La Città di Bergamo può vantare, fra le sue vicende storiche, quelle di alcune tra le più rappresentative industrie produttrici di auto, attive nel Primo Novecento. Se fra le moto di prestigio non possiamo non ricordare le mitiche Rumi (prodotte dalla metà degli anni ‘50 del Novecento), fra le automobili realizzate si annoverano quelle prodotte dalla gloriosa S.A.L. (acronimo di Società Automobili Lombarda), fondata a Bergamo nel 1905 con lo scopo di produrre omnibus, motori marini e automobili, per le quali venne creato il marchio “Vetture Esperia”: le prime automobili lanciate a Bergamo.
Una fabbrica nata laddove, dopo vent’anni, una scuola soprannominata “Esperia” avrebbe preparato migliaia di tecnici per la grande crescita dell’industria bergamasca.
La fabbrica, che si trovava nell’allora via Conventino (divenuta attorno al 1938 via Gavazzeni), era stata costruita tra il 1880 e il 1890 per fabbricare carrozze a trazione animale ed iniziava a produrre le sue auto in tempi in cui a Bergamo ne circolavano circa una decina (1).
In pochi mesi l’azienda riuscì a presentare i primi autotelai, denominati “20 HP” e “40 HP”, dotati di propulsore quadricilindrico in linea da 3.770 cm³.
Nel 1909, per intervenute difficoltà finanziarie, la SAL venne posta in liquidazione ed acquisita dal tecnico Giovanni Macagno, e la ragione sociale dell’azienda mutò in “Macagno Giovanni Automobili Licenza Esperia”.
Macagno costruì nuovi autotelai “20/24 HP” e “40/50 HP”, dotati di motore monoblocco posizionato anteriormente, accensione a magnete “AT” e trasmissione cardanica sulle ruote posteriori.
L’auto, lucida e brillante nel suo colore rosso e verde fu subito elogiata non solo per la sua semplicità ma specialmente per la sua robustezza e per la sua raffinatezza. Per l’originalità e il prestigio dei suoi modelli, l’azienda bergamasca era fortemente apprezzata sia in Italia che in Europa, così come negli USA, patria dell’automobile di serie. Infatti il gran successo riscosso all’Esposizione mondiale di Parigi nel 1905, dove la vettura Esperia conquistò la Medaglia d’Oro, spinse gli Stati Uniti a commissionare ben 24 esemplari di questa stupenda automobile, allargando così la fama dell’industria meccanica bergamasca anche al continente d’oltreoceano.
Sull’onda dell’emotività, ma principalmente in conseguenza della riconosciuta precisione di lavorazione dovuta sia alle moderne macchine che alla manodopera sceltissima e all’abilità degli operai, le auto prodotte nella fabbrica orobica ottennero persino il nomignolo di “gioiello” nell’ambiente dell’industria automobilistica mondiale.
Le buone caratteristiche tecniche delle vetture, note alla cronaca dei tempi per la loro affidabilità, si dimostrarono anche in alcune gare come la “Padova-Bovolenta” (nella quale una “20/24 HP” guidata da Macagno conquistò il primo posto nella III categoria) e la Parigi – Pechino, tenutasi prima del conflitto mondiale.
Ma dopo uno strepitoso successo iniziale, nel primo dopoguerra dovette cedere i brevetti e chiudere i battenti confluendo nel gigante FIAT (fondata da Giovanni Agnelli nel 1899), anche a causa della coercitiva conversione produttiva generata dalle vicende della prima guerra mondiale.
A tale proposito il “Novecento a Bergamo” cerca di fare chiarezza: “Già da un paio d’anni due auto Esperia erano in possesso, regolarmente acquistate, dalla fabbrica torinese, e quei tecnici avevano trovato nei loro congegni ‘miracolosi tesori’. Sta di fatto che a Torino si pensò che il modo migliore per sbarazzarsi di un incomodo fosse quello di farselo amico, diventandone il padrone. Un pacchetto azionario, tale che il suo possesso portasse alla maggioranza del capitale sociale, fu pertanto acquistato dal gruppo torinese che guidava le sorti della Fiat. Poi il gioco fu facile. Un’assemblea straordinaria a Bergamo votò la fusione per incorporazione dell’Esperia nella Fiat. E il grande stabilimento di Via Conventino chiuse i battenti.”
I NOSTRI PRIMI AUTOMOBILISTI
Riporta Luigi Pelandi che dall’officina meccanica uscirono i nostri primi automobilisti. Fra questi, quel Piero Nava, morto ottantatreenne il 3 luglio 1964, che fece i suoi primi esperimenti proprio all’Esperia. Poi, vedendo che gli affari degli Zanchi andavano male, si mise in proprio ed aprì il primo garage fuori Porta Broseta ed in seguito sul viale Vittorio Emanuele, dove un tempo c’era la Standa. Ma prima di mettersi all’Esperia era stato cocchiere del vescovo mons. Guindani, che lo teneva in ottima considerazione anche per la vera perizia nella guida della pariglia vescovile. Fu poi il primo garagista della città, inizialmente in un antico stallo fuori porta Broseta di fronte alla drogheria Lazzarini. Unico a Bergamo che potesse offrire alla clientela la scelta di due automobili, quella a carrozzeria scoperta e quella chiusa, il Nava fu il primo che portò a Bergamo il pulmann. Un altro automobilista, che era stato a suo tempo operaio dell’Esperia, era “ol Bègno”, o meglio, l’intraprendente Giacomo Benigni di Borgo Palazzo (località Rocchetta), forse anche il primo automobilista del borgo nonché il più spericolato. Fra i primi automobilisti conosciuti dal Pelandi c’era anche Stefano Minossi, un costruttore di motori a scoppio (poi inventore di uno dei primi aeroplani), ex dipendente della della Società Automobili Lombarda in qualità di capo chaffeur meccanico. Minossi fu forse il primo automobilista che già correva nel 1898 e ultraottantenne guidava ancora. Ricercato quale istruttore di aspiranti automobilisti, insegnò, fra i tanti, all’indimenticabile Giulio Zavaritt intorno al 1900, ma abbandonò ben presto questa occupazione, per darsi tutto alla meccanica automobilistica. Dal grosso volume Chi è nell’automobilismo italiano si apprende che uscito dalla Società Lombarda dopo il 1908 e recatosi a Roma, ideò e costruì uno dei primi aeroplani italiani e lo collaudò egli stesso meritando ambiti premi nel 1910 nonché la tessera d’onore dell’Aereo Club Italia. Nel 1919 ottenne il brevetto per un tipo di motore a scoppio a due tempi.
LA RICONVERSIONE DELL’EX FABBRICA E LA NASCITA DELLA PRINCIPALE SCUOLA TECNICA DI BERGAMO
Il Regio Istituto Industriale di Bergamo giunse nell’allora via Conventino tra il 1925 ed il 1926, riunendo le varie sezioni, sparse in quattro distinti siti cittadini. Furono così definitivamente abbandonate le vecchie sedi: in Piazza Vecchia (ora Biblioteca Angelo Mai), in via Pradello/Masone (ora sede del Provveditorato agli Studi), in via Tassis ed in via del Conventino (2).
Con notevole sforzo, non solo economico, venne dapprima riconvertita la vecchia fabbrica della S.A.L. L’immensa area era caratterizzata da un fronte di uffici (rivolto verso l’attuale via Gavazzeni, che collegava Bergamo con l’allora comune di Boccaleone), da un’ampia copertura a shed, tipica degli stabilimenti inglesi, adibita a officine e reparti di lavorazione.
Vi era anche una grande caldaia con annessa ciminiera di scarico dei fumi, due viali alberati, due depositi, gli eleganti uffici dei proprietari (sull’odierna via Europa, all’epoca strada che conduceva alla Cascina Alberata, oggi in via Gasparini).
Successivamente, sempre e solo grazie ai contributi economici del “Consorzio pro Scuole Industriali di Bergamo” furono attrezzate a nuovo le aule e i laboratori. Alcune macchine di filatura, fino a pochi anni orsono ancora presenti nell’omonimo laboratorio, riportavano il 1927 quale anno di costruzione, e, all’epoca, giunsero nuove nell’Istituto scolastico.
Nel 1935, con apposito provvedimento ministeriale, l’Istituto venne autorizzato a intitolarsi a Pietro Paleocapa, a ricordo di quel Pietro Paleocapa, che nacque a Nese (ora territorio del comune di Alzano Lombardo) nel 1787, e morì a Torino nel 1869: ingegnere, patriota, insigne collaboratore di Manin e di Cavour, ministro, tecnico e scienziato cui si devono opere di importanza internazionale nel campo dell’idraulica e delle costruzioni.
Nell’attuale Esperia, oltre alla palazzina degli uffici sono ancor oggi visibili altre testimonianze storiche risalenti alla fine dell’Ottocento, giunte a noi indenni: il camino di scarico dei fumi, ribassato alcuni anni orsono per rischio di crollo, e ora monco; i filari di piante che conducono dalla casa del custode, verso la zona della vecchia fonderia e l’uscita verso Boccaleone.
Inoltre, l’ex palestrina, soprannominata chiesetta (al confine con l’Istituto Giulio Natta); – i tamponamenti verticali dell’officina (in mattoni pieni e con le finestrature originali) posti sia verso l’attuale palazzina d’ingresso, sia di fronte alla palazzina laboratori di chimica (in uso al Natta), sia sul lato est (di fronte alla casa del custode).
Tra gli ultimi a sparire: il serbatoio rialzato, contenente la cisterna dell’acqua di alimentazione della caldaia a vapore, che è stato abbattuto solo recentemente.
Note
(1) La storia delle origini della fabbrica non è del tutto chiara, in quanto le cronache riportano nomi e date discordanti. Luigi Pelandi scrive che il laboratorio meccanico per la realizzazione dell’automobile Esperia era stato impiantato dai fratelli Zanchi – figli di Prospero Zanchi, un filandiere dell’antica casata bergamasca – e che il comm. Stefano Minossi (un costruttore di motori a scoppio, che fu poi aviatore, anzi inventore di uno dei primi aeroplani) gli assicurava di aver fatto parte del personale della Società Automobili Lombarda – della quale era allora presidente il rag. Carlo Zanchi -, come capo chaffeur meccanico dall’agosto del 1903 fino al 1906 (Luigi Pelandi, “Attraverso le vie di Bergamo scomparsa. Il Borgo Palazzo”. Bergamo, Ed. Bolis, stampa 1966). Un’altra fonte, non specificata, tratta dalla Rivista Esperia del 2016, asserisce che “ESPERIA nacque nel 1849 nella sede industriale di via Gavazzeni, ed occupava circa 38.000 mq, dei quali 18.000 costituivano le officine, i laboratori e gli uffici. L’industria nacque come officina sotto la spinta della società “SAL – Società Automobili Lombarde” con l’intento di costruire a Bergamo un’autovettura: la prima d’Italia. Nel giro di poco tempo, pur con evidenti limiti sulla conoscenza della meccanica, appassionati come Sottocasa, Minossi e Nespoli, incominciarono a riunirsi in via Paglia. Con l’arrivo del motore, già esistente in Francia, un “Darracq”, si diede inizio alla realizzazione dell’auto: due chàssis, due putrelle portanti ruote, il motore francese e la carrozzeria costruita a Torino. Nel 1903 il controllo della fabbrica SAL passò in mano al Sig. Busi e si incominciarono a montare motori biblocco fabbricati a Milano. Pochi anni dopo la SAL fu costretta a chiudere dando via libera alla realizzazione in Bergamo dello stabilimento chiamato subito con il nome “Esperia”: l’antico nome d’Italia. Solo dopo che azionisti e proprietari furono cambiati, solo dopo aver reperito il capitale e i tecnici, l’ingegnere Ghilardi, da poco rimpatriato e con anni di esperienza, disegnò e realizzò un innovativo modello di automobile. Venne introdotto il blocco in ghisa, quattro cilindri in linea ed il motore con raffreddamento ad acqua, alimentato da una pompa, con due alberi e con due candele per cilindro. Inoltre la realizzazione dei progetti, dei disegni, dei modelli in laboratori di alta precisione (per l’epoca), permise all’industria di risolvere i problemi prima della produzione e di migliorare notevolmente il progetto specialmente negli organi fondamentali, quali il carburatore, il motore, il cambio delle velocità: particolari che resero unica l’auto”.
(2) Il Regio Istituto Industriale di Bergamo (oggi I.T.I.S. “Pietro Paleocapa”) nacque per mezzo del Regio Decreto n° 1273 del 27 aprile 1924. La genesi della scuola comunemente nota come “Esperia”, ha luogo nella prima metà dell’Ottocento, in parallelo con l’inizio dell’Era Industriale e con l’evoluzione industriale della provincia bergamasca.
1849: nasce la Scuola Serale di Disegno per operai.
1863: la Scuola per operai diviene Istituto Tecnico di seconda classe.
1864: nasce l’Istituto Reale di Mineralogia e Metallurgia, rilasciando (tra i primi in Italia) il diploma di ‘Perito nell’industria mineraria e metallurgica’.
Anno scolastico 1878-79: viene costituito il Regio Istituto Vittorio Emanuele II (padre della scuola denominata comunemente Esperia).
1885: in città esordisce un distaccamento denominato Regio Istituto Tecnico Vittorio Emanuele II (specializzazioni di meccanica e di chimica).
1885: nasce la sezione industriale di Bergamo, il solo Istituto in Italia alle dipendenze del Ministero della Pubblica Istruzione organizzato su cinque anni di corso e gestito secondo i caratteri di una scuola-officina (attuazione dell’idea di scuola integrale, tanto cara ai fautori delle tesi industrialistiche, sempre più in voga in quegli anni).
1888: nasce la sezione di filatura/ tessitura.
1902: nasce la sezione di tintoria.
1924: con il Regio Decreto n° 1273 del 27 aprile 1924 nasce ufficialmente il Regio Istituto Industriale di Bergamo, l’Istituto, che successivamente sarà attribuito all’Ing. Paleocapa. L’ente morale denominato “Consorzio pro Scuole Industriali di Bergamo” raccoglie in pochi mesi i contributi per l’individuazione e il trasferimento delle varie sedi sparse nella città, in una nuova grande unica sede, autonoma e sufficientemente ampia
Riferimenti essenziali
Luigi Pelandi, “Attraverso le vie di Bergamo scomparsa. Il Borgo Palazzo”. Bergamo, Ed. Bolis, stampa 1966.
Stabiese (Na)di origine ho avuto l’onore di prima cattedra dal 1972/77 all’Esperia.
È stata un’esperienza altamente formativa, professionalmente e socialmente appagante.
Dal 1977 sono tornato nei luoghi di nascita .
Ancora oggi a 75 anni mi sento Bergamasco al 50%.
Grazie di tutto
prof. Salvatore LIGUORI
Un bellissimo “ritratto “ , con pennellate portatrici di valori.
BOOMER, del 1944, studente – lavoratore, prima domenicale di Disegno meccanico e poi al primo corso serale per P.I.
Esperia: ascensore sociale.
Professori: i nostri secondi genitori, severi quanti basta.
Purtroppo, seppur sposato, nessun figlio; se bimba l’avrei chiamata Esperia.
Grazie
P.I. Cividini Giuseppe
Fantastico…. Grazie a lei!