per la transumanza – passante per Verdello e identificata dal Tozzi come cardo XX. A distanza di pochi decenni (e comunque entro la fine del I secolo a.C., in una situazione meglio definita militarmente), per permettere la bonifica di tutto il territorio a sud della linea delle risorgive (fino a comprendere anche parte dell’attuale Cremasco), si procedette ad una seconda centuriazione, caratterizzata rispetto alla precedente da un’inclinazione degli assi più marcata (maggiore di 4 gradi, in relazione al Nord astronomico), più efficace in rapporto alle necessità di controllo e scolo delle acque di superficie.
(6) Tozzi P. L., Storia, padana antica, il territorio fra Adda e Mincio, pubbl. Fac. Lettere e Filosofia Univ. Pavia, Milano 1972, pp. 75-97. Sulla persistenza delle tracce della centuriazione nel paesaggio in generale cfr. Sereni E., Storia del paesaggio agrario italiano, Roma-Bari 1974, pp. 50-52.
(7) Durante il principato di Augusto, intorno al 7 d.C., nell’ambito delle 11 regioni con le quali venne organizzata la divisione amministrativa dell’Italia, l’ex Gallia Cisalpina venne divisa in quattro Regiones; il territorio corrispondente all’attuale Lombardia entrò a far parte dell’Impero romano con il nome di Traspadana, l’XI Regio, l’ultima a costituirsi sul suolo italico.
(8) “La sistemazione delle mura, legata allo sviluppo edilizio di Bergamo romana, deve essere avvenuta almeno nella seconda metà del I o nel II sec. d.C., superato il primo periodo di assestamento del municipio, (M. V., in Bergamo dalle origini all’altomedioevo, Op. cit. in bibliografia.
(9) M. Fortunati, L’età del Ferro. Dall’oppidum degli Orobi alla formazione della città sul colle (Op. cit. in bibliografia).
(10) Sergio Chiesa, “Il Sito – Aspetti geologici e geomorfologici del colle di Bergamo”, paragrafo “Pedologia e idrogeologia”, p. 19, in R. Poggiani Keller, Bergamo dalle origini all’altomedioevo, Op. cit. in bibliografia.
(11) Goltara 1960. Lelio Pagani, “Appunti sulla posizione e sul sito di Bergamo antica”, pagg. 20-32, in R. Poggiani Keller, Bergamo dalle origini all’altomedioevo, Op. cit. in bibliografia.
(12) L. Angelini, Il volto di Bergamo nei secoli. Ed. Bolis, 2003 e R. Poggiani Keller, Bergamo dalle origini all’altomedioevo, Op. cit. in bibliografia.
(13) Dall’esame dei materiali sia architettonici sia fittili risulta infine una predominanza di elementi riferibili ai primi secoli dell’impero. In età imperiale si manifestano, accanto ad un’arte colta (ascrivibile ai frammenti di architrave, alle due mensole a protome taurina, ai blocchi di cornice, alla base di colonna e ai capitelli corinzi (esaminati in Aa.Vv. 1986), forme di carattere artigianale spesso dettate da un gusto locale (ad es. le antefisse da piazza Mercato Fieno per le quali cfr. Aa.Vv. 1986, p. 112-113) e italico 48 (ad es., la tipologia tipicamente “italica” del bucranio presente sul fregio della Chiesa di S. Fermo, sulla base proveniente dal Monastero di S. Grata, nonché sulle due aree di S. Michele dell’Arco per i quali cfr. Aa.Vv. 1986, p. 151-152; 117-118; 139-142).
Riferimenti/bibliografia
Bergamo dalle origini all’altomedioevo – Documenti per un’archeologia urbana. A cura di Raffaella Poggiani Keller. Ediz. Panini, Modena, 1986, con particolare riferimento a Lelio Pagani, “Appunti sulla posizione e sul sito di Bergamo antica”, pagg. 20-32 e F. Cantarelli, M. Fortunati Zuccala, L. Pagani, R. Poggiani Keller, “Considerazioni per un profilo storico-archeologico di Bergamo romana”, pagg. 181-183.
Carta Archeologica della Lombardia – II La Provincia di Bergamo – I Il territorio dalle origini all’altomedioevo. A cura di Raffaella Poggiani Keller. Ed. Panini, Modena, 1992.
L’oppidum degli Orobi a Parre (Bg), a cura di Raffaella Poggiani Keller, Edizioni ET, 2006.
L’età del Ferro. Dall’oppidum degli Orobi alla formazione della città sul colle. Raffaella Poggiani Keller. Ed. Fondazione per la storia economica e sociale di Bergamo. Con particolare riferimento a Maria Fortunati, Bergamo romana: appunti per una rilettura dell’assetto urbano alla luce delle nuove scoperte.
Provincia di Bergamo, Piano di settore della rete ecologica provinciale , Documento preliminare di piano – Ottobre 2008. A cura dell’Università degli Studi di Bergamo – Centro Studi sul Territorio.
molto interessato a vedere la mappa di Bergamo e del suo territorio, realizzata dopo il 1579
Gentile signore, di questa mappa possiedo solo il file.
Buongiorno.
Ho appena scoperto questo bellissimo sito, ricco di informazioni e riferimenti bibliografici.
Era da tempo che cercavo informazioni di questo tipo, specialmente sulla storia antica della città.
Inizierò a leggerlo con molto piacere (ho un po’ di materiale da recuperare!).
Grazie per l’ottimo lavoro
Grazie a lei, Luca, per il gentile commento. Sulla città romana e in generale sui periodi antichi, che anch’io amo moltissimo, ci sarà ancora molto da dire.