La storica drogheria Mologni ben presto sarà solo un ricordo (divagando tra piazza Sant’Anna e dintorni)

E’ di questi giorni la notizia dell’imminente chiusura della storica drogheria “Fratelli Mologni” in piazza Sant’Anna, l’antica “istituzione” cittadina gestita dal ’53 da Norberto Mologni – classe 1933 – ma vecchia di quasi un secolo perché è in piazza dal 1921, fondata da papà Calisto e zio Carlo.

All’angolo fra via Ghislandi e via Borgo Palazzo, affacciata su piazza Sant’Anna, la storica Drogheria F.lli Mologni: un pezzo di storia della città

Una notizia che lascia increduli e sgomenti i bergamaschi, da sempre abituati a vederla lì, all’angolo fra la piazza e via Ghislandi, rassicurante coi suoi giusti rimedi per qualsiasi problema casalingo, come se conoscesse a menadito e da generazioni, tutti gli abitanti del Borgo.

 

Il signor Norberto Mologni negli ultimi giorni di apertura, dopo una vita dietro al bancone della storica drogheria, fondata dal padre nel 1921. Nella conduzione dell’azienda sè stato affiancato dalla nuova generazione dei Mologni, con Mauro, Ombretta e Umberto, mentre il fratello, Valerio, è scomparso nel 2010 all’età di 72 anni, investito da uno scooter in piazza Sant’Anna mentre attraversava la strada per tornare al negozio (Fotografia di Giuseppe Preianò)

Bergamo perde non solo la più antica drogheria della città – e chiamarla “drogheria” è un eufemismo – ma anche il sorriso del titolare e il sapere dell’insostituibile signor Carlo, dipendente della ditta da oltre trent’anni, durante i quali ha dispensato con saggezza consigli e rimedi d’ogni sorta da dietro il bancone ottocentesco in noce, attorniato da spezie e caramelle sfuse in quantità, tutte raccolte in deliziosi barattoli in vetro trasparente.

Al banco il signor Carlo, dipendente della ditta Mologni da oltre trent’anni con gli immancabili occhiali dalla sottile montatura e il grembiule verde

La storica insegna che campeggia sulla piazza ne ha molte da raccontare, a partire dal cartello “Coloniali” voluto da papà Calisto per indicare non certo boccette di miscele profumate evocanti speziati profumi esotici, bensì le antiche Colonie europee in Oriente, da cui giungevano le famose spezie di Mologni.

 

Norberto Mologni durante gli ultimi giorni di attività nello storico negozio di piazza Sant’Anna (Fotografia di Giuseppe Preianò)

 

In vetrina

La ditta era nata infatti come “spezieria” – l’unica della città a quei tempi -, rifornita di ogni genere di spezie: dalla curcuma in polvere allo zenzero, dal pepe al cardamomo, all’ormai introvabile radice di liquirizia.

 

 

Il signor Carlo, dipendente della ditta Mologni, durante gli ultimi giorni di attività nello storico negozio di piazza Sant’Anna (Fotografia di Giuseppe Preianò)

E approfittando di tutto questo “ben di Dio”, il titolare aveva creato la celeberrima “miscela Mologni”, un misto di ben dodici spezie per insaporire la carne, composta tra gli altri da coriandolo, cardamomo, pepe, zenzero, noce moscata e cannella, aumentando la quale, si creava la miscela perfetta per i deliziosi biscotti di Panpepato a forma di omino.

Per un tempo che sembra indefinito gli arredi hanno custodito rimedi infallibili per qualsiasi problema casalingo, rappresentando un vero e proprio servizio per la comunità.

 

Il che richiedeva la presenza costante non di commessi qualsiasi, ma di personale esperto che avesse parecchia familiarità con i rimedi le composizioni chimiche dei prodotti.

 

Il signor Carlo, dipendente della ditta Mologni, durante gli ultimi giorni di attività nello storico negozio di piazza Sant’Anna (Fotografia di Giuseppe Preianò)

Qui, tra gli altissimi scaffali lignei laccati color panna risalenti al primo Novecento, le antiche credenze screpolate dai vetri sottili e un caleidoscopio di vasi, barattoli, boccette e profumini d’ogni sorta, il tempo ha passeggiato con calma tra mille mercanzie: dai detersivi più comuni per la pulizia della casa ad improbabili specialità medicinali (e un tempo il chinino, per curare la malaria) ai prodotti chimici o ai detersivi per l’industria (dalla soda caustica agli acidi solforico e nitrico e polveri di ogni tipo), candele, cera d’api, vernici naturali, ma anche specialità dolciarie o meravigliosi oli essenziali purissimi, vari tipi di te in foglia, capperi, caffè, caramello, vini e persino Champagne!

 

E le immancabili spezie, come nei migliori bazar, ma in versione orobica.

E ancora, liquori in gran quantità, acque imbottigliate di ogni marca e persino acqua sulfurea proveniente direttamente dall’Ungheria; rimedi per smacchiare, lucidare ogni tipo di pavimento, eliminare le tarme dagli abiti o dal mobilio: sperimentato personalmente ed infallibile grazie ai consigli sagaci del signor Carlo.

Il signor Carlo, dipendente della ditta Mologni, durante gli ultimi giorni di attività nello storico negozio di piazza Sant’Anna (Fotografia di Giuseppe Preianò)

 

Per non parlare dell’incredibile assortimento di saponette e di barattoli per la pulizia personale: una delizia in cui perdersi.

Tutto doveva passare dal suo magazzino di via Ambrogio da Calepio, che fungeva anche da ingrosso e che ora inizia ad essere desolatamente sgombro di merci e scatoloni.

Norberto Mologni durante gli ultimi giorni di attività nello storico negozio di piazza Sant’Anna (Fotografia di Giuseppe Preianò)

 

E caramelle sfuse, tante caramelle che oltre ai classici gusti comprendevano gli introvabili e antichi zucchero matricale (un bonbon zuccherino con genziana e rabarbaro), il confetto al chinotto, la caramella con nocciola e ciocco fondente Moretto Nougatine e la goccia menta, quella con il cuore morbido che ti si scioglie in bocca.

 

Il tutto, tra caramelle e profumi di Colonia, le fondenti Perugina e l’odore morbido del sapone di Marsiglia, i rimedi della nonna e quelli d’ogni sorta esposti in vetrina e corredati da simpatiche istruzioni scritte a mano e scolorite dagli anni.

E se il prodotto non era sullo scaffale, bastava chiedere e Mologni era in grado di procurarlo, sempre ben disposto a soddisfare ogni richiesta della clientela, lavorando con la serietà e la competenza ereditata da papà Calisto.

Norberto Mologni, titolare della drogheria di Piazza Sant’Anna

Un’atmosfera tale, quella del negozio, da meritarsi un reportage fotografico contenuto nel libro “Certi silenzi” di Nicoletta Prandi – un libro in cerca di emozioni catturate in città -, e relativa mostra all’ex ateneo in Città Alta, dove il titolare, Norberto Mologni, è immortalato insieme ad immagini fortemente evocative ed accenni a personaggi che han fatto la storia di Bergamo come il conte Giacomo Carrara, Gaetano Donizetti, il grande giocoliere Enrico Rastelli, affiancati, nell’oggi, al burattinaio Vittorio Moioli detto “ol Bachetì”: fra personaggi monumenti e persone di passaggio, chiese e distributori di caramelle, la squadra dell’Atalanta e la tradizione di Santa Lucia c’era anche lui, conosciuto ed amato da tutta la città.

Certo negli ultimi anni Mologni lamentava una diminuzione del forte via vai di allora e anche il fatto che specialmente la sera la piazza fosse mal frequentata.

Scorcio di piazza Sant’Anna oggi

Ma in fondo il borgo nella sua semplicità sa ancora rivelare la sua antica identità, con il lungo serpentone, affiancato da strettoie, che dalla porta di Sant’Antonio andava verso i corpi santi,  i laghi, Brescia e Venezia e che oggi si snoda lungo un susseguirsi ininterrotto di botteghe dal sapore artigianale e case, quelle del popolo e della borghesia, curate e dignitose, accatastate le une sulle altre in una cornice confidente e familiare, confortata dall’atmosfera ottocentesca dei suoi palazzi gentilizi e dall’eco delle antiche osterie con alloggio e stallo, di cui restano ancora i segni sui pilastri delle corti.

Un rione, in fin dei conti, ancora molto intenso ed animato, dove non mancano iniziative come il tradizionale appuntamento con la festa del Borgo con la sua gente semplice e cordiale, sempre pronta a difendere e riscoprire le origini e le tradizioni antiche di quel Borgo Palazzo che prende il nome dal palatium imperiale creduto eretto da Carlo Magno.

Un Borgo ricco: di chiese, come quella antichissima e ormai irriconoscibile di Sant’Antonio in Foris, di conventi, chiostri e ameni giardini, di palazzi e di acque generose: la Morla, che ha dato il nome all’antica  Curtis Murgula dove sorgeva l’antico palazzo, e, più a monte, la Roggia Serio, cui si aggiunge la Morlana presso i Cappuccini in un fitto intrecciarsi di corsi d’acqua, un tempo utilizzati per muovere mulini e far funzionare magli, seghe per legname, per la macina della calcite, per filatoi.

Via Ghislandi nel 1916, ancora abbracciata dagli orti e con la chiesa di S. Anna sullo sfondo

Così anche in piazza Sant’Anna, importante crocevia di transito e commerci di cui si avverte ancora l’eco, anche se bisogna lavorare un po’ di fantasia.

La drogheria Mologni nel 1954 (Archivio Wells)

Non c’erano alberi (introdotti nel ‘78), ma una spianata, con un benzinaio e la pesa per i veicoli che trasportavano merci, piantonata dai vigili pronti a multare i mezzi sovraccarichi, traditi da un’evidente flessione delle balestre. Al tempo esisteva già un’edicola per giornali ma molto più piccola rispetto a quella odierna.

Piazza Sant’Anna verso l’incrocio tra via Angelo Maj e via Borgo Palazzo, nel 1954

 

Piazza Sant’Anna nel 1954, con il benzinaio, la pesa per i veicoli che trasportavano merci e a sinistra l’edicola

 

Piazza Sant’Anna (data non precisata), ancora con il benzinaio e priva di arredo. Il gabbiotto al centro sembrerebbe un vespasiano. In primo piano a destra manca la scalinata per i bagni pubblici sotterranei e  la “corrierina ” A.T.B. è forse quella della linea automobilistica Gorle- Scanzo – Negrone

Gli interventi di ammodernamento della piazza erano iniziati verso gli anni ‘60; la fontana neoclassica posta al centro venne donata dal parroco Don Antonio Ruggeri proveniente dalla casa parrocchiale.

Piazza Sant’Anna presumibilmente alla fine degli anni anni ’50 con le aiuole di nuova realizzazione e la fontana al centro; a destra l’ingresso per i bagni pubblici sotterranei, poi tolti per questioni di sicurezza. Non c’è ancora il passaggio a fianco del campanile. Il filobus è il n° 4, Cimitero- via San Bernardino

 

Piazza Sant’Anna negli anni ’50. Di fronte, il Piccolo Credito Bergamasco

 

Piazza Sant’Anna alla fine degli anni ’50, con il chiosco di benzina e  la bellissima 1100/103 TV del ’53 con terzo faro centrale inserito nella mascherina. L’auto partecipò alla Mille Miglia dal ’54 al ’57

 

Piazza Sant’Anna dal campanile (Archivio Wells)

 

Piazza Sant’Anna verso la fine degli anni ’60/inizi ’70. Sono stati eliminati i servizi igenici pubblici sotterranei (Archivio Wells)

 

Il personale del ristorante-pizzeria-Arlecchino negli anni ’60

Oggi come ieri, un groviglio di negozi, alcuni ammiccanti e raffinati ed altri démodé come quello di Mologni, ricavato nei locali del bell’edificio liberty che lo sovrasta.

Il servizio di bike sharing in piazza Sant’Anna

Poco distante, la rinomata pizzeria Arlecchino e di lato gli ormai storici panificio e fruttivendolo, con la farmacia omeopatica, la banca, l’edicola, la pasticceria, la chiesa – tra le più belle di Bergamo -, legata allo storico oratorio maschile del “Sacro Cuore”, dove nel 1945 venne fondata la società sportiva U.S. Olimpia, per promuovere la pratica dello sport tra la gioventù del Borgo e della città.

Il ristorante-pizzeria Arlecchino

 

C’è tutto nella piazza: una città nella città, persino il cinema e, a pochi passi, un tempo c’era anche uno splendido teatrino nella breve via Anghinelli.

L’insegna del Teatro Augusteo in via Anghinelli, costruito nel 1923 e rimasto attivo fino alla Seconda guerra mondiale; dopo un abbandono durato oltre 40 anni, nel 2007 è stato demolito per ricavarne abitazioni di lusso.

Accanto a Mologni, c’è la stretta lavanderia della signora Giò, dagli occhi verdi e il viso magro, i riccioli scomposti e gli orecchini dorati e, tra questa e la drogheria, un piccolo bar con parquet ed uno stretto bancone in legno scuro dove Mario, il titolare, riempie l’aria con la sua risata, frizzante, come bollicine dello Champagne di cui è cultore.

Veduta aerea di piazza Sant’Anna (Archivio Wells). La maestosa chiesa parrocchiale di S. Anna fu costruita in circa 15 anni, su progetto dell’insigne architetto Giuseppe Berlendis. E’ una magnifica costruzione ispirata ai canoni del più puro stile neoclassico. Fu inaugurata il 25 luglio 1856 dal Vescovo Mons. Pier Luigi Speranza, che nel 1859 fondò la Parrocchia di S. Anna, sul territorio che prima era della parrocchia di S. Alessandro della Croce, in Pignolo. Letizia Roncalli, archivista parrocchiale, racconta che prima c’era una chiesa del 1600

Tra qualche settimana molto a malincuore il signor Norberto chiuderà per sempre i battenti: Carlo, lo storico dipendente, tra poco se ne andrà in pensione e nessuno – né Mauro, il figlio del titolare e né i nipoti, occupati altrove – potrà portare avanti l’ormai secolare attività.

Qualche metro più in là, sulle vetrine che si affacciano su piazza Sant’Anna campeggia la scritta “cessione attività” accompagnata da uno sconto sugli ultimi prodotti in vendita. La gente non manca di passare per gli ultimi acquisti e salutare la storica insegna, dove lascia un pezzo di cuore: è la vecchia Bergamo che un pezzo alla volta se ne va.

Fotografia di Giuseppe Preianò

Con Mologni Bergamo perde una certezza, l’ultimo depositario di un sapere che sa di antico e familiare, che per decenni ha accolto i bergamaschi dispensando rimedi e rassicurandoli con preziosi consigli.

Un’insegna che ha attraversato indenne la crisi degli ultimi anni e la tassazione insostenibile che ha costretto diversi negozi alla chiusura.

Che è sopravvissuta alla nascita dei primi minimarket nonché a quella ben più insidiosa dei centri commerciali e delle grandi catene di Acqua & Sapone, grazie alla competenza e alla disponibilità del personale in grado di stabilire un legame che è andato ben oltre il piccolo tessuto del borgo per allargarsi alla città e riverberarsi alla provincia.

Norberto Mologni, un signore cordiale e simpaticissimo

Non sarà facile passarle accanto e fermare lo sguardo sulle serrande chiuse, ed accettare l’idea che in nessun posto troveremo quel miscuglio variopinto di merci, profumi e sorrisi: quelli del titolare e del signor Carlo, che non possiamo che contraccambiare con tanta riconoscenza e non poca malinconia.

Il torrente Morla, “la Nave”… e la Curtis Murgula

Veduta di Città Alta dal torrente Morla presso il Galgario. Racc. Ing. Angelini. Da Luigi Angelini, “Il volto di Bergamo nei secoli”

Benchè sia ormai inglobato nel tessuto cittadino, Il torrente Morla – “la Morla” per tradizione – è storicamente considerato il “fiume di Bergamo”, dal momento che ben 8 chilometri dei 14 totali sono compresi nel territorio comunale del capoluogo orobico.

Anche se la Morla non può, e non poteva competere, per volume d’acqua e per lunghezza di percorso, con i due fratelli maggiori – il Serio e il Brembo, onorati dal Tasso nel famoso sonetto – supera questi ultimi per importanza storica; per centinaia d’anni essa fu ammessa nella nomenclatura dei fiumi: nei diplomi imperiali di dieci secoli fa è chiamato flumen, e
Mosè del Brolo otto secoli or sono nel suo Pergaminus cantava: “un fiume a cui di Morla han dato il nome”.

Nasce dal Monte Solino, alle pendici del Canto Alto, e dal Col di Ranica, propaggine della Maresana, e all’altezza di viale G. Cesare riceve il contributo del torrente Tremana; del Gardellone riceve soltanto le acque di sfioro, e ciò da quando, nel 1950, per evitare che la Morla esondasse in città in caso di abbondanti piogge, tale torrente fu deviato direttamente al fiume Serio in territorio di Torre Boldone.

Come facilmente intuibile, la  portata della Morla è largamente dipendente dagli apporti meteorici.

Dopo aver attraversato, con andamento meandriforme, Sorisole, Ponteranica e Bergamo, la Morla assume un andamento quasi rettilineo, delimitando il perimetro comunale a est e lambendo il Corpo Santo di Campagnola a sud.

Oggi l’alveo attivo del torrente Morla scorre in una direzione completamente diversa rispetto al passato, in seguito ad importanti interventi di rettifica e canalizzazione.

Lasciata la città, la Morla attraversa Azzano S. Paolo, fiancheggiata lungo le rive da un’ampia fascia boschiva, procede verso Zanica, segnandone i poderi con le antiche linee di confine, ed infine raggiunge Comun Nuovo, dove si dirama in canali minori: una parte piega verso sud, accompagnata da un’interessante fascia alberata, per poi dividersi i in altre diramazioni che irrigano i campi al di sopra della Strada Francesca. La parte finale si disperde infine nel sistema irriguo di Spirano e zone limitrofe (elaborazione grafica su mappa tratta da Mapire)

Anticamente, il paleoalveo della Morla, documentato al XIII secolo, raggiunta la città di Bergamo a est, dopo aver compiuto un’ampia curva che la evitava proseguiva verso la zona dell’insediamento dell’ex-Gres di via S. Bernardino (ed esattamente a ovest di tale insediamento industriale),  continuando poi in direzione di Grumello del Piano. Da qui si disperdeva in una zona acquitrinosa con altri corsi d’acqua provenienti dalle pendici collinari occidentali.

Nell’area compresa tra la ferrovia e l’area dell’ex-Gres (via S. Bernardino), si possono ancora chiaramente riconoscere le tracce dell’antico corso della Morla: un tracciato ampio fino a qualche decina di metri, delimitato da due principali scarpate e da una serie di terrazzamenti che segnano l’area di influenza del torrente durante gli episodi di esondazione. “Fino agli anni Ottanta del secolo scorso i tratti del paleoalveo venivano sfruttati, sia per la natura limosa dei terreni che per la loro pendenza costante, per realizzare le marcite, tipico sistema di coltivazione lombardo, costituito da prati stabili irrigati con un velo continuo d’acqua perché seguitino a vegetare per permettere tagli d’erba, anche fino a 8-10 nella stagione fredda (Galizzi, 2012)”. Tale morfologia è ancora parzialmente presente nel disegno dei pochi campi agricoli ancora esistenti (Il paleoalveo del torrente Morla).

L’antico percorso della Morla venne deviato nel Duecento per irrigare nuovi campi bonificati, e nel 1253 il Municipio di Bergamo “alienò parte dei suoi terreni a sud di Campagnola e li affidò a ricche famiglie aristocratiche (tra cui i Suardi e i Grumelli) che li gestirono e li coltivarono destinando la produzione di fieno e ortaglie alla città. Le tracce di tale operazione permangono oggi nei designatori, con la presenza della via dei Prati, a Campagnola, che corre ancora oggi lungo la roggia. Successivamente lo stesso schema della bonifica venne applicato per la fondazione del centro di Comun Nuovo, situato qualche km a sud di Colognola in direzione di Caravaggio” (Il paleoalveo del torrente Morla).

Nei tempi antichi la Morla costituiva una fonte di vita per gli abitati che lambiva.
Durante il periodo medioevale la stessa città di Bergamo ricorreva alle sorgenti della collina per i propri bisogni idrici e domestici, ed ancora in tempi più recenti, almeno fino alla prima metà del XX secolo, la Morla fu utilizzata per fini domestici, in primis per lavare i panni, in quanto le sue acque erano dotate di una grande limpidezza.
Le persone più anziane ricorderanno certo con nostalgia i tempi in cui la Morla pareva “acqua sorgiva”, al punto tale che le massaie utilizzavano la sua acqua per lavare la biancheria, che stendevano sulle rive e nei prati ad asciugare e che, secondo l’esperienza di allora, con la luce ed il calore solare acquistava maggiore candore.
Inoltre, il suo alveo, adagiato su uno strato impermeabile argilloso, permetteva l’estrazione agli inizi del secolo di un’eccellente qualità di argilla (“unica nel suo genere”), con la quale venivano fabbricate stoviglie fra le migliori della Bergamasca.

La Morla lungo la sua storia causò grossi guai, paurosi straripamenti, inondazioni e vittime, ricordate in una lapide risalente all’epoca della dominazione veneta, affissa sulla facciata di una ex chiesetta costruita sul suo argine in località “Scuress” (Ponteranica).

Particolare tratto dall’aerofotografia della Città di Bergamo del 1924. La Morla, ancora scoperta, nell’area prospiciente lo scomparso edificio noto come “Nave”, in via Pitentino 1. La “Nave” guadagnò tale denominazione per la sua caratteristica forma

 

La Nave di via Pitentino (fotofrafia Rinaldo Della Vite) tratta dal libro di Don Francesco Garbelli

La Morla infatti è un torrente dal corso tortuoso con il fondo lastricato di rocce cenericce e sfaldabili chiamate  Sass de la Luna: quando è in secca non ci si accorge della sua esistenza, mentre in occasione di abbondanti precipitazioni si sveglia e può diventare pericolosa.

La Morla a Valverde. Fotografia di Carlo Scarpanti

 

La Morla a Valverde. Fotografia di Carlo Scarpanti

Le calamità naturali legate alle esondazioni della Morla sono ricordate dal poeta bergamasco Mosè del Brolo e dal Mazzi nella sua corografia bergomense. Quest’ultimo scriveva: “Il torrente provenendo dalle alture di Ponteranica, corre vicino alla città dalla sua parte orientale e se non è infelice esagerazione di poeta, si può credere che negli antichi tempi recasse non pochi guasti alle vicine campagne, giacchè di esso canta il nostro Mosè: Prossimo al Monte cittadin trascorre, un fiume a cui di Morla han dato il nome, e crudelmente le campagne inonda”.

Ricordiamo anche gli enormi guasti arrecati alla città di Bergamo, e in particolare a Borgo S. Caterina e Borgo Palazzo, nella primavera del 1936, quando persero la vita due persone.

Il cronista di allora così scriveva su “L’Eco di Bergamo”:
“il 3 maggio 1936 nel tardo pomeriggio dopo una giornata afosa si avevano i prodromi di un temporale proveniente da est e che è stato veramente impressionante.
La zona fortemente colpita è stata Borgo S. Caterina tanto che oltre alle case e cantine allagate le ossa del vecchio cimitero di Valtesse affiorarono sul terreno.
Questo grave episodio è stato determinato dallo straripamento dei torrenti Tremana e Gardellone, confluenti del Morla. Essi sono alimentati dal bacino imbrifero del Canto Alto da un lato e dalla zona collinare dall’altro.
Un fenomeno del genere si è avuto nel 1932 ma meno grave, perché avvenuto in un periodo di siccità mentre questo a seguito di continue piogge…”

Accanto a quella tragica del 1936, la storia della Morla registrò altre drammatiche piene, e tra queste, quella del 1896, del 1932, del 1937, del 1940, del 1946, del 1949 e del 1976.
In quelle occasioni si accesero discussioni, polemiche, dibattiti, volti a porre rimedio a queste calamità, studiando quindi una soluzione definitiva.
Dopo numerosi progetti si decise di canalizzare parte del corso cittadino del fiume, coprendone alcuni tratti. L’opera, che comportò ingenti sforzi non soltanto economici, si concluse nei primi anni sessanta modificando definitivamente la natura del torrente.

Via Cesare Battisti fiancheggiata dal torrente a cielo aperto

 

La “Nave” dopo la copertura della Morla. L’edificio venne abbattuto nel 1985, per far posto all’attuale parcheggio

La zona maggiormente interessata fu Borgo Santa Caterina, che vide scomparire totalmente il corso d’acqua che ne aveva caratterizzato la storia, posto sotto il manto di nuove strade e piazzali, su cui venne costruito anche il nuovo palazzetto dello sport della città.

Il Palazzetto dello Sport in costruzione. Proprietà Archivio Wells

 

La “Nave” e sullo sfondo a destra il Palazzetto dello Sport in un disegno a carboncino di A. Gritti, eseguito nel 1970 e rinvenuto in un mercatino

Venne quindi eliminato anche il caratteristico ponte di Borgo santa Caterina, da secoli delimitazione territoriale del quartiere stesso.

Il Ponte di S. Caterina nel 1910. Il tracciato delle Muraine seguiva l’andamento del muro che delimitava l’alveo del torrente dal lato di via Cesare Battisti, fungendo anticamente da fossato difensivo. La via Pitentino (a destra) era esterna alle mura dei borghi. Il massiccio muro verso la Morla serviva per proteggere le abitazioni della zona dalle piene del torrente, causa frequente di notevoli danni. Il vecchio cancello daziario e gli edifici annessi, erano già stati demoliti, ed è anche scomparso il ponte di vecchie pietre sopra il torrente, ora scavalcato da un ponte in cemento. Sono però visibili gli archi del ponte originario. Nel 1962 la Morla fu coperta anche nel tratto da S. Caterina al largo del Galgario

Un altro tratto in cui il torrente venne nascosto alla vista della città fu immediatamente dopo il ponte di Borgo Palazzo, per riemergere dal buio in prossimità della stazione ferroviaria, sotto la quale scorre l’ultimo tratto sotterraneo.

A seguito di questa grande opera il torrente venne relegato ad un ruolo sempre più marginale, tanto che col passare del tempo venne considerato sempre più una sorta di discarica a cielo aperto.

La Morla in via Battisti in un’immagine antecedente la copertura della Morla e la costruzione del Palazzetto dello Sport, inaugurato nel 1965. Sullo sfondo si individua l’edificio della “Nave”

 

La Morla nel 1960, tra via Cesare Battisti e via Pitentino (scattata da sud): una fogna a cielo aperto coperta nel 1962

 

Un immagine non molto dissimile dell’area, nel periodo in antecedente la copertura del torrente e la costruzione del Palazzetto dello Sport. Proprietà Archivio Wells

Soltanto con l’avvento del XXI secolo cominciò a verificarsi una nuova presa di coscienza da parte dei cittadini e delle autorità, che hanno posto la Morla al centro di un’opera di recupero ambientale. A tal riguardo è nato anche un Parco Locale ad Interesse Sovracomunale (PLIS) volto alla tutela ed al rilancio delle aree della pianura bergamasca interessate dal corso della Morla e dalle rogge da essa derivate.

L’arcata del vecchio Ponte di Borgo S. Caterina, immortalata nei primi mesi del 2013 in occasione del rifacimento della copertura stradale

La Morla fu  immortalata nei diplomi regii e imperiali, poiché diede il nome alla Corte regia di Borgo Palazzo: è noto infatti che con i  Longobardi  il territorio cittadino venne riorganizzato nel sistema curtense venendo diviso in due Corti Regie: una corte si trovava nella “civitas” (la città sul colle) e un’altra nella “curtis Murgula” (l’attuale città bassa), a sancire quella suddivisione fra le “due” città che  ancor’oggi sopravvive.

Il Lupi, che nel 1780 scriveva : “la corte Morgola… presso al fiume che fino ad oggidì porta lo stesso nome, in quel luogo che ora è detto Borgo Palazzo”, spiega che la curtis era un possedimento, o vasto feudo, appartenente a qualche particolare famiglia, la quale aveva la propria abitazione in forma di castello o di palazzo, con adiacentei alcune case per la  servitù o coloni addetti alla coltivazione dei terreni che si estendevano intorno ai fabbricati: il castello di Malpaga e le abitazioni che lo circondano possono rendono l’idea di cosa fossero le corti.

La Curtis regia era invece proprietà di un re o di un imperatore e talvolta abbracciava un villaggio (vicus) o anche un insieme di villaggi (pagus); aveva ampi fabbricati, che dimostravano la potenza e la dignità regia. In città la curtis regia era ubicata nell’area attualmente occupata dalla fontana di San Pancrazio.

Ora, la curtis: “… quae vocatur Morcula in comitatu Pergamo”, appare per la prima volta in un diploma dell’875 di Lodovico re di Germania; in questo documento si menziona l’esistenza di una corte Morgula o Murgula –  poichè essa era dislocata lungo il corso del fiume Morla -, situata nei pressi di un Palatium imperiale, nella parte bassa di Bergamo. Un palazzo destinato alla residenza degli imperatori di passaggio nei loro viaggi nelle provincie italiane.

Il ponte sul rio morla in Borgo Palazzo (1885 circa). Raccolta D. Lucchetti. Borgo Palazzo, secondo il Lupi, trae il suo nome dal palazzo imperiale che la corte longobarda aveva in quella località

La curtis Murgula era di proprietà dell’imperatore Ludovico I, che la donò, con la corte di Almenno, alla nipote Ermengarda.

Successivi atti attestano il passaggio della corte Morgula a Berengario, che l’avrebbe poi ceduta ad Adalberto – il vescovo di Bergamo -, insieme al mercato di S. Alessandro e al prodotto dei dazi.

Fonti

http://www.comune.ponteranica.bg.it/territorio/maresana.php
http://it.wikipedia.org/wiki/Morla_(torrente)#cite_ref-0

IL TORRENTE MORLA. CARATTERI, VALORI, PROSPETTIVE
Saggi di: Lelio Pagani, Andrea Tosi, Moris Lorenzi, Gian Pietro Armanni, Fabrizio Conti, Renato Ferlinghetti, Fulvio Caronni, Silvano Ceresoli, Mario Di Fidio, Claudio Merati, Piervincenzo Scalpelli, Stefano Stecchetti, Graziano Vitali.

Il paleoalveo del torrente Morla

Provincia di Bergamo

Per la mappa storica: Mapire – le mappe storiche dell’impero asburgico, con Bergamo e provincia mappate nella seconda indagine militare (1806-1869).