Il trasporto pubblico a Bergamo dal Dopoguerra, fra scorci di città

LA SITUAZIONE URBANISTICA DI BERGAMO NEL DOPOGUERRA 

Nella Bergamo del secondo Dopoguerra la “griglia urbana” della città attuale è già impostata, con le tre importanti arterie – consolidate dal centro piacentiniano -, che tagliano la città da est a ovest,  susseguendosi dalla base del colle fino alla  stazione, trasversali rispetto al grande viale ottocentesco di via Roma-viale Vittorio Emanuele: da via Garibaldi a via Verdi, da via Camozzi a via Tiraboschi, lungo il perimetro meridionale delle Muraine e della roggia Serio, e da via Maj a via Paleocapa, tracciate maggiormente a ridosso della linea ferroviaria.

Il cuore del centro, con il centro piacentiniano in costruzione (completato entro il 1927)

 

Dalla Torre dei Caduti alla stazione ferroviaria

Intorno a queste strade principali  sono già impostate le vie minori, come le vie Paglia e Locatelli, sulle quali verrà definitivamente fissato il disegno della Bergamo contemporanea.

Via Paglia (ex Via XXVIII Ottobre, ex Via dei Mille). Il palazzo sulla destra è ormai scomparso

Un’intensa attività edilizia comincia ad interessare tutte quelle zone fino ad allora rimaste inedificate, comprese fra i borghi di Sant’Antonio e di San Leonardo, dove cambia completamente il volto di intere strade.

Anche in periferia bastano pochi mesi di assenza per ritrovare alcuni quartieri  radicalmente mutati: e mentre si costruiscono strade, case, scuole e campi sportivi, si realizzano fognature e si coprono rogge, l’azienda dei trasporti si appresta a trasformare la rete tranviaria (al termine della seconda guerra mondiale articolata su nove linee, per uno sviluppo totale di oltre 40 km), rimpiazzando i vecchi tram con filobus a partire dalle linee principali che attraversavano il centro, e impostando a tale scopo un programma di trasformazione degli impianti in una rete filoviaria.

L’arrivo dei filobus a Bergamo

Negli anni Cinquanta tutti i tram sono ormai sostituiti da filobus e autobus. I filobus sono impiegati dentro la città: più agili rispetto al veicolo su rotaie, sono moto meno rumorosi e assai più comodi.

Filobus e rotaie del tram. Nel 1951 gli operai dell’Azienda Tranviaria erano già al lavoro in viale Roma per la rimozione dei binari, ormai inoperosi, per i quali si temeva fosse calato il sonno dell’oblio dato che, dopo l’ultima sistemazione di viale Vittorio Emanuele, viale Roma era rimasto qual era, con l’inutile binario doppio e la doppia fascia di logoro acciottolato (dall’Eco di Bergamo del 5/10/1951)

Anche il costo dell’impianto è di molto inferiore e, certamente, non si sarebbe mai fatto ricorso al tram per la nuova linea che era stata introdotta tra la stazione ferroviaria e Colle Aperto.

Autobus al capolinea di Colle Aperto con in primo piano lo scomparso distributore Api

 

Il percorso della linea 3 parte dalla stazione ferroviaria, raggiunge Porta Nuova e la stazione della funicolare, da dove sale per Città Alta fino a Colle Aperto

 

Anni Cinquanta: filobus sulla linea 1 (stazione ferroviaria-stazione bassa della funicolare)

 

Il filobus della linea 2 percorre alla Rotonda dei Mille, davanti al Teatro Duse, lungo il tratto Borgo Santa Caterina-Ospedale Maggiore nel quartiere di Santa Lucia, che dal ’53 è già collegato a viale Vittorio Emanuele dalla Galleria Conca d’Oro, opera, quest’ultima, iniziata nel 1944 sotto il Fortino come rifugio antiaereo, collegato alla galleria del Comando Germanico e a via Garibaldi 

I filobus – verdi, con il muso curvo e i fari rotondi – sono dunque perfetti per la città, che presto vi si adatta senza rimpiangere i vecchi tram.

In una Bergamo in cui ancora resisteva l’eco dello sferragliare dei tram, i filobus stupivano in particolare la loro silenziosità: “..sembrava un rottame desolato e infatti venne presto sostituito dagli autobus arancioni. Però non consumava benzina, non inquinava ed era silenzioso. Costava poco e lo prendevano in tanti. Oggi lo chiamerebbero ‘trasporto urbano veloce’ e lo gabellerebbero per l’ultima novità della tecno-ecologia. I nostri nonni, senza tante balle, c’erano già arrivati!” (Marco Cimmino, “Giopì”, 15/01/2010)

 

Entro la metà degli anni Cinquanta i traballanti tram sono ormai sostituiti da un moderno e celere servizio di filobus – impiegati solo dentro la città -, e autobus, utilizzati sia in città che in periferia, così come nei paesi della provincia.

 

Il bigliettaio sul bus negli anni Cinquanta

Gli autobus vengono introdotti nel 1952 sulla linea 3, diretta a Campagnola, sulla 9 diretta a Boccaleone, e nel ’54 sulla linea 7 per Stezzano, anch’essa trasformata in autoservizio.

Incrocio di autobus e filobus in pieno centro

Nonostante venga redatto un Piano Regolatore per dettare precise norme di controllo, la crescita urbana di Bergamo comincia ad essere condizionata dalla forte spinta della speculazione edilizia e del potere economico, che si impossessano di tutte le aree del centro per tutti gli anni Cinquanta e fino agli inizi degli anni Sessanta (1).

Bergamo by night, 1950

Impossibilitata ad espandersi verso la pianura, a causa del tracciato della ferrovia (dove il previsto sovrappasso non verrà realizzato (2)), la Città Bassa inizia a mutare profondamente e ad espandersi massicciamente sia intorno al colle e sia radialmente fin verso le periferie.

Filobus in piazza Sant’Anna

 

La linea filoviaria 4 (via Previtali-Cimitero), istituita nel 1953, lungo il percorso Cimitero-via Borgo Palazzo-Porta Nuova-via Previtali

 

La linea filoviaria 5 (Porta Nuova-Seriate), istituita nel 1953 dopo la “filoviarizzazione” toccò alla linea 10 (Porta Nuova-Gorle-Scanzo-Negrone)

ULTIMI SCAMPOLI DI VERDE IN CITTA’

Nella indimenticabile Bergamo di quel periodo, ancora nel ’52 lo spazio fra la cortina esterna delle mura  e piazza della Libertà è però ancora formato da prati e fabbricati disordinati e posticci; in quest’area, centralissima e fondamentale per lo sviluppo del centro, vi sono ancora grandi spiazzi erbosi: in piazza della Libertà, in via Locatelli, dietro via Masone, in viale Vittorio Emanuele, dove di lì a poco sorgeranno i palazzoni che congestioneranno il centro (3).

Città Alta dall’attuale piazza della Repubblica nel 1939. Nel basso edificio sullo sfondo aveva sede l’autofficina gestita dalla famiglia del grande campione motociclista Carletto Ubbiali (foto Umberto Da Re)

 

Autofficina in piazza della Repubblica

 

Appena dopo la seconda guerra mondiale, la zona tra l’attuale piazza della Repubblica e Viale Vittorio Emanuele era ancora un campo incolto. Sullo sfondo, Casa S. Marco (1938), l’allora Casa Littoria (1936) e il Palazzo delle Poste, inaugurato nel 1932

 

Via Locatelli, 1950. Per l’area compresa tra via Locatelli e viale Vittorio Emanuele (sull’area dell’ex-Ospedale di San Marco), venne bandito un concorso nel 1947, che avrebbe permesso il decongestionamento del centro, con l’inserimento di altri edifici di pubblico interesse. Quest’ area venne invece svenduta ad imprese locali e ne fu autorizzata la ricostruzione residenziale intensiva

 

 

Bus in via Masone

Ancora nei primissimi anni Cinquanta, la zona di Valtesse, San Colombano e la Conca Fiorita – che si estende dalla caserma Seriate a Valtesse, oggi così satura di abitazioni -, sono una verde propaggine della Maresana.

Anche il Campo di Marte è uno spiazzo per gli armenti di passaggio, e si appresta a diventare un quartiere residenziale con i moderni palazzi di via Suardi (aperta nel 1948 dopo la realizzazione di via Bronzetti nel 1940, a completare il sistema stradale concentrico definito nel 1900) e il complesso degli edifici popolari di via Codussi.

Via Suardi era in origine non più lunga di una cinquantina di metri: dall’incrocio con Borgo Santa Caterina fino alle case popolari. Qui, superati alcuni paracarri la strada diventava poco più che un viottolo gibboso, oltre il quale c’era il “favoloso” Campo di Marte, l’enorme distesa erbosa tra le vie Suardi e Codussi (che presentava sulla sinistra una enorme distesa di prato con grande pista per i cavalli a forma di otto) della quale sono sopravvissute solo le briciole; e c’era la roggia Serio che scorreva all’aperto e che poi si è portata con sé, dopo la copertura, tutta la sua infinita gamma di odori.  Il primo villino fu fatto costruire dal dottor Pietro Pedroli. Negli anni Cinquanta si scatenò un’intensa lottizzazione e vi sorse un quartiere residenziale, con moderni palazzi ed edifici popolari. Era ancora il tempo delle “guerre” fra bande di rioni, il prodotto di una logica rivalità fra due classi sociali: la medio-borghesia, con tutte le famiglie delle prime ville di via Suardi e di via Cairoli, e la classe umile, con le famiglie di tutte le case popolari. Arma preferita di combattimento, le castagne d’India (le gènge), quelle che cadevano dagli enormi ippocastani allora esistenti in via Cairoli.  L’area del distributore “OZO” è oggi occupata dalla Questura, in angolo con Via Noli
 

 

IL 1954: L’ANNO DELLA SVOLTA

Ma è il 1954 l’anno della svolta, lo spartiacque in cui il centro,  soprattutto per iniziativa di privati, sta assumendo il suo volto definitivo con la nascita di importanti edifici alcuni dei quali “rivoluzionari” per Bergamo, perché ne modificano sia le caratteristiche estetiche – lanciando peraltro un segnale di gusto – che l’andamento altimetrico, che fino ad allora aveva mantenuto una modesta linea di rispetto riguardo la visuale della città alta.

Gli architetti che stanno cambiando il volto di Bergamo, tracciandone l’impronta, sono Luciano Galmozzi, che inizia a lavorare nell’immediato dopoguerra, insieme a una decina di altri architetti tra i quali Pizzigoni, Sacchi, Sandro Angelini, Spini ed Enrico Sesti, tutti consapevoli di segnare, in modo forte, il futuro dell’abitare a Bergamo.

Il cantiere del grattacielo Rinaldi in via Gabriele Camozzi (1954 – Archivio Wells)

Fra le nuove costruzioni innovative, compare il “grattacielo” che ospita il negozio Rinaldi in via Camozzi, nato dalle idee dei pittori Erminio Maffioletti e Domenico Rossi e realizzato su progetto di Enrico Sesti (4).

Il grattacielo Rinaldi in via Camozzi. L’edificio, che ospita al pianterreno e all’ammezzato il negozio della Rinaldi, raggiunge un’altezza di tenta mentri, considerevole per la Bergamo di allora. Una felice risoluzione architettonica che viene a costituire nella via elemento estetico preponderante anche per la preziosità dei materiali di rivestimento degli esterni (ripresa del 1967 – Archivio Wells)

 

Via Gabriele Camozzi nel 1954, con sullo sfondo il “grattacielo Rinaldi”

 

Vista su Largo Porta Nuova nel 1954, con sullo sfondo la cima del grattacielo Rinaldi

Dopo il grattacielo di via Camozzi, sorge la casa alta dieci piani in via Tiraboschi, su progetto degli architetti Luciano Galmozzi e Massimo Boschetti. L’edificio forma una sorta di quinta prospettica che chiude in parte  l’allineamento che da via Camozzi giunge al largo di via Spaventa.

Il “grattacielo di via Tiraboschi nel 1954, anno della sua costruzione (progetto di Luciano Galmozzi e Massimo Boschetti)

 

Il grattacielo di via Tiraboschi dopo la sistemazione dello spazio antistante. Il progetto ha tenuto conto di tutti quegli angoli di visuale che sono possibili nei riguardi dell’edificio. Così, dal canocchiale che si apre sotto i portici del Sentierone e che inquadra il ‘grattacielo’ alla destra tra le piante del Municipio, c’è sempre la possibilità di definire in un chiuso ritmo l’architettura di questo elemento” (Tito Spini, La Rivista di Bergamo, dicembre 1954, ne Il Novecento a Bergamo)

Di nuova concezione anche alcuni negozi, come il mobilificio Pozzi in viale Roma, su disegno dell’architetto Panigada e l’oreficeria Fumagalli in via XX Settembre, progettata all’architetto Enrico Sesti.

 

Filobus in Largo Medaglie d’Oro, accanto al chiosco del Bepo, di cui in seguito, la caldarrostaia Pierina Manera porterà avanti l’attività

 

Al 1954 risale anche il palazzo della Borsa Merci, in piazza della Libertà (a lato della ex Casa Littoria, sull’area dove a lungo erano soliti accamparsi i circhi equestri), definita ammirevole dall’architetto Nestorio Sacchi: “una grande, splendida testimonianza di quanto sa esprimere di geniale l’operosa gente bergamasca”.

Il palazzo della Borsa Merci, realizzato nel 1954 su progetto di Marcello Piacentini per conto della Camera di Commercio di Bergamo. L’edificio si sviluppa tra viale Vittorio Emanuele II e via Francesco Petrarca e costituisce il completamento del disegno urbano per l’odierna piazza Libertà, sull’area dell’ex-Ospedale di San Marco, demolito nel 1937. Le facciate sono rivestite di marmi bergamaschi di Zandobbio e di San Benedetto, che sposano con i loro colori l’edificio all’ambiente circostante. Tutto curato nei minimi dettagli, con gli interni e gli arredi firmati dell’architetto Sandro Angelini, un pannello in bronzo raffigurante le attività agricole, realizzato dallo scultore Elia Ajolfi e i pregevoli elementi decorativi del bar

NASCONO NUOVI QUARTIERI POPOLARI 

Bergamo, all’uscita della fabbrica (Museo delle Storie di Bergamo)

Lontani dal centro, negli anni Cinquanta e Sessanta nascono nuovi quartieri popolari.

Il centro di Bergamo a volo d’uccello, 1958

Quartieri “autosufficienti” e dunque più facilmente controllabili in rapporto alle nuove conflittualità sociali emerse in quegli anni: i quartieri di Valtesse a nord-est, al di là dei colli della Città Alta, di Monterosso a est (quartiere C.E.P.), di Longuelo a ovest e di Celadina a sud-est, dove la periferia, illusa, si offre per i quartieri moderni.

Il nascente quartiere di Longuelo

Ed è proprio a Longuelo e a Valtesse che, al di là delle previsioni del piano, si indirizzano notevolissime aliquote dell’espansione cittadina, rendendo necessaria l’elaborazione di successive varianti.

Il nuovo quartiere di Valtesse, anni Cinquanta

 

Il nuovo quartiere di Valtesse, anni Cinquanta

 

Anni Sessanta, l’embrione del quartiere Monterosso, una porzione di città di cui si stanno ricamando le trame, gettando il seme di quanto sorgerà l’indomani. La felice posizione del nuovo quartiere fa sognare le numerose famiglie che, abitando in zone ormai degradate, vedono in Monterosso l’agognata  possibilità di una nuova vita, come accade per molti abitanti di Città Alta

 

Il nascente quartiere di Monterosso, 1962 (Archivio Wells)

 

Piazza Sant’Anna, 1954

 

Oltre Borgo Palazzo, al di là del Portone del Diavolo, porta d’accesso del viale che porta alla villa Tasso, fra campi coltivati a mais sta sorgendo il quartiere popolare di Celadina

 

Il quartiere di Celadina

 

Filobus a Seriate

Nuovi quartieri nascono anche in viale Venezia, Loreto, Zanica, Colognola.

La linea per Loreto

A sud di Colognola sorge l’unica delle zone industriali previste dal piano (5), e per la quale nel 1956 si istituisce la linea 6, decretando la massima estensione della rete filoviaria che arriva a comprendere sei linee su circa 19 km di rete bifilare.

La linea filoviaria 6 (Porta Nuova-Colognola), istituita nel 1956, quando vi stava sorgendo un nuovo quartiere residenziale, mentre verso sud il PRG Muzio-Morini prevedeva la realizzazione di una zona industriale; il Piano escludeva infatti da tutte le zone residenziali le industrie insalubri – e comunque quelle di notevole entità -, i macelli, gli ospedali, i sanatori, le stalle e le scuderie e tutte quelle attività considerate in contrasto con il carattere residenziale delle varie zone

IL NUOVO VOLTO DI BERGAMO

Nella Bergamo che cambia volto, fra la legislatura del 1946 e quella del 1956, l’amministrazione comunale mena fra l’altro il vanto di aver edificato e attrezzato nuove palestre; allestiti campi da gioco per tennis, schettinaggio e pallavolo; realizzato il Campo Utili di via Baioni.

A oriente della città, il Campo militare Utili, prospiciente lo stabilimento Sace, realizzato sull’area dell’ex Cimitero di Valtesse. L’immagine abbraccia, oltre a Valverde, tutta l’area, ancora verde, di San Colombano e della Conca Fiorita, fino alle pendici della Maresana. Il quartiere di Monterosso non è ancora edificato (ripresa del 1958)

Oltre all’aver riformato il servizio delle nettezza urbana “che ora è certamente fra i più moderni e i più rispondenti alle esigenze dell’igiene fra quanti esistono nel nostro Paese”, ha predisposti concretamente i piani per la realizzazione di un nuovo macello pubblico e di un nuovo mercato del bestiame, già esistenti nell’area dell’attuale Piazzale degli Alpini, antico Foro Boario.

Veduta sulla Fiera vista dalle Mura, nel 1885. Oltre l’ultima cortina edificata, la chiesa delle Grazie e, al centro dell’immagine, la vasta area non edificata del Foro Boario (ex Campo di Marte ed ora Mercato del Bestiame), preceduta dall’edificio del Macello e da un primo abbozzo dell’attuale via A. Maj. L’attuale disegno di quest’area ricalca un intervento del 1906 ad opera dell’architetto Giuseppe Gambirasio, Aurelio Cortesi e allo scultore Beppe Marzot, vincitori del concorso per il Monumento all’Alpino. L’istituto tecnico Vittorio Emanule II e stato progettato da Marcello Piacentini nel 1913 in allineamento con la sotterranea Roggia Nuova (foto di Cesare Bizioli – Raccolta Lucchetti)

Il Comune ha inoltre acquistato trentamila metri quadrati di area a Boccaleone, offerti allo Stato per la costruzione di una nuova caserma, prendendo in viva considerazione la necessità di un carcere giudiziario moderno in luogo del vecchio e inadatto carcere di Sant’Agata; ha ampliato e rinnovato in gran parte la pubblica illuminazione, realizzato nuove strade, costruiti ponti, coperto rogge, costruito nuove scuole e case per i meno abbienti; eseguito il primo tronco della grande arteria di circonvallazione.

Scorcio sull’arteria di circonvallazione delle Valli, di cui negli anni Cinquanta fu eseguito il primo tronco. Si tratta dell’altra faccia di Bergamo, uno dei riquadri purtroppo meno cambiati negli ultimi cinquant’anni e che rende l’idea della periferia desolata, spoglia e grigia

 

L’inizio dei lavori di raddoppio della Circonvallazione delle Valli, allora aperta campagna ed oggi occupata dal campo sportivo Coni, dalla sede del Comando dei Carabinieri, da stazioni di servizio, abitazioni private, fabbricati commerciali

Ha ripreso i lavori per il risanamento di Città Alta, abbattendo case malsane in via San Lorenzo, ricostruendole con la cura di non alterare il volto di Bergamo antica.

Traffico a Porta Sant’Agostino

 

IL MOTORE TRIONFA

Nello stesso periodo, e cioè dopo la metà degli anni Cinquanta, il parco veicoli dell’azienda municipalizzata di Bergamo è ormai interamente costituito da mezzi su gomma: 44 autobus e 24 filobus e due funicolari.

Autobus e filobus in centro, anni Sessanta

Le linee, urbane ed extraurbane, arrivano a 18, per una lunghezza di oltre 80 chilometri.

Il bus per Pontesecco

I collegamenti accorciano le distanze, anche culturali, tra i luoghi della città, dove prendono vita intere aree, e tra la città e le zone di provincia, dove il trasporto a motore sta prevalendo dietro gestione di società private in continua espansione.

1953: le autocorriere in Piazzale Marconi, prima della realizzazione della Stazione delle autolinee. Sullo sfondo, la stazione della FVB. Nel ricordo (Carnet de route) dello scrittore belga Albert Guislain, il sabato i viaggiatori si stipiavano sulle corriere dell’Autostradale proveniente da Milano: impiegati ed operai che raggiungevano le loro case per passarvi la domenica, e campagnoli venuti in città a compiere i loro acquisti e qualche mamma che aveva condotto i figlioletti a veder la metropoli. “Un profumo di brillantina alla violetta ondeggia nell’aria surriscaldata”. All’arrivo erano accolti da “larghi viali alberati con grande arte di metropoli. Conta anche, Bergamo, qualche albergo lussuoso e quello non lontano dalla stazione ferroviaria è veramente confortevole. Esso posa da cravanserraglio per americani in viaggio. Al mio arrivo un pranzo di nozze stava per terminare e gli invitati ingombravano saloni e corridoi”

Così, mentre nel 1957 viene soppressa l’ultima linea tranviaria (quella che collegava Bergamo a Ponte San Pietro), l’Amministrazione comunale costruisce la Stazione delle autolinee, affidandone la gestione all’Azienda municipalizzata.

La Stazione dellle Autolinee, realizzata nel 1957, con il grande arco di sostegno della struttura delle pensiline. Oltre ai negozi e bar, la zona era provvista anche di un albergo diurno con docce pubbliche

 

IL BOOM DELL’AUTOMOBILE  

Con gli anni ’60 e il miracolo economico, grazie alla diffusione di massa della ricchezza arriva il boom della motorizzazione, e mentre la produzione automobilistica diviene l’industria trainante del paese, il numero dei mezzi privati in circolazione in tutta la provincia di Bergamo passa dai 13.914 veicoli nel 1950 ai 100.668 nel 1962.

Nel ’55 arrivano le prime Fiat 600 e poco dopo le 500, simboli indiscussi dell’ottimismo messo in circolo dal miracolo economico, e con l’automobile, anche in città il traffico viene regolato con una nuova segnaletica.

Nel frattempo sia la viabilità che il traffico vengono regolati con una segnaletica moderna e il Comune invita a transitare sulle zebre consentendo ai pedoni di attraversare in sicurezza. Anche la rete tranviaria si rinnova, sostituendo ai traballanti tram “un moderno e celere servizio di filobus e di autobus” (ripresa del 1960/’’61)

 

La concessionaria FIAT in via Verdi

L’Azienda municipalizzata concentra ora l’attenzione sugli autobus perché non dovendo dipendere da rotaie o da reti di alimentazione possono godere di una maggiore libertà di movimento e di una manutenzione più semplice.

Autobus in via San Bernardino, sotto il ponte della ferrovia

Nello stesso tempo l’antesignana dell’ATB deve affrontare l’accanita concorrenza delle automobili, sempre più diffuse grazie al “boom economico”.

Via Quarenghi negli anni Sessanta

LE FUNICOLARI SI RINNOVANO (TRAMONTANO LE “PANORAMICHE”)

Tra il ’63 e il ’64, dopo decenni di onorato servizio le vecchie “panoramiche” della funicolare per Bergamo alta escono totalmente di scena e l’impianto, già rinnovato nel ’22, viene totalmente rifatto.

Il cambio delle vecchie vetture “panoramiche” nel 1963. L’originario impianto a vapore costruito dall’ingegner Alessandro Ferretti nel 1887, era stato sostituito nel 1892 con la trazione elettrica ed ammodernato più volte negli anni 1920, 1964 e 1985

Viene inoltre ammodernata la stazione su viale Vittorio Emanuele II.

La stazione inferiore, con il bar a lato, realizzata in occasione dell’ampliamento del viale Vittorio Emanuele nel 1953 e rinnovata una decina d’anni dopo

Nel 1988, scaduta la concessione governativa, le due vetture vengono sostituite da altre molto più funzionali e capienti. Ma soprattutto s’interviene sull’intero sistema di trazione e sugli impianti di sicurezza: sarà l’ultimo importante restauro, a distanza di un secolo dalla prima corsa, cui seguiranno a cadenze regolari revisioni generali dell’impianto. Lo stesso avverrà nel 1991 per la funicolare di S. Vigilio.

“AVANTI C’E’ POSTO!” STA PER DIVENTARE UN RICORDO 

Nel 1967 inizia il declino dei filobus, con la sostituzione graduale delle linee con autobus.

Tuttavia nel ‘75 vengono acquistati ancora alcuni filobus, che vengono rimessi in servizio per qualche anno ancora (6), finché nel ‘78 verrà soppressa l’ultima linea filoviaria.

Autobus fermi a Porta Nuova

Non in grado di reggere la competizione con l’automobile, il trasporto pubblico locale entra in crisi, sia per la rapida diminuzione della domanda che per l’aumento dei costi per le aziende, dovuto principalmente all’innalzamento delle retribuzioni e degli organici. Nonostante ciò, l’Azienda municipalizzata è costretta a mantenere i propri servizi e ad ammodernare i mezzi.

La “biglietteria”

La scelta fatta a livello nazionale rimane tuttavia quella di continuare a favorire la diffusione del mezzo privato, ripianando le perdite di tutte le aziende pubbliche di trasporto che continuano ad offrire il loro servizio, ma lavorando in perdita.

Nel deposito in via Coghetti

Così, mentre gli autobus iniziano a restare imbottigliati nel traffico, a Bergamo il numero dei passeggeri scende dai 29 milioni nel 1958 ai 23 di dieci anni dopo.

Nel deposito in via Coghetti

Questa politica si ripercuoterà inevitabilmente sull’ampliamento del debito pubblico nazionale e sull’aumento della congestione del traffico stradale, rendendo il mezzo pubblico sempre meno attraente agli occhi degli utenti, dato che la qualità del servizio offerta non può prescindere dalla situazione territoriale nella quale l’azienda si trova ad operare.

Incrocio di autobus a Porta Nuova negli anni dell’ “autunno caldo” (1968-69)

 

1969: filobus in via Borgo Santa Caterina

 

Via Statuto, 1961

 

Alla torre del Galgario, fine anni Sessanta

Per far fronte alla crisi l’Azienda dei trasporti avvia dei piani per ridurre i costi di gestione: viene così deciso di eliminare i bigliettai. I biglietti devono ora essere acquistati prima di salire a bordo e sui veicoli non si sentirà più echeggiare il familiare invito “Avanti c’è posto!”.

Oltretutto, per fronteggiare la difficile situazione di bilancio il Comune inizia anche a concedere all’Azienda municipalizzata la gestione dei parcheggi cittadini.

IL TRAMONTO DELLA FERROVIA DELLE VALLI… E NON SOLO

La crisi del trasporto pubblico su rotaia si riflette anche sui collegamenti provinciali. Sparisce il vecchio tram di Monza, popolarmente noto come “Gamba de lègn”. Ma la decisione più grave riguarda la chiusura delle Ferrovie delle Valli decretata nel 1967, il cui servizio viene totalmente rimpiazzato dai bus delle autolinee (parzialmente attivo già da una decina d’anni): la grave crisi della viabilità lungo le Valli risale, per buona parte, a quello stop ai “trenini”.

Fine anni Cinquanta e inizio anni Sessanta: sullo sfondo una delle locomotive della Ferrovia della Val Brembana, in primo piano un’elegante corriera diretta a Foppolo

AGLI ALBORI DEGLI ANNI SETTANTA TRA CITTA’ E PERIFERIA

Alla fine degli anni Sessanta anche i nuovi quartieri confinati in periferia vengono raggiunti dalla continua espansione a fasce concentriche attorno ai colli della Città Alta, e la forma urbana diventa, come afferma Vanni Zanella,  “sempre più complessa e inafferrabile” rivelando “i sintomi di un incoerente addensamento metropolitano”.

A nord di Bergamo Alta, oltre le mura veneziane

 

L’incrocio più centrale della città

Se fino a quel momento la città è cresciuta aggiungendo sempre nuovi spazi urbanizzati da destinare alla residenza, all’industria e in quota minore anche alle attività commerciali, qualcosa comincia a cambiare e la città, pur continuando a costruire, inizia a rinnovarsi: accanto al centro cittadino novecentesco – con la sua concentrazione di uffici pubblici, banche e studi professionali – si sviluppa una rete capillare di esercizi commerciali di grande pregio. Allo stesso tempo, le vie storiche di penetrazione alla città, concentrano su di esse la quasi totalità dell’offerta commerciale per le aree periferiche, che ne sono sprovviste.

Via XX Settembre

 

Dopo vivacissime polemiche e interventi dell’autorità giudiziaria, ecco, tra via S. Orsola e passaggio Mario Zeduri alcuni addetti dell’ATB intenti a rimuovere (o a sigillare?) i parchimetri, fra i primi installati in città

 

Nell’agosto del 1987, dopo la chiusura al traffico di via XX Settembre, verrà vietata la sosta alle auto e alle moto. E la via diventerà sempre più la zona dello “struscio” e dello shopping

Come accade in altre realtà urbane della Lombardia, anche Bergamo comincia a mutare il proprio ruolo e le proprie funzioni alla scala territoriale: le industrie, costantemente alla ricerca di nuovi spazi, preferiscono uscire dalla città e insediarsi ai suoi margini o presso i comuni limitrofi, laddove l’acquisto dei terreni risulta più economico e la disponibilità di spazio garantisce la possibilità di future espansioni e la realizzazione di servizi a favore dell’utenza e dei lavoratori.

Un pullman ATB degli anni ’70 (Archivio ATB di Bergamo)

Pertanto cresce il numero degli edifici e delle fabbriche abbandonate, spesso di grandi dimensioni e a pochi passi dal centro, che restano in attesa di una nuova ridefinizione progettuale affinché possano assumere un nuovo ruolo all’interno della città.

L’incrocio di via Broseta con via Palma il Vecchio e via Nullo con lo stabilimento Gioachino Zopfi e il caratteristico edificio tondeggiante sede di una fabbrica di giocattoli chiusa negli anni Cinquanta. Oggi su questi stessi luoghi sorge il tanto discusso Triangolo

 

Anche il successivo Piano Regolatore, redatto da Astengo e Dodi per gli anni Settanta, conferma la centralità di Bergamo come polo terziario e direzionale e Dalmine (nella foto) come centro industriale, mentre Torre de Roveri, con 45 mila abitanti e Villa d’Almé con i suoi 15 mila, vengono indicate come città-nuove destinate alla residenza. Il tracciato della Dalmine-Villa d’Almè è già contenuto nel Piano Muzio-Morini (archivio storico Fondazione Dalmine)

In periferia, a volte in mezzo a campagne ancora coltivate, sorgono i primi grandi centri commerciali, posti lungo le più importanti vie di comunicazione:  la Città Mercato di via Carducci, seguita da “Città Convenienza” e dal cosiddetto ”Pantheon” alla Celadina: il loro raggiungimento comporta un utilizzo sempre più diffuso dell’automobile, ribaltando tutte le consuetudini di vita praticate dagli abitanti della città del passato, mentre la città non smette di crescere e di espandersi, compressa entro i limiti fisici del piccolo territorio comunale.

L’intera corona della città è interessata dalla presenza di questi grandi contenitori per il commercio, ai quali molto spesso si affiancano altre strutture con funzioni diverse, come ad esempio le multisala cinematografiche, oppure gli spazi dedicati a singole attività commerciali specializzate

 

Il Teatro Sociale prima dei lavori di ristrutturazione. Accanto agli edifici industriali dismessi esistono altri “contenitori” che attendono utilizzi consoni alla loro importanza storica gran parte dei quali ubicati nell’antico cuore di Bergamo: la Città Alta, che ha vissuto nel corso del secolo il progressivo trasferimento di funzioni oggi destinate alla Città Bassa

 

Tra il 1975 e il 1980 si realizza , sul grande asse di circonvallazione interno, a ovest del centro urbano, il grande quartiere residenziale, progettato dagli architetti Gambirasio e Zenoni su un’area della periferia intermedia ancora inedificata

 

I Colli, protetti dalla legge del cinquantesimo, sono ribaditi, oggi più che mai, quale sede di residenze di pregio, immerse in un paesaggio ameno

ADDIO VECCHIO MONDO

Nonostante i filobus siano ormai quasi del tutto soppressi a favore degli autobus, Bergamo non vi rinuncia del tutto e nel 1975 ne acquista alcuni, che vengono rimessi in servizio per qualche anno ancora, Ma nel 1978 viene chiusa anche l’ultima linea filoviaria rimasta attiva la 2.

L’anno successivo l’azienda dei trasporti, pur rimanendo municipalizzata, cambia il nome in ATB: Azienda Trasporti Bergamo.

La sede dell’ATB in via Coghetti

Ma l’automobile ha innescato grandi cambiamenti anche per la funicolare di San Vigilio, che rimasta immutata sin dal 1912, anno della sua entrata in servizio, vede ridursi radicalmente il numero dei passeggeri mandando in crisi il già stentato servizio fino ad allora utilizzato solo da qualche anziano abitante dei Colli e dai turisti.

La funicolare per San Vigilio

Bloccato il 26 marzo 1976, l’impianto viene totalmente abbandonato, tanto che il grazioso edificio della stazione superiore, dopo ripetuti atti di vandalismo, nel 1983 viene distrutto da un incendio e il servizio è sostituito da autobus lasciando irrealizzata la ventilata opzione della cremagliera. Bisogna attendere il 1987 per l’avvio dei lavori di ristrutturazione che conclusi nel febbraio del 1991 hanno mutato radicalmente il volto dell’impianto.

I lavori di ripristino dell’impianto della funicolare per San Vigilio nel 1987

LA NUOVA SEDE DELL’ATB

Nel 1998, un anno dopo i festeggiamenti per i novant’anni dell’Azienda, ATB abbandona la sede di Via Coghetti per trasferirsi nel nuovo complesso di via Monte Gleno progettato dall’architetto Attilio Pizzigoni e dall’ingegner Carlo Alberto Von Wunster ed ospitando gli uffici, la direzione, l’officina, il lavaggio, la mensa per i dipendenti, i magazzini e un grande deposito per gli autobus. Vent’anni dopo, 1° luglio 1999, per garantire un’offerta di qualità sempre maggiore e dare uno stimolo al settore del trasporto pubblico, la municipalizzata ATB si trasformerà in una Società per Azioni.

Ancora sul finire del Novecento, nonostante la forte crescita la Città Bassa si è mantenuta capace di mantenere una buona cultura del costruire e una diffusa consapevolezza della civiltà dell’abitare, tanto da meritarsi una favorevole citazione da “Le Monde” nell’85  e da essere citata l’anno seguente dal ministro della cultura francese quale esempio di corretta manutenzione urbana

Il resto è storia recente (7).

Note

(1) Lo studio del primo piano regolatore generale viene avviato dopo la seconda guerra mondiale, basandosi sulla legge urbanistica 17 agosto 1942. n. 1150. Il piano è studiato con la consulenza del prof. Muzio ed è redatto dall’arch. Morini con la collaborazione dell’arch. Nestorio Sacchi. Tale piano viene adottato dal Consiglio comunale di Bergamo con deliberazione del 10 febbraio 1951 e approvato dal Capo dello stato il 23 gennaio 1956. La revisione al PRG è quella degli anni 1961-1964. Secondo il PRG Muzio-Morini, le future espansioni avrebbero dovuto essere decise e pianifcate solo in base ai criteri dell’azzonamento (distinzione ordinata e ripartizione dei luoghi di lavoro, di ricreazione, di residenza creando così una forma estetica strutturata ed organizzata evitando così un accrescimento indifferenziato della città), basando le zone residenziali sulla previsione trentennale di 180.000 abitanti nel 1981 (contro i 108 mila esistenti all’epoca dell’estensione del piano) di cui 10 mila avrebbero potuto essere assorbiti dalla città esistente, mentre i successivi 65 mila dovevano essere collocati, da un lato in nuovi quartieri di espansione e, in parte, nella saturazione di quelli esistenti completandoli in modo ordinato.

(2) Il Primo concorso della ferrovia è bandito nel 1945 (si veda: Enrico Peressutti, Concorso per la sistemazione del Piazzale della Stazione di Bergamo, in Metron, n. 23-24, 1948). Nel PRG Muzio-Morini, il previsto sovrappasso su via Roma, in corrispondenza della stazione, avrebbe dovuto costituirsi come perno lungo il quale stabilire la nuova sistemazione residenziale a sud della città, fra la ferrovia e l’aeroporto di Orio al Serio. Era prevista al contempo la realizzazione di un sottopassaggio sull’asse via Giorgio Paglia, avente la funzione di collegare la città con lo scalo merci. La prosecuzione del viale Roma verso sud oltre la ferrovia non venne realizzata, così come il previsto sviluppo dell’abitato verso Orio al Serio. Il previsto collettore a sud della ferrovia, che avrebbe dovuto congiungere le provenienze da Lecco, Milano, Treviglio con quelle dalle Valli Brembana e Seriana e da Brescia, venne realizzato solo in parte, dall’ingresso autostradale sino a settentrione del cimitero urbano.

(3)  A tale proposito si veda: Il concorso sull’area dell’ex-Ospedale di San Marco a Bergamo, in Urbanistica, n. 1, 1948.

(4) Nestorio Sacchi, Un segnale di gusto. La Rivista di Bergamo, dicembre 1953.

(5) Di tutte le zone industriali previste (a Petosino, Valtesse, a sud-est di Redona, a ovest di Seriate, a sud di Colognola, a ovest della provinciale per Milano verso Lallio), prende corpo solo la zona industriale a sud di Colognola.

(6) Va ricordato che sulla rete filoviaria, prima della soppressione, fu provato anche un Volvo B59 Mauri Ansaldo, matr. 1001, della rete di Rimini. Non fu l’unico filobus, furono provati anche un Fiat 668 AERFER dell’ATAN di Napoli, un Fiat 2401 e un Alfa Romeo 910AF Pistoiesi.

(7) Tra i fatti rilevanti che hanno caratterizzato l’attività del Gruppo ATB nel nuovo millennio, un ruolo centrale assume l’estensione del servizio di trasporto pubblico locale, dal 1 gennaio 2005, nei 28 Comuni della cosiddetta “area urbana” di Bergamo. Recentemente, attraverso la Società TEB (Tramvie Elettriche Bergamasche) ATB partecipa alla realizzazione della rete tranviaria. Il 9 ottobre 2006 ATB è protagonista di un’altra importante innovazione: il Consiglio Comunale di Bergamo affida all’Azienda anche le funzioni di Agenzia della Mobilità. ATB si presenta oggi come una realtà articolata che, partendo dal settore centrale del trasporto pubblico locale, ha assunto il profilo di un soggetto in grado di operare, integrandoli, nei diversi campi della mobilità.

Riferimenti principali

Graziola G Zaninelli S. “Il trasporto pubblico a Bergamo. ATB 1907-1997” Giuffrè Editore Milano Opuscolo edito da ATB per il centenario.

“Il Novecento a Bergamo – Cronache di un secolo”. Di Pilade Frattini e Renato Ravanelli. A cura di Ornella Bramani – Vol. II. UTET. Anno 2013.

“Hinterland” numero 25, marzo 1983.

Bergamo dalla funicolare ai tram, fra pagine di storia

Tra la fine del Settecento e la seconda metà dell’Ottocento, grazie all’enorme sviluppo commerciale della Fiera e all’ascesa della nuova borghesia produttiva, il centro politico, sociale ed economico si sposta sempre più dalla città sul colle alla città bassa, dove nei borghi centrali di San Leonardo e Sant’Antonio così come in Borgo Palazzo e Borgo Santa Caterina, strade d’accesso alla città, l’insediamento delle manifatture e di altre attività produttive ha innescato un notevole incremento della densità residenziale.

Borgo Santa Caterina alla fine dell’Ottocento

E’ soprattutto nel corso della dominazione austriaca (1815-1859) che, divenuta centro degli affari, la città bassa si appresta ad acquisire un volto moderno con l’apertura di Porta Nuova e l’erezione dei Propilei (1837), simbolico ingresso monumentale alla città degli affari.

Il viale monumentale tracciato nel corso della dominazione austriaca simile ai boulevard che nell’Ottocento cambiarono il volto di tante città europee. La sede stradale era ampia, sovradimensionata rispetto al modestissimo traffico, e c’erano due vasti spazi laterali riservati ai pedoni, che furono subito piantumati per offrire una confortevole ombra a passanti, carri e carrozze

L’anno seguente, in occasione della visita a Bergamo di Ferdinando I d’Austria inizia la costruzione del primo tratto della Strada Ferdinandea (oggi viale Vittorio Emanuele II), la grande arteria che da Porta Nuova sale ad allacciarsi alla Porta di S. Agostino, venendo portata a termine nel 1857 con l’apertura verso sud del viale diretto alla Stazione Ferroviaria, eretta col primo tronco (1853-1857) del tratto Bergamo-Coccaglio in allacciamento alla Milano – Brescia.

La nuova stazione della strada ferrata a Bergamo, inaugurata il 10 agosto 1857, con la prima corsa sul tronco Bergamo-Coccaglio, tappa iniziale di un rapido e progressivo sviluppo delle rete ferroviaria bergamasca

Attorno al nuovo, monumentale viale si sviluppa un’intensa attività edilizia, che soprattutto dopo gli anni post-unitari porta alla formazione di un nuovo centro.

Via Torquato Tasso con in primo piano il palazzo della Prefettura (ripresa del 1908). Con la seconda metà dell’800 si va sempre più consolidando il trasferimento degli edifici pubblici nei pressi della Fiera, costruiti in stile tardo-neoclassico lungo il corso del Sentierone: tra il 1864 e il 1871 vengono edificati il Palazzo della Prefettura e quello della Provincia, mentre nel 1874 il Municipio lascia la sede di Piazza Vecchia per il nuovo centro, che dopo l’Unità d’Italia comincia ad essere popolato da banche. Nel frattempo, anche la stessa nobiltà tende a spostare le proprie abitazioni verso la città bassa, dove, come in via Torquato Tasso, si innalzano nuovi gruppi di edifici

E anche grazie alla realizzazione della stazione ferroviaria, tutta l’area a sud delle Muraine ossia intorno all’attuale viale Papa Giovanni, comincia a cambiare volto in senso “urbano”.

Con l’avvio dell’industrializzazione urbana lungo via XX Settembre sorgono le nuove residenze della borghesia mercantile, a pochi passi dagli edifici produttivi stanziati lungo i corsi d’acqua che circondano le Muraine

Ma se la Ferdinandea rappresenta un primo passo per connettere le “due città”, il progressivo abbandono di tutte le funzioni pubbliche nella città sul colle e il declino che ne consegue, accendono la discussione da un lato sul risanamento di Città Alta, dove, nelle case sempre più fatiscenti si concentra il ceto più povero, e, dall’altro, sulla questione riguardo a un mezzo di trasporto collettivo di collegamento.

L’antica Corte Albana in Bergamo Alta, prima e dopo l’intervento di risanamento

Le prime proposte vengono formulate mentre è ancora in corso la dominazione austriaca, come quella dell’ingegner Angelo Ponzetti, che nel 1856 propone una linea di tram a cavalli che partendo dall’antica Fiera raggiunga il palazzo del Municipio (attuale Biblioteca Angelo Mai) compiendo l’ultimo tratto dentro un tunnel lungo oltre 60 metri. Ma la soluzione viene scartata.

 LE “CITTADINE” E LA DITTA CORNARO

Nel frattempo il servizio di trasporto nella città al piano si svolge tramite le carrozze a noleggio comunemente chiamate “Cittadine”, carrozzoni e calesse che dipendono in massima parte dalla ditta Cornaro, con gli stalli a palazzo Viscardini sul futuro viale della “ferrata”, attiguo alla casa già Caversazzi: quello stesso che intorno al 1890 sarò occupato dall’Albergo del Cappello d’Oro, sempre frequentatissimo da commercianti, rappresentanti e viaggiatori e da cui, prima del 1890 partivano le “diligenze”, solitamente a tre cavalli, dirette verso le valli.

La diligenza Bergamo-San Pellegrino (1905)

Ma circolano anche i lenti pesanti carri delle ditte Brambilla e dei Fratelli Sala e le caratteristiche “giardinette” a cavalli dei vari alberghi di Bergamo, che all’ora dell’arrivo dei treni si portavano alla stazione per prelevare gli eventuali clienti.

Veduta dalla stazione ferroviaria dopo il 1890. L’area della stazione è delimitata dai cancelli e manca ancora il campanile della chiesa delle Grazie

La ditta Cornaro, oltre ad una fiorente “rimessa” di cavalli, aveva l’appalto delle casse da morto per i servizi del Comune. La pubblicità recitava: “CORNARO FIORENTO – Grande scuderia – Noleggiatore di cavalli – Servizio tram – Vetture per città e provincia – Cittadine di piazza – Impresa Pompe funebri per Città e campagna”.

Caterina Blasoni (nata nel 1852), moglie del nobile Fiorento Cornaro. Nel 1891, dopo la morte del marito, diresse personalmente l’impresa di vetture e tram cittadini

Gli antichi carrozzoni funebri erano tutti pennacchi e veli neri svolazzanti, con certe forme barocche; il capo conducente con tanto di fez, dirigeva il lungo stuolo di accompagnatori. Poi il servizio Trasporti funebri è passato in viale Pirovano, alle dipendenze dirette del Comune.

TUTTI IN CARROZZA CON I PIONIERI DEL TRASPORTO: DALLA LOCOMOTIVA THOMPSON ALLA FUNICOLARE DI FERRETTI

Mentre la città bassa il trasporto si serve del tram a cavalli, per raggiungere Bergamo alta viene sperimentata nel 1872 una locomotiva di origine inglese, la “Thompson”, che sbuffando a fatica su strada, dopo alcune corse ed una serie di guasti finisce dal rottamaio.

La vaporiera Thompson, sperimentata nel 1872, giungeva sino in Colle Aperto

Nonostante un primo fallimento, il desiderio di collegare Bergamo alta con la città al piano riceve una nuova spinta, e dopo tre proposte – subito naufragate – va a buon fine il progetto di funicolare presentato nel 1885 dall’ingegnere emiliano Alessandro Ferretti, che ottenuto il via per la sua costruzione sigla col Comune una convenzione grazie alla quale ottiene anche di poter avviare un servizio di trasporto nella città bassa, dove introduce il tram a cavalli.

La barriera di Porta Nuova in una ripresa anteriore al 1888, con il viale ancora privo dei binari del tram e i lampioni a gas.  La cancellata, appartenente alla barriera daziaria che circondava la città, lascia aperti i varchi laterali. Nei locali dentro i propilei trovavano posto le guardie che avevano il compito di controllare e di riscuotere il dazio. Al di là della barriera presero posto diversi ambulanti, che con le loro bancarelle divennero una presenza stabile

Dal progetto alla realizzazione il passo è breve: il 20 settembre 1887 e dopo meno di un anno di lavori, l’impianto della funicolare, mossa da una macchina a vapore entra in funzione tra la stazione di viale Vittorio Emanuele II e piazza Mercato delle Scarpe, nel cuore della città alta, attraversando le mura veneziane.

A fianco della stazione inferiore della funicolare, l’AMFTE, la società che gestiva il trasporto tranviario, costruì la propria sede, con il deposito per i tram e annessa officina, utilizzati fino al 1925. Con l’aumentare dei mezzi, questi furono ricoverati in nuove aree messe a disposizione del Comune: oltre all’edificio della centrale elettrica presso l’ex barriera Sant’Antonio, all’imbocco di via Pignolo, anche un’area presso l’ex Porta Broseta, dove trovò posto anche la direzione. E ciò fino alla costruzione del nuovo deposito in via Coghetti. L’edificio in fotografia fu demolito negli anni Cinquanta e al suo posto sorsero un bar e il monumento ad Antonio Locatelli. La vecchia stazione, oggi sarebbe considerata un piccolo gioiello liberty. Allora invece attirava non poche critiche: a malapena illuminata dai lampioni a gas, veniva chiamata “l’antro”

 

Un calesse alla stazione della funicolare, in attesa di passeggeri

La neonata rete di tram a cavalli è invece composta da due sole vetture per il collegamento tra la stazione della funicolare e la stazione ferroviaria lungo il viale Vittorio Emanuele, cui di lì a poco va ad aggiungersi la linea che corre tra  Piazza Pontida e Borgo Santa Caterina, dove le guide di ferro vengono posate nell’ottobre del 1888: entrambe le realizzazioni vanno così a formare, su concessione del Comune, la prima rete di trasporti in città, inizialmente gestita dalla società costituita a tale scopo dallo stesso imprenditore: la Ferrovia Ferretti (1).

Il tram a cavalli su viale Vittorio Emanuele presso la Fiera, Si noti la persona che sta salendo sul retro della carrozza

 

Il tram a cavalli su viale Vittorio Emanuele presso la Fiera, nel 1889

 

La barriera di Porta Nuova. La ripresa è posteriore al 1890 perché sono visibili i binari del tram a cavalli ed è giunta l’energia elettrica a sostituire i lampioni a gas. Non va oltre il 1901 poiché esistono ancora i cancelli daziari. A sinistra in primo piano l’insegna del Cappello d’Oro, che assicurava anche il noleggio di carrozze per accogliere i viaggiatori provenienti dalla stazione ferroviaria. Dopo la sua realizzazione, attorno a Porta Nuova sorsero presto numerosi alberghi e ristoranti, tra i quali anche l’Hotel Commercio a destra dei propilei. Si vedono anche le rotaie del tram di Lodi e, nelle mura, si nota la galleria costruita per il passaggio della funicolare di Città Alta (1887)

 

Il tram a cavalli sul Sentierone nel 1897, lungo la linea Piazza Pontida-Borgo Santa Caterina

 

Il tram a cavalli lungo la via XX Settembre davanti alla chiesa di San Leonardo, sulla linea diretta in Piazza Pontida (disegno di G. Gaudenzi, eseguito verso il 1895-1900)

 

Fu il tram, con le sue esigenze di spazio, a spodestare la panciuta “Fiascona”, l’antica fontana collocata dalla metà del ‘500 tra piazza Pontida e la via Sant’Alessandro (ora Largo Rezzara). Tolta di mezzo per favorire un mezzo di trasporto moderno, non venne mai dimenticata. Già negli anni Cinquanta se ne auspicava il recupero e negli anni Ottanta si costituì una associazione per individuare il luogo in cui fosse finita. Secondo alcune voci si trova nel giardino di una villa. Tornerà mai al suo posto?

Di lì a poco, per vincere la pendenza di via Pignolo, sulla linea per Borgo Santa Caterina si dovrà aggiungere un terzo cavallo, oggetto di satire e sberleffi da parte delle cronache cittadine.

SI SPERIMENTA IL TRAM A VAPORE CON LE DUE VETTURINE “BREMBO” E “SERIO”

Ma l’ingegnere riserva nuove sorprese, e per sostituire il vecchio tram a cavalli  progetta e costruisce due moderni tram a vapore, che chiama Brembo e Serio, facendoli marciare trionfalmente tra il capolinea della funicolare e la stazione ferroviaria, mentre i ragazzi la rincorrono facilmente emettendo grida di gioia.

Una delle prime vetture tranviarie in uso a Bergamo, progettate su modello di alcune automotrici a vapore di costruzione americana visionate all’esposizione di Anversa, analoghe alle automotrici Rowan impiegate dalla società australiana Victorian Railways. Collaudate nel pomeriggio del 30 settembre 1887 le vetture, della capacità di 24 passeggeri ciascuna, entrano in esercizio il 13 novembre

Nonostante di questa invenzione si interessi anche la stampa nazionale, i bergamaschi  non ne sono molto entusiasti: le carrozze sono lente, si guastano spesso e fanno registrare ritardi, tanto più che possono essere impiegate una alla volta non essendo disponibili punti di incrocio lungo la linea. Inoltre la partenza richiede un lungo preparativo per riscaldare le caldaie, ammorbando Piazza Cavour di fumo fuligginoso e puzzolente.

Ben presto i due vaporini vengono messi da parte e  dopo un ultimo tentativo nel 1889 sono accantonati per tornare al tram a cavalli, mentre sulle linee provinciali le tranvie a vapore funzionano alla grande.

LE TRANVIE PROVINCIALI (A VAPORE) E LE FERROVIE DELLE VALLI (A TRAZIONE ELETTRICA)

Nel 1880 entra in servizio la tranvia a vapore Bergamo-Trezzo-Monza (il mitico “Gamba de lègn”, così chiamato per la sua andatura sobbalzante), che si affianca alle già esistenti linee Bergamo-Treviglio-Lodi e Bergamo-Soncino, attiva tra il 1884 e il 1931.

La stazione del glorioso “Gamba de lègn” (tram per Monza) presso la stazione della Ferrovia della Val Seriana, con cui erano collegate (con binari a scartamento normale)  le tranvie in partenza da via Paleocapa, soprattutto per il trasporto delle merci. Il percorso complessivo era lungo quasi trentotto chilometri e la vettura toccava la velocità massima di venti chilometri l’ora, Fu l’ultima tranvia provinciale a vapore ad essere chiusa, nel 1952 per il tratto Bergamo-Trezzo e nel 1958 per il tratto Trezzo-Monza

 

I binari del Gamba de lègn all’altezza di via San Giorgio, ai piedi del sedime ferroviario

Le sbuffanti, piccole locomotive a vapore rimorchiavano attraverso la campagna altrettanto piccole carrozze e vagoni-merci. Ogni tanto avvenivano degli incidenti: la locomotiva deragliava e finiva nel fosso, ma mai con grossi danni. Oppure, quando non c’era legna a sufficienza e mancava la pressione, il tram si arrestava in aperta campagna. Capitava allora di dover dare una mano al manovratore-fuochista nel raccogliere un po’ di rami e di stramaglie per alimentare la caldaia. Un lungo fischio a conferma che la pressione era tornata normale, e la marcia riprendeva.

La stessa Porta Nuova era solcata in ampio giro dalle rotaie della vecchia tranvia a vapore diretta a Lodi.

Il tram Bergamo-Treviglio-Lodi (linea inaugurata il 31/08/1879) a Porta Nuova. La linea prevedeva anche una diramazione per Caravaggio

Anche a Seriate l’arrivo del tram era un avvenimento, tale da giustificare la fotografia con il personale in posa.

Il Tram del lacc”, tram del latte, alla fermata di Seriate nel 1911, sulla linea Bergamo-Soncino, ultimata nel 1888. Nei pressi, l’Osteria di Papà Gambirasio. La linea toccava anche Cavernago, Ghisalba, Martinengo, Romano, Covo, Antegnate, Fontanella, per poi entrare nella provincia di Cremona. Lungo il percorso i recipienti per portare il latte in città, prelevato man mano nelle cascine della “Bassa”,  venivano caricati su un apposito vagoncino subito dopo la locomotiva e per arrivare a destinazione il tram impiegava un tempo lunghissimo

La rete dei tram a vapore sul territorio provinciale si estenderà ulteriormente nel 1907, quando la linea Bergamo-Trescore Balneario (nata il 31 luglio 1902), che da Trescore arrivava anche a Sarnico, sarà prolungata fino a Lovere.

Il tram a vapore per Lovere (inaugurato l’1/05/1907), percorreva per un buon tratto iniziale il sedime della Trescore-Sarnico. Volendo, si poteva prendere il tram per la Val Cavallina, che partiva dalla zona della stazione ferroviaria, e al porto di Lovere si poteva salire su un convoglio della Tranvia Camuna che passando per Rogno sarebbe giunto fino a Pian Camuno

Fondamentale per l’economia delle due vallate è invece la costruzione delle ferrovie delle Valli Seriana (1884) e Brembana (1906), quest’ultima in stretto collegamento con lo sviluppo turistico di San Pellegrino, sull’onda del successo delle Terme e del Casinò.

La stazione della Ferrovia Valle Seriana, inaugurata nel 1884 con il tratto Bergamo-Vertova. Giunse a Ponte Selva nel 1885 e sino a Clusone nel 1911

 

La stazione liberty della Ferrovia della Valle Brembana negli anni Venti del Novecento. Fu inaugurata nel 1906 sino a San Giovanni Bianco e nel 1926 sino a Piazza Brembana

1890: FERRETTI CEDE L’AZIENDA E NASCE LA SAFT

Ma, evidentemente, al ruolo del gestore Ferretti preferisce quello del progettista-imprenditore, se il 29 aprile del 1890, alla “modica” cifra di 449.000 lire cede l’intera azienda cittadina (funicolare e servizio di tram a cavalli) alla costituenda Società Anonima Funicolare e Tramvia (SAFT) (5).

L’anno successivo, su richiesta della Società Anonima Funicolari Ferretti si sbizzarrisce nel progetto di un’altra funicolare, quella per il Colle di San Vigilio, che però non verrà realizzata su suo disegno.

L’ELETTRIFICAZIONE DELLA FUNICOLARE

Manifesto dei primi tram elettrici a doppio pantografo

Ma è il momento dell’elettricità, e nel 1892, nonostante le vie siano ancora illuminate dai lampioni a gas la funicolare per Città Alta diviene il primo mezzo pubblico a funzionare grazie ad essa.

Nei pressi dei moduli di Plorzano, partitori della roggia Serio Grande, in via Barzizza (laterale di Borgo Santa Caterina), venne realizzato il primo impianto per la produzione dell’energia elettrica, mosso dall’acqua della roggia Serio, con cui furono alimentate la funicolare (1892) ed in seguito la rete tranviaria. Sull’altro lato della stradicciola sorgeva un’officina poi abbattuta per consentire il transito del tram

L’ELETTRIFICAZIONE DEI TRAM CITTADINI

La nuova Società può ora estendere la trazione elettrica a tutti i tram cittadini e l’8 ottobre del 1898 viene inaugurata l’elettrificazione della linea tranviaria, che inizia a cigolare sulla linea 1, fra la stazione ferroviaria e la funicolare,  facendo udire tratto tratto, più per prudenza che per necessità, la campanella d’allarme.

La stazione della funicolare per Città Alta agli inizi del Novecento e il collegamento tranviario con la stazione ferroviaria. A destra si nota la scaletta ancora esistente

 

Il primo tram della linea tra la stazione e la funicolare, viaggiava solo lungo un lato del viale e la presenza dei binari era indicata con paracarri. I passeggeri che uscivano dalla stazione trovavano ad attenderli un buon numero di carrozze disposte a portarli ovunque. Solitamente, nei ripidi viottoli dei colli, il conducente era costretto a scendere per aiutare il cavallo nei tratti più difficili. Altre carrozze erano in attesa di clienti sul Sentierone (dove più tardi sostarono i tassì) e in piazza Mercato del Fieno, appena fuori la stazione della funicolare

 

La linea 1, dalla stazione inferiore della funicolare alla stazione ferroviaria agli inizi del Novecento

 

La linea 1, dalla stazione inferiore della funicolare alla stazione ferroviaria agli inizi del Novecento

 

L’edificio della stazione ferroviaria con la tettoia originaria in ferro e lamiera zincata, costruito in età austriaca in aperta campagna, una distesa di campi attraversati da alcune rogge. La stazione cambiò il volto di questa zona, nelle cui vicinanze cominciarono a sorgere aziende che sfruttavano la presenza dei canali e dello scalo merci della ferrovia, grazie alla quale era possibile eseguire ogni genere di trasporto in tempi infinitamente più brevi, e con maggiore sicurezza, dei carri trainati dai cavalli. La sosta delle carrozze tranviarie avviene davanti alla pensilina, mentre le “Cittadine” e le altre carrozze (alle cui spalle è visibile un edificio dello scalo merci) sono in attesa dei viaggiatori. La fontana non è ancora presente (ripresa del 1910 circa)

Nel 1904 verrà elettrificata anche la linea Piazza Pontida-Borgo Santa Caterina, che attraversava le vie XX Settembre e Torquato Tasso fino piazzetta Santo Spirito, da dove risaliva in via San Giovanni attraverso via Pignolo, già divenuta motivo di satira per l’aggiunta del terzo cavallo impiegato per la breve ma faticosa salita.

Piazza Pontida (antica Piazza della Legna) con il tram, dietro il quale spicca la scritta dei Magazzini italiani, grande emporio di capi d’abbigliamento “all’ultima moda”. Piazza Pontida fu per anni il principale “terminal” tranviario della città e la piccola linea del tram a cavalli che vi transitava fece capo alla piazza anche quando venne introdotto il tram elettrico. Giunto alle Cinque Vie, il tram riprendeva la marcia in senso opposto

 

Il tram elettrico in via XX Settembre all’inizio Novecento. Non c’era vano sulla strada che non ospitasse un negozio

 

Via Torquato Tasso con un tram elettrico. Sulla destra, la cortina dei palazzi pubblici costruiti verso la fine dell’Ottocento (fotografia d’inizio Novecento)

 

Piazzetta Santo Spirito, punto di partenza e di arrivo del tram in via Tasso, con due storiche presenze: il negozio della ditta Cittadini e la caratteristica edicola dei giornali tuttora esistente (Raccolta Lucchetti, foto di Antonio Cittadini)

 

I tram davanti alla Caserma Montelungo

 

L’elettrificazione della linea Piazza Pontida-Borgo Santa Caterina in una fotografia d’inizio Novecento

 

Le due vetture sono ferme al capolinea di Borgo Santa Caterina. Non si è ancora demolito l’edificio a destra, in origine un’officina, che ostruiva buona parte della sede stradale. Il borgo terminava proprio qui. Più tardi la linea fu prolungata fino alla stazione della ferrovia della Valle Brembana (ora piazzale Loverini), dove per decenni fu installato il capolinea del tram Santa Caterina-Ospedale. Le eleganti signore (forse dame della Croce Rossa o membri di qualche comitato assistenziale), probabilmente appartenenti alle migliori famiglie della città, si prendono cura dei bambini delle classi più povere, che afflitti da scarso sviluppo e rachitismo, si recano alla “Colonia bagni di sole” dove prendono il sole, giocano e a mezzogiorno hanno un buon pasto assicurato. I bagni di sole venivano organizzati alla periferia della città, dove i bambini erano accompagnati col tram. Al Polaresco, negli anni Trenta, si organizzò una struttura vera e propria per questo genere di assistenza

Nel frattempo si progettava un’estensione della linea con un prolungamento da piazzetta Santo Spirito a Borgo Palazzo.

Il tram in via Borgo Palazzo nel 1919

Più tardi la linea di Borgo S. Caterina verrà prolungata fino alla fermata della ferrovia di Valle Brembana, la cui sede ospitava in parte le corse dei caratteristici  “tram rossi” in servizio sulla linea extraurbana Bergamo-Albino, inaugurata il 17 dicembre 1912.

La posa dei binari in via Corridoni, attigui al sedime della FVB e alla stazione della ferrovia della Valle Brembana (attuale piazzale Loverini)

Le caratteristiche dell’impianto rimangono pressoché invariate ma in compenso migliorano le prestazioni. Le vetture, della portata di 24 persone, vengono tenute in servizio anche per buona parte delle ore notturne e i passeggeri aumentano di anno in anno: se nel 1892 sono 373.146, dieci anni dopo, nel 1902, il loro numero è quasi raddoppiato.

GIU’ LE MURAINE: LA MUNICIPALIZZAZIONE DELL’AZIENDA DEI TRASPORTI

Nonostante le migliorie introdotte dalla SAFT, il Comune di Bergamo ritiene insufficiente lo sviluppo del servizio rispetto alle mutate esigenze della città, che con la caduta delle Muraine (gennaio 1901) è pronta ad espandersi e ad aprirsi definitivamente ai mutamenti urbanistici e sociali del Novecento e che con l’abbattimento dell’ormai obsoleto complesso della Fiera si appresta a realizzare il nuovo centro, per il quale nel 1908 si bandisce un concorso nazionale vinto dall’ingegnere Marcello Piacentini, andando in esecuzione solo dopo la fine della guerra.

Dopo cinque anni di trattative tra il Comune e la SAFT per il riscatto del servizio dei trasporti ed il referendum istituito nel 1907, i cittadini si dichiararono largamente favorevoli alla municipalizzazione dell’Azienda di trasporto pubblico (2) e finalmente nel mese di novembre si costituisce l’AMFTE (Azienda Municipalizzata Funicolari e Tramvie Elettriche), che diviene proprietaria degli impianti e dell’esercizio.

7 luglio 1907: l’esito del referendum istituito per la municipalizzazione dell’azienda dei trasporti

NUOVE ARTERIE STRADALI IN CITTA’

Mentre la Città alta è divenuta un quartiere popolare sospeso tra la magia dell’arte ed il degrado, lo sviluppo della città rende necessario realizzare nuove arterie viabilistiche, trasversali rispetto alle direttrici storiche che scendevano  dal colle come le dita di una mano aperta, lungo la quale si sviluppavano i borghi.

Tram a Porta Nuova e, dietro i propilei, il Boschetto di Santa Marta ad inizio Novecento. I cancelli del dazio sono scomparsi e la città è in via di modernizzazione, anche se la radicale trasformazione del centro dovrà attendere l’abbattimento della Fiera e la sua sostituzione con gli edifici progettati da Piacentini

Si realizzano così tre collegamenti ad andamento est-ovest che completeranno la struttura urbana della città nuova: le vie Garibaldi e Verdi, disposte alla base del colle ad aggirarlo, le vie Tiraboschi e Camozzi che ricalcheranno l’andamento del perimetro meridionale delle Muraine e della roggia Serio, e infine le vie Paleocapa e Mai (quest’ultima realizzata entro il 1892), tracciate maggiormente a ridosso della linea ferroviaria.

Lungo la linea 2, in via Verdi

 

La posa dei binari del tram in via Broseta

La nuova trama viaria, che rompe in diversi punti la cortina edificata dei borghi, va ad avvolgere  la città, indirizzando lo sviluppo urbano secondo canoni completamente diversi.

 

L’ESPANSIONE DELLA RETE (PENSANDO AI QUARTIERI POPOLARI)

In linea con i progetti che stavano prendendo corpo sulla trasformazione del centro di Bergamo, l’Azienda municipalizzata inizia ad espandere la rete (sulla base di alcune linee preesistenti), raggiungendo anche i quartieri sorti nelle località limitrofe alla città (soprattutto lungo l’asse di via Broseta, via Borgo Palazzo e Borgo Santa Caterina), arrivando a contare nove linee tranviarie urbane e suburbane (per un estensione totale di oltre 40 km) e registrando una sensibile crescita dei passeggeri, che nel 1910 superano ormai il milione di unità.

Una delle prime iniziative dell’Azienda municipalizzata è il prolungamento, nel 1908, della linea di Borgo Palazzo fino al Cimitero, da subito molto frequentata

Tra il 1907 e il 1912 venne quasi raddoppiata la lunghezza della rete, mentre il numero delle carrozze circolanti passa da undici a ventidue. Non solo, vengono istituite linee per i borghi non ancora raggiunti dal servizio, tenendo conto in particolare delle esigenze della classe operaia, per la quale stanno sorgendo i primi quartieri popolari.

Nel 1910, per la periferia sud-ovest della città la linea di Borgo Palazzo (Cimitero) viene prolungata fino a via Previtali.

Il tram in via Previtali (linea 4), all’incrocio con via Moroni nei pressi dell’antica Porta Osio,  da dove un tempo partivano le diligenze dirette a Milano. La linea fu soppressa nell’agosto 1953 e sostituita da un filobus. Il piccolo edificio a destra è una gelateria

Vengono pure posati nuovi binari tra il centro (Piazza Cavour) e la Malpensata, dove sono sorte le case popolari di via Carnovali.

Le case popolari alla Malpensata, sorte nel 1906 (ripresa del 1909)

 

Capolinea del tram numero 3 al quartiere della Malpensata in via Furietti, 1925

 

Le case popolari di via Carnovali

 

Pianta delle case popolari (ICP) nel quartiere di Loreto, sorto negli anni 1922-39

Prima dello scoppio della guerra l’Azienda aveva provveduto a portare la linea di via Broseta fino a Loreto e fu anche raggiunta la zona di Santa Lucia dove, su iniziativa di privati stava sorgendo un nuovo quartiere residenziale e dove negli anni Trenta sorgerà il nuovo ospedale intitolato alla Principessa di Piemonte (futuri, e ormai ex, Ospedali Riuniti).

Il tram in via Statuto nel 1917. Nel quartiere così come nel centro cittadino le palazzine dei primi anni del Novecento ruppero gli schemi morti dell’eclettismo; la città stessa dettava agli architetti un suo modo di schiva eleganza

Nel frattempo viene inaugurato il secondo impianto di risalita della città, per garantire il collegamento tra Città Alta e il Colle San Vigilio: il primo caso in Italia e forse anche in Europa. Uno dei primi e più illustri passeggeri sarà, nel 1913, Hermann Hesse, futuro premio Nobel per la letteratura.

Il 27 agosto 1912 viene inaugurata la funicolare di San Vigilio. A causa delle gravi difficoltà economiche della Società Anonima Funicolari, è l’AMFTE a gestire il servizio, cui viene ceduto non appena finita la guerra. Il servizio verrà sospeso nel 1976 perché privo dei requisiti minimi di sicurezza e riaperto dal 1991, dopo il totale rinnovo dell’impianto

Intanto il motore a scoppio muove i primi passi e cominciano a circolare le prime automobili, per ora appannaggio esclusivo delle classi più abbienti.

La famiglia Von Wuster con la propria auto nel 1911

 

GLI ANNI DEL PRIMO CONFLITTO MONDIALE, CON SEI MILIONI DI PASSEGGERI

Nel corso della Prima Guerra mondiale, soprattutto tra gli anni 1916 e 1918, Bergamo ha un ruolo molto importante di retrovia ed anche se il conflitto blocca ogni progetto di espansione del servizio, il numero dei passeggeri sfiora i sei milioni. In questo difficile momento storico, sulle vetture compare il primo personale femminile.

Tram elettrico a Porta Nuova, 1915

Viene solo prolungata la linea di Borgo Palazzo al complesso della nuova Casa di Riposo della Clementina, trasformata in ospedale militare.

La zona della Clementina. In alto a destra si riconosce il Cimitero monumentale

 

Il giardino all’interno della Clementina, un rettangolo di verde fra quattro fila di diversi caseggiati dominati da una ciminiera. E’ soltanto un lontano ricordo: oggi c’è solo la chiesa

 

Il quartiere Clementina verrà terminato nel 1948, con 190 appartamenti per un totale di 844 vani (ripresa degli anni ’60)

I duri anni della prima guerra mondiale e il conseguente prolungato blocco delle tariffe indeboliscono le casse dell’azienda dei trasporti (AMFTE), che si trova ad affrontare una difficile situazione economica. Completato nel 1926 il programma di ampliamento extraurbano, non verranno più effettuate opere di particolare rilievo. Resterà sulla carta, ad esempio, il progetto di istituire una linea lungo il Viale Giulio Cesare (allora Regina Margherita) per servire lo Stadio Comunale inaugurato nel 1928. La stessa fine farà la proposta al Comune di un piano per introdurre autobus a motore per nuovi collegamenti, come quello per Valtesse.

Anni Venti: è costruita la Banca d’Italia ma i lavori per il centro piacentiniano non sono ancora completati

 

Tram alle 5 Vie negli anni Venti

DOPO IL PRIMO CONFLITTO MONDIALE:  IL RINNOVO DELLA FUNICOLARE PER CITTA’ ALTA E GLI ANTESIGNANI DEI FILOBUS

Terminata la Grande Guerra, nel 1919 la linea di Borgo Palazzo viene portata fino a Seriate (già servita dalla tranvia a vapore per Romano e Soncino), dove è sorto un grande stabilimento tessile con turni che iniziano di primo mattino, permettendo agli operai di raggiungere più comodamente il posto di lavoro.

Capolinea del tram a Seriate (linea 5)

Tra l’agosto del 1921 e l’ottobre del 1922 l’AMFTE può finalmente rinnovare radicalmente la funicolare di Città Alta, il cui servizio si è rivelato un successo: tra il 1900 e il 1920 il numero dei passeggeri trasportati è salito da mezzo milione a un milione e mezzo.

L’inaugurazione, nel 1921, della rinnovata funicolare  per Città Alta, per la quale viene creato un doppio binario, rifatti i meccanismi dei motori e degli apparecchi di sicurezza, rifatta la stazione di Viale Vittorio Emanuele II e la facciata di quella di Piazza Mercato delle Scarpe, dove scompare il ponticello che fino ad allora aveva concesso di utilizzare l’antichissima via degli Anditi, un passaggio di ronda appartenente alle mura medioevali

Per la temporanea chiusura dell’impianto è istituito un servizio sostitutivo di vetture filoviarie, tra le prime utilizzate in Italia, che dalla stazione ferroviaria  arrivano fino a Colle Aperto, dove si mpiegano due filobus Zaretti, uno dei quali sarà successivamente ceduto alla filovia Châtillon-Saint-Vincent. Si tratta del primo mezzo di trasporto moderno che percorre il viale delle mura: come tali trabiccoli riescano a superare la salita per Città Alta, non è dato sapere, ma i bergamaschi non rinunciano all’avventura.

Le carrozze-filobus utilizzate tra il 1921 e il ’22 in occasione del rinnovamento dell’impianto della funicolare. Ogni carrozza poteva trasportare fino a venti passeggeri

 

Il collegamento alla rete elettrica delle vetture filoviarie per Città Alta. Sul finire degli anni Venti, seguendo il clima politico dell’epoca, il consiglio comunale affronterà per la prima volta il tema della possibile sostituzione dei tram con autobus, intraprendendo alcune sperimentazioni, fra cui alcuni veicoli carrozzati dalla FERVET. Il progetto però verrà accantonato per i risultati sfavorevoli e le difficoltà finanziarie

I TRAM ESCONO DAI CONFINI DELLA CITTA’ E NASCE IL DEPOSITO DI VIA COGHETTI

Entro il 1926, per facilitare gli spostamenti dei numerosi lavoratori alle dipendenze delle tante aziende sorte nel territorio, l’Azienda municipalizzata intraprende un piano di espansione della rete oltre i confini comunali.

Nel 1925 si aggiungono così i collegamenti con Colognola, poi allungati fino a Stezzano (dove faceva capolinea nella piazza centrale) nonché il collegamento con Ponte San Pietro.

1926: inaugurazione e prima corsa del tram elettrico a Stezzano, con l’arrivo in piazza Vittorio Emanuele II; sullo sfondo, la villa dei conti Moroni; a sinistra la cancellata della villa Grumelli Pedrocca. La piazza è ancora acciottolata

La linea per Ponte San Pietro, partendo da via Gallicciolli passava per Piazza Pontida e proseguiva sino a Loreto; dopo una breve salita sino al colle che ospitava la colonia elioterapica raggiungeva Longuelo e quindi Curno; sottopassata la ferrovia Bergamo-Lecco i tram giungevano al capolinea di Ponte San Pietro, all’inizio del paese.

Il tram in Piazza Pontida e il Caffé degli Amici

 

I binari del tram in via Broseta

 

Tram della linea 8 (Porta Nuova-Ponte S. Pietro) a Longuelo (ripresa del 1931)

 

Bambini sul tram utilizzato per i trasferimenti alla Colonia elioterapica del Comitato Provinciale di Bergamo della Croce Rossa Italiana presso il Polaresco a Bergamo (Autore della ripresa: C. Balestra, 1937 ca.)

Nel 1925 viene inaugurato il deposito di via Coghetti, capace di ospitare fino a centro vetture. All’interno della rimessa sono posate delle rotaie che permettono ai tram elettrici d’essere rimessati fino alle pensiline. Nella struttura trovano posto anche gli uffici e le officine per la manutenzione dei veicoli e successivamente i capannoni ospiteranno i filobus e gli autobus.

Il nuovo deposito dei mezzi dell’azienda municipalizzata, in via Coghetti, dal 1925 accolse tutto l’apparato dell’Azienda Municipalizzata Funicolari e Tramvie Elettriche (divenuta ATB dal 1979). In quegli anni erano ancora attivi i tram elettrici

DALLA ROTAIA AL FILOBUS E POI ALL’AUTOBUS: VIA I TRAM DAL CENTRO

Agli inizi degli anni Trenta, con la realizzazione del nuovo centro cittadino per ragioni di decoro e soprattutto per decongestionare le anguste vie XX Settembre e Tasso, si rende necessario spostare tutte le linee tranviarie che passano per il Sentierone.

Scorcio sul centro piacentiniano, costruito sull’area della vecchia Fiera di Bergamo, con la Torre dei Caduti e sede della Banca Bergamasca. Realizzato solo dopo la fine della guerra, conferisce al luogo i caratteri di un vero e proprio nuovo centro cittadino e diviene punto di riferimento per l’ubicazione delle nuove funzioni direzionali prepotentemente assunte dalla città bassa

 

Battitura Cubetti In Porfido In Via Tiraboschi,1932

 

Anni Trenta. L’interno di una carrozza tranviaria con le curiose maniglie che cambiavano pubblicità ogni volta che ci si aggrappava

La rotaie vengono rimosse e riposizionate lungo un tracciato più esterno: la nota strada di circonvallazione, che corre lungo le vie Camozzi e Tiraboschi,  appena al di là delle antiche Muraine.

Tram lungo la strada di circonvallazione a Porta Nuova

 

I tram lungo la strada di circonvallazione, all’altezza di Porta Nuova (ripresa del 1947)

Dal centro sono già stati tolti i binari del tram a vapore Bergamo-Soncino, mentre il capolinea dello storico tram Bergamo-Albino finisce con l’essere fissato nei pressi della torre del Galgario: per uscire dalla città i convogli bianchi e rossi, prima di proseguire per la Valle Seriana utilizzano le rotaie dei tram cittadini lungo le vie Cesare Battisti e Borgo Santa Caterina.

Il capolinea della Bergamo-Albino in viale delle Muraine, tra la torre del Galgario e l’attuale Palazzetto dello Sport. La linea, a trazione elettrica, più veloce e confortevole rispetto a quella a vapore, attraversava il centro dei paesi sulla sede stradale, sfruttando inizialmente il tratto già servito dalla ferrovia della Valle Seriana. Attiva dal 1912 al 1953, in aggiunta alla Ferrovia della Val Seriana (aperta nel 1884) per servire i paesi del fondovalle, oggi sostituiti dalla TEB

 

Fermata di Bergamo alle Muraine, della linea Stei per Albino

Nel 1930 è stato inaugurato il nuovo Ospedale Maggiore di Bergamo, raggiunto dalla linea 2 lungo le vie Garibaldi e Statuto, che con la Rotonda e le strade adiacenti, un tempo orti e aree agricole intercluse tra i borghi, sono le arterie progettate negli anni Venti dall’addetto agli uffici tecnici comunali ing. Giuseppe Chitò, qualificatesi architettonicamente con le costruzioni in stile  liberty e successivi innesti in stile razionalista.

Sul tragitto della linea 2 ne  il tram alla rotonda Garibaldi presso il Teatro Duse, costruito a fine ’27 (ripresa del 1935)

 

Nel 1938-39, accanto al Teatro Duse è sorta la casa della Rotonda, progettata dall’architetto Enrico Sesti

 

La posa dei binari in via Statuto

 

Il tram della linea 2  percorre via Statuto nel 1930, diretto al nuovo Ospedale Principessa di Piemonte

Mentre in via Monte Ortigara, negli anni 1933-’35 è sorta la casa-cubo progettata da Pino Pizzigoni, che la elegge a residenza.

La casa-cubo progettata dall’architetto Pino Pizzigoni, in via Monte Ortigara

Entro il 1937, altre linee in esercizio sono la 3 (da Porta Nuova a Campagnola), la 9 (Porta Nuova-Esperia), la 10 (Piazza Sant’Anna-Gorle-Scanzorosciate-Negrone, lungo il percorso della tranvia Bergamo-Trescore-Sarnico.

Quando, dopo gli inizi degli anni Trenta, fu soppresso il vecchio tram a vapore Bergamo-Trescore-Lovere, l’Azienda Municipalizzata di Bergamo acquistò una parte della linea, che attrezzò con un servizio di tram elettrico fino a Negrone. Era una piacevole scampagnata: si saliva sul tram al capolinea di piazza S. Anna e ci si metteva al finestrino. Durante il percorso il tram passava alle spalle del cimitero, prendeva per via Bianzana e arrivava a Gorle. Di là dal ponte era quasi solo campagna e al capolinea di Negrone cominciavano le colline di Scanzo, con il celebre moscato

 

Anni Quaranta: il tram presso l’attuale piazza della Libertà, tra il tribunale e la Casa Littoria (oggi della Libertà), edificata nel ’39

Terminata la seconda guerra mondiale e ritornata la normalità, il sistema tranviario di Bergamo è completamente da rifare in quanto vetture, rotaie e attrezzature, rimaste per anni senza manutenzione, sono per lo più fatiscenti.

Nel corso degli anni Trenta nel panorama cittadino si sono inseriti elementi del tutto nuovi: tra la pietra grigia e i sobri intonaci spicca la bianca mole della Casa del Fascio (ora della Libertà), costruito nel 1938 dove prima sorgeva il vecchio Ospedale di San Marco. Il centro piacentiniano è realizzato; a destra emerge la torre del Palazzo delle Poste in via Locatelli (1931), con a fianco il campanile di San Marco. Un tempo caselli, i propilei ospitano ora negozi e, a sinistra, un’agenzia di viaggi, la prima in città. Il traffico è ancora modesto; due carri trainati dal cavallo marciano a fianco del Sentierone diretti verso via Tasso, ma i primi tassì sostano a fianco degli ippocastani

 

Lavori in via Garibaldi 1949

 

Dal 1953 il quartiere di Santa Lucia potè godere di un collegamento veicolare con la città grazie alla galleria della Conca d’Oro, ex rifugio antiaereo scavato nel 1944 sotto il colle del Fortino, collegato alla galleria del Comando Germanico e a via Garibaldi

L’AMFTE, decide perciò di sostituire gradualmente i tram con filobus sulle linee principali che attraversano il centro cittadino.

Un primitivo modello di filobus in Colle Aperto. Il nuovo mezzo permise anche di servire la Città Alta, che in precedenza non poté essere utilizzata dai tram urbani a causa delle pendenze elevate

Al tempo stesso iniziano a circolare anche gli autobus.

Gli ultimi tram: via Quarenghi, 1954

 

Tram in Piazza Pontida, 1955

La soppressione definitiva della rete tranviaria ha luogo nel 1957 con l’ultima corsa sulla linea 8 per Ponte San Pietro.

Verso Ponte San Pietro: il tram in via Broseta (a sinistra) nel 1954

 

1957: l’ultima corsa del tram sulla linea 8, in Piazza Pontida

 

Operai al lavoro in via Broseta per lo smantellamento dei binari del tram n. 8 diretto a Ponte San Pietro. La linea era stata inaugurata nel 1925

Per ora Bergamo sta ancora tutta nel palmo di una mano e mantiene la sua eleganza un po’ ritrosa trovando coronamento nella bellezza di Città Alta. A poco a poco quell’equilibrio si romperà ed anche i trasporti dovranno adeguarsi. Ma lo vedremo alla prossima puntata.

Note

(2) Nel gennaio del 1887 la Ferrovia Ferretti ottenne, oltre alla concessione della funicolare, anche quella dell’intero servizio di trasporto pubblico cittadino, per una durata di 80 anni. La funicolare di Bergamo Alta fu terminata nel medesimo anno, entrando in servizio il 20 settembre 1887. Per la firma del contratto tra la Ferrovia Ferretti e il Comune, Luigi Pelandi (Op. Cit.) riporta la data del 1° gennaio 1887, “col deposito di L. 20.000, quale cauzione. A Ferretti spetta, oltre alla gestione dell’intero sistema di trasporto, anche la costruzione dell’impianto della funicolare. Era allora sindaco il conte Gianforte Suardi.

(2) L’esito del referendum istituito nel 1907 registra un importante consenso popolare, espresso dai 2791 sì contro 111 no su un totale di 2.950 votanti (il 46% degli aventi diritto al voto in quanto nelle liste elettorali erano iscritti solo i capifamiglia, mentre le donne erano escluse.

Bibliografia
Graziola G Zaninelli S. “Il trasporto pubblico a Bergamo. ATB 1907-1997” Giuffrè Editore Milano Opuscolo edito da ATB per il centenario.

Giovanni Cornolò e Francesco Ogliari, La funicolare Bergamo Bassa – Città Alta (1887 – in esercizio), in Si viaggia… anche all’insù. Le funicolari d’Italia. Volume primo (1880-1900), Milano, Arcipelago edizioni, 2004, pp. 144-181, ISBN 88-7695-261-6.
Pino Capellini, La funicolare di Bergamo Alta, Bergamo, Arnoldi, 1988.

Luigi Pelandi, Attraverso le vie di Bergamo scomparsa II – La Strada Ferdinandea. Collana di Studi Bergamaschi, a cura della Banca Popolare di Bergamo.

Storia e fascino della Funicolare di Città Alta, uno dei simboli di Bergamo

Tra la fine del Settecento e la seconda metà dell’Ottocento, il centro politico, sociale ed economico di Bergamo si sposta sempre più dalla città alta alla città bassa, dove soprattutto dopo l’Unità d’Italia vanno a concentrarsi tutti gli uffici amministrativi, le banche, le infrastrutture, le attività industriali e i collegamenti, proiettati verso il capoluogo lombardo ed oltre grazie alla nascita della stazione ferroviaria e dello scalo merci nel 1857.

I borghi sono sempre più popolosi e nuove case sorgono lungo le tradizionali vie d’accesso alla città, che trova il suo punto di incontro nel Sentierone.

In particolare, tale processo è accelerato alla metà dell’Ottocento dall’epidemia di colera, divampata velocissima a causa del cedimento dell’antico sistema fognario, dovuto al sovraccarico abitativo lungo le affollate cortine di Bergamo Alta.

Per scongiurare il declino e l’isolamento della città sul colle si intensifica la discussione sul suo risanamento e riguardo a un mezzo di trasporto collettivo che la colleghi alla città delineata al piano.

Già nel 1856 l’ingegner Angelo Ponzetti propone una linea di tram a cavalli che partendo dall’antica Fiera raggiunga il palazzo del Municipio (attuale Biblioteca Angelo Mai) compiendo l’ultimo tratto dentro un tunnel lungo oltre 60 metri.

Viene poi sperimentata, con esito disastroso, la “locomotiva Thompson”, suscitando ilarità e sberleffi, finché finalmente, dopo un lungo dibattito riguardo i mezzi più disparati per congiungere le due parti di città, nel 1887 arriva la soluzione definitiva.

E pare che al momento gli amministratori, messi alle strette da una sottoscrizione, non vedessero di buon occhio l’espandersi della Città, che allora contava poco più di 30.000 abitanti. Alcuni mesi dopo però, agli albori del Novecento le vetturine facevano la spola più o meno regolarmente, tessendo la loro trama a tutte le ore, avvicendandosi all’intenso traffico delle vie del borgo e sollevandosi in pochi minuti nel silenzio riposante, fra le bellezze artistiche e il paesaggio meraviglioso, disteso sotto le Mura veneziane.

L’UMORISTICO ESITO DELLA LOCOMOTIVA THOMPSON

Dopo una serie di proposte (1), nel 1872 per raggiungere Bergamo Alta viene sperimentata la locomotiva “Thompson”, una locomotiva stradale a vapore che dovrebbe percorrere il tratto dalla stazione ferroviaria al viale Vittorio Emanuele fino alle Mura, per poi arrestarsi in Colle Aperto.

La Locomotiva stradale a vapore realizzata dalla ditta Thompson, sperimentata a Bergamo nel 1872 per raggiungere Città Alta,  giunse per l’occasione dall’Inghilterra, Il mezzo avrebbe dovuto percorrere le vie cittadine collegando la città bassa a quella alta.  A causa di guasti continui, la sua carriera fu breve

Ma, narrano le cronache, il veicolo è lento, goffo e malfunzionante: “Dalla stazione la macchina Thompson entra in città per farsi vedere. Il mostro che cammina finisce il suo primo esperimento nell’officina Galli per qualche riparazione. Poi prove e riprove, finché nel settembre si decreta di confinarla nel Lazzaretto”.

Corrono allora per la città una serie di satire all’indirizzo della povera locomotiva.

“E sö, e sö, e sö – la Thompson la va sö – al la dovra ol cont Roncall – per menà i so siure ’in Borg Canal. – La careta del cont Roncall – la ria miga in Borg Canal – e la s’ferma in mes al vial. – Povra Thompson! – Poer cont Roncall! – E sö, e sö, e sö – la Thompson la va piö- ’l se rompit la sentürela – gna ’l magna ’la giösta piö” (nella fotografia, il Conte Roncalli)

Dopo aver compiuto alcune corse e dopo una serie di guasti, il veicolo finisce dunque dal rottamaio. Ma il desiderio di collegare la Bassa con l’Alta Città riceve una nuova spinta e dopo tre proposte (2) subito naufragate, arriva quella giusta

LA PROPOSTA VINCENTE: LA FUNICOLARE DI FERRETTI

Maggiore fortuna incontra infatti la proposta dell’ingegnere emiliano Alessandro Ferretti (1851-1930),  protagonista indiscusso nella progettazione di impianti di risalita e trasporto su binari e a fune in Italia, dall’ultimo ventennio dell’Ottocento agli anni Venti del Novecento, in un contesto legato al progresso industriale e al conseguente sviluppo delle infrastrutture.

L’ingegnere Alessandro Ferretti, il “Leonardo da Vinci” delle funicolari, nasce a Fabrico di Reggio Emilia il 14 marzo 1851 ed è ricordato in una lapide posta alla stazione inferiore di Viale Roma. Egli non fu solo un “funicolarista”: inventore e visionario, progettò opere avveniristiche e mai realizzate perché insostenibili per ragioni economiche e tecniche: dagli ascensori per edifici storici, come quello con propulsione ad aria compressa per la Torre degli Asinelli a Bologna, alle migliorie per le comunicazioni con un nuovo telegrafo a gas ed alle applicazioni di impianti in ambito agricolo e militare. Fu autore di numerosi brevetti, oggetto di privativa industriale

Giunto a Bergamo, aveva già progettato e costruito ferrovie, funicolari e teleferiche, fra le quali le funicolare di Mondovì, Genova e Monreale, gli impianti a Bologna per il colle della Guardia e per il colle di San Michele in Bosco, la teleferica di Valestra (Reggio Emilia) della lunghezza di ben cinque chilometri.

Le mura veneziane prima della realizzazione dell’impianto della funicolare, ancora prive dell’arco per il passaggio delle vetture

Coadiuvato dal collega bergamasco ingegner Luigi Valzelli (3) nel 1885  presenta un progetto per la realizzazione di una funicolare fra Città Alta e Città Bassa, da porre in collegamento con una modesta rete di tram a cavalli di adduzione alla stessa, nel tratto tra la stazione inferiore della funicolare e la stazione ferroviaria.

Disegno per il progetto della funicolare, inaugurata nel 1887

Di lì a poco, l’ingegner Ferretti ottiene in concessione dal Comune non solo il servizio della funicolare bensì l’intero trasporto cittadino, che si fonda sul tram  a cavalli (che a breve diventerà a vapore), costituendo a tale scopo la “Ferrovia Ferretti” (4).

Il tram a cavalli in città, percorre il tratto tra Piazza Pontida e Borgo Santa Caterina, mentre l’altra linea interessa il tratto stazione ferroviaria-stazione inferiore della funicolare; entrambe le linea verranno presto sostituite dal tram a vapore ed elettrificate nel 1898, sei anni dopo la funicolare

 

Gli impianti originari della funicolare, progettata e gestita da Alessandro Ferretti

L’impianto della funicolare, mossa da una macchina a vapore, viene collaudato ufficialmente il 19 novembre 1887 e dopo meno di un anno di lavori, il 20 settembre 1887 incominciano le corse tra la stazione di viale Vittorio Emanuele II e piazza Mercato delle Scarpe.

La cortina muraria veneziana presenta ora l’arco di apertura per il passaggio della funicolare. Ai piedi delle mura il monastero di Matris Domini

 

Il tunnel attraversa il “bastione cento piante” nel tratto della piattaforma di S. Andrea. La Funicolare di Bergamo Alta, uno dei due impianti di funicolare della città di Bergamo, è il primo collegamento fra la la città bassa e quella alta, realizzato da Alessandro Ferretti nel tratto viale Vittorio Emanuele II e piazza Mercato delle Scarpe

Per Ferretti è il coronamento della sfida tecnologica inseguita per decenni: la Funicolare di Bergamo, da sempre considerata il suo migliore impianto, rappresenta senza dubbio il suo capolavoro ed uno dei gioielli più belli della nostra città, apprezzato dai bergamaschi e dai numerosi turisti in visita.

La Funicolare di Monte dei Cappuccini a Torino, progettata da Ferretti, prototipo della Funicolare di Bergamo. Ferretti fu anche il progettista di brevetti applicati in svariati ambiti, in particolare il freno di sicurezza: un sistema di frenatura automatica in caso di rottura della fune che diviene elemento caratterizzante degli impianti Ferretti tanto da chiamarsi “sistema di sicurezza Ferretti”

“Ciò che sembrava un sogno ai più, ardimento pericoloso ai meno, oggi è un fatto compiuto”: era il 1887 e sul giornale “Il Campanone” l’ingegner Alessandro Ferretti presentava così la nostra funicolare, il cui prototipo è quello messo a punto nel 1884 sul Monte dei Cappuccini di Torino, ideato per le esposizioni universali: la prima funicolare della Penisola, cui seguirà quella di Mondovì.

Viene dunque realizzato un impianto di tipo tradizionale a binario unico, con due vetture “a va e vieni” che si scambiano a metà percorso, che partendo  dalla stazione di viale Vittorio Emanuele II attraversa le mura veneziane e porta sin nel cuore della città alta, nel Palazzo Rota già Suardi in piazza Mercato delle Scarpe.

Costruita con impianto di tipo tradizionale con due vetture in salita e discesa, la funicolare per Bergamo Alta fu inaugurata nel 1887 (fotografia del 1900)

 

La stazione superiore della Funicolare di Bergamo, ricavata nell’ex cortile di palazzo Rota già Suardi in piazza Mercato delle Scarpe (fotografia del 1901)

Ha solo una battuta d’arresto alla sua prima corsa in discesa,  a causa del blocco di una ruota che costringe gli eleganti passeggeri, reduci da una rappresentazione al Teatro della Società (odierno Teatro Sociale) a ridiscendere a piedi.

L’aspetto dell’originaria stazione inferiore della funicolare, in viale Vittorio Emanuele II

LA CESSIONE DELLA FUNICOLARE E L’ARRIVO DELL’ELETTRICITA’

Ma evidentemente, al ruolo del gestore Ferretti preferisce quello dell’imprenditore, perché il 29 aprile del 1890 cede l’intera azienda (funicolare e servizio di tram a cavalli) alla costituenda Società Anonima Funicolare e Tramvia (SAFT), per 449.000 lire (5).

Con altro atto, 1 settembre 1890, il Comune accorda quindi alla nuova Società la facoltà di elettrificare la linea tranviaria fra la stazione ferroviaria e la stazione bassa della Funicolare, il cui esercizio a trazione elettrica verrà inaugurato alcuni anni più tardi, l’8 ottobre 1898.

IL SERVIZIO MIGLIORA

Nel 1892 la società alla quale l’ingegner Ferretti aveva venduto la funicolare e due linee tranviarie decide di sostituire il sistema a trazione a vapore con la trazione elettrica, nonostante in quel periodo le vie siano ancora illuminate dai lampioni a gas.

Scrive Luigi Pelandi che quando la la città era ancora illuminata con i lampioni a gas, Bergamo era servita dal “gasista”, che passava per la contrada con il lungo bastone a fiamma accesa, soffermandosi agli angoli per l’accensione. Era l’ultimo saluto della sera ed il primo risveglio del mattino. E quanti accidenti si sentivano mandare al lampione perché il più delle volte l’accensione ritardava o non avveniva per tante cause esterne!

La funicolare è così il primo mezzo pubblico a funzionare a Bergamo grazie all’elettricità ma bisognerà attendere altri sei anni perché il tram a cavalli tra la stazione ferroviaria e la funicolare venga sostituito dal tram elettrico.

Nel 1892 l’impianto della funicolare fu dotato di un motore elettrico. Dopo sei anni anche il tram a cavalli che percorreva il tratto tra la stazione ferroviaria e la funicolare venne sostituito dal tram elettrico

Le caratteristiche dell’impianto rimangono pressoché invariate ma grazie al motore elettrico le prestazioni migliorano. Le vetture, della portata di 24 persone, vengono tenute in servizio anche per buona parte delle ore notturne e i passeggeri aumentano di anno in anno: se nel 1892 sono 373.146, dieci anni dopo, nel 1902, il loro numero è quasi raddoppiato.

La stazione inferiore della Funicolare nel 1905. Pelandi ricorda l’edificio che immette alla Funicolare sul principio del secolo “come l’entrata ad una galleria senza luce e senza decoro alcuno e portava a pensieri poco sicuri sula propria sorte! Tanto valeva salire la Scaletta e raggiungere la Porta di S. Giacomo”

Nel novembre 1907, dopo una lunga vertenza la proprietà degli impianti e l’esercizio passano ufficialmente al Comune, costituitosi in Azienda Municipalizzata Funicolari e Tranvie Elettriche (AMFTE), l’antesignana dell’odierna ATB.

La funicolare nel 1908

La municipalizzazione dell’Azienda è confermata dall’esito di un referendum il 7 luglio 1907. Un importante consenso popolare espresso dai 2.484 sì contro 111 no su un totale di 2.595 votanti (il 46% degli aventi diritto al voto).

Moneta dell’Azienda Municipale Funicolari e Tranvie – Bergamo

Nel 1917 si delibera la trasformazione completa della funicolare per aumentarne la capacità di trasporto e ridurre al minimo le sospensioni di servizio. L’impianto originario assume nella nuova versione dell’ing. Zaretti, costruita dalla Stigler Otis, le caratteristiche di due impianti di ascensori su piano inclinato mossi da due argani indipendenti.

Termina la Grande Guerra e tra l’agosto del 1921 e l’ottobre del ‘22, l’AMFTE può rinnovare radicalmente la funicolare di Città Alta, per la quale viene creato un doppio binario, rifatti i meccanismi dei motori e degli apparecchi di sicurezza.

Le nuove vetture “panoramiche” (così chiamate perché consentivano, grazie alle ampie vetrate, di ammirare il paesaggio durante il tragitto), introdotte durante il rinnovo dell’impianto fra il 1921 e il 1922

 

Le nuove vetture “panoramiche” e il doppio binario introdotti durante il rinnovo dell’impianto fra il 1921 e il 1922. La linea è assimilabile a due funicolari monocabina indipendenti. Infatti ogni vettura è dotata di un proprio sistema fune-motore che può agire autonomamente; i due corrispondenti contrappesi scorrono verticalmente in un pozzo collocato in asse alla stazione superiore. Grazie a questo, al di fuori degli orari di punta, può essere utilizzata in servizio una sola cabina

 

Viene rifatta anche la stazione di Viale Vittorio Emanuele II e la facciata di quella di Piazza Mercato delle Scarpe.

Stazione inferiore della funicolare: l’inaugurazione della rinnovata funicolare nel 1921

 

La stazione superiore della Funicolare di Bergamo nel 1927

 

Dopo la Grande Guerra si lavora al rinnovo dell’impianto

Con la nuova sistemazione, in prossimità della stazione superiore scompare il ponticello che fino ad allora aveva concesso di utilizzare l’antichissima via degli Anditi.

A sinistra, il percorso originario della funicolare e il panoramico terrazzo-restaurant in stile neogotico del palazzo che ospita la stazione superiore: vi era il ponticello che consentiva ancora di utilizzare l’antichissima via degli Anditi in corrispondenza del passaggio di ronda medioevale. A destra, dopo la trasformazione del 1921, il grande arco e il ponticello non esistono più e sono visibili le nuove vetture “panoramiche”

Per la temporanea chiusura dell’impianto viene introdotto un servizio sostitutivo di vetture filoviarie, tra le prime utilizzate in Italia, che arrivano fino a Colle Aperto.

Le vetture filoviarie impiegate tra l’agosto del 1921 e l’ottobre del ‘22,  nel periodo del  rinnovo dell’impianto della funicolare, nel tratto fra la stazione inferiore della funicolare e Colle Aperto

 

Le vetture filoviarie impiegate tra l’agosto del 1921 e l’ottobre del ‘22,  nel periodo del  rinnovo dell’impianto della funicolare, nel tratto fra la stazione inferiore della funicolare e Colle Aperto

 

Le vetture filoviarie impiegate tra l’agosto del 1921 e l’ottobre del ‘22,  nel periodo del  rinnovo dell’impianto della funicolare, nel tratto fra la stazione inferiore della funicolare e Colle Aperto

 

Le vetture filoviarie impiegate tra l’agosto del 1921 e l’ottobre del ‘22,  nel periodo del  rinnovo dell’impianto della funicolare, nel tratto fra la stazione inferiore della funicolare e Colle Aperto

Fino al 1925 i capannoni di rimessaggio dei tram dell’AMFTE si trovavano proprio nel fabbricato adiacente la stazione inferiore della funicolare, in viale Vittorio Emanuele II, mentre la direzione e gli uffici si trovavano più a monte in un caseggiato distrutto per regolare il viale in quel punto, onde permettere la stesura dei fili per il filobus. Nel 1930, vi verrà eretta la Casa dei mutilati e invalidi di guerra.

La Stazione inferiore della funicolare, in Viale Vittorio Emanuele II. A fianco, il fabbricato dove fino al 1925 sorgevano i capannoni di rimessaggio dei tram dell’AMFTE, in seguito ricoverati in nuove aree messe a disposizione del Comune: oltre all’edificio della centrale elettrica presso l’ex barriera Sant’Antonio, all’imbocco di via Pignolo, un’area presso l’ex Porta Broseta, dove trovò posto anche la direzione. E ciò fino alla costruzione del nuovo deposito in via Coghetti, che accolse tutto l’apparato dell’Azienda Municipalizzata Funicolari e Tramvie Elettriche (divenuta ATB dal 1979)

 

Il fabbricato adiacente alla stazione inferiore della funicolare nel 1949. L’arco di ingresso della stazione risale al rinnovo del 1921-’22

 

L’ingresso della stazione inferiore della funicolare, con l’arcata d’accesso risalente al 1921-’22 e i filobus introdotti dopo la seconda Guerra mondiale, a partire dalla linea 1, ossia nel tratto compreso tra la  stazione bassa della funicolare e la stazione ferroviaria, seguita dalle linee principali che attraversavano il centro cittadino (il filobus di destra proviene da Colle Aperto)

L’ADDIO ALLE VECCHIE “PANORAMICHE”  

Altri interventi sono necessari nel 1954 ma soprattutto nel 1963-64, quando viene costruita una nuova stazione sul Viale Vittorio Emanuele II, dove si decreta l’addio della vecchia arcata d’accesso.

L’aspetto moderno della nuova stazione delle funicolare e del nuovo edificio a lato, un tempo occupato dal capannone di rimessaggio, sostituito da quello del Caffè Funicolare, provvisto di un’ampia terrazza al piano superiore

 

In quel periodo, dopo decenni di onorato servizio, il vecchio modello delle “panoramiche” esce totalmente dalla scena.

1963: la vecchia panoramica è pronta per la rottamazione, mentre l’aspetto della stazione è già stato rinnovato

L’impianto, che era già stato rinnovato nel 1922, viene totalmente rifatto ed anche le vetture vengono sostituite.

Una delle due nuove vetture introdotte con il rinnovo del 1963

 

Una delle due nuove vetture introdotte con il rinnovo del 1963

 

Il cambio di una delle due vetture nel 1963

 

Le nuove vetture introdotte con il rinnovo del 1963

Nel 1988, scaduta la concessione governativa, le “panoramiche” sono sostituite da altre due vetture da 55 posti di costruzione Ceretti e Tanfani, molto più funzionali.

Da oltre 130 anni la funicolare collega il centro di Bergamo con la Città Alta, che raggiunge in 2 minuti e 40 secondi portandosi in piazza Mercato delle Scarpe, già sede di numerose attività commerciali. A motivo della peculiare conformazione dell’impianto i due binari presentano lunghezze diverse, pari a 240 e 234 rispettivamente per le vie di corsa destra e sinistra.metri. Il dislivello coperto è pari a 85 metri, con una pendenza massima del 52%. Ogni carrozza, due vetture arancio fiammante  di costruzione Ceretti & Tanfani, trasporta 50 passeggeri

Ma l’intervento maggiore, anche se meno evidente, riguarda l’intero sistema di trazione e gli impianti di sicurezza (lo stesso avvenne nel 1991 per la funicolare di S. Vigilio): sarà l’ultimo importante restauro, a distanza di un secolo dalla prima corsa, cui seguiranno a cadenze regolari revisioni generali dell’impianto, con la completa sostituzione dell’automazione nel 2008 e l’aggiornamento del sistema di salita nel 2016.

Pur essendo passati più di centotrent’anni dall’inaugurazione, la funicolare non ha mai perso il suo ruolo di principale attrice del trasporto pubblico bergamasco e continua a trasportare i passeggeri (oggi per un massimo di 600 all’ora) senza soluzione di continuità, mantenendo intatto il fascino dell’emersione ritmata verso la luce di Città Alta, che ne ha fatto uno dei simboli di Bergamo.

 

Note

(1) Al progetto diell’ing. Angelo Ponzetti, del 1865, seguì quello dell’ing. Tommaso Agudio, il costruttore della funicolare torinese di Superga, che venne preso in serio studio dal Comune, tanto da pubblicarsi il programma della sottoscrizione d’abbonamento. La ferrovia di congiunzione tra la città bassa e quella alta avrebbe dovuto partire dall’allora Piazza Cavour, per arrivare al Mercato delle Scarpe, il che avrebbe comportato la demolizione di casa Marieni, ove stabilire una terrazza con porticato aperto. Una stazione intermedia sarebbe stata collocata in prossimità di casa Serassi, sulla via Vittorio Emanuele. Si fissava il prezzo dell’abbonamento per la prima, la seconda e la terza classe.Secondo il progetto, il Comune avrebbe concorso con un sussiduo annuo di L. 5.000 per 10 anni. Ma più tardi il progetto fu abbandonato. Il 25 febbraio 1870 l’ingegnere Angelo Ponzetti presentava al Comune lo studio per una funicolare lungo la strada Vittorio Emanuele e le Mura di S. Giacomo da esercirsi con motore idraulico mediante l’utilizzazione di altra delle cascate esistenti lungo la roggia sul lato orientale della Fiera. Il progetto non ebbe nessuna attuazione (Luigi Pelandi, La Strada Ferdinandea, Op. Cit.).

(2) Nel 1879 l’ingegnere Sigismondo Ghilardi propose un tram a vapore da Porta Nuova a Colle Aperto, mentre nel 1885 l’ingegner Fermo Coduri e il signor Fedenco Chiari presentarono al consiglio comunale i progetti per una rete tranviaria a cavalli in città bassa e una funicolare tra città bassa e città alta, subito naufragati. Venne poi quello dei fratelli Chitò di Solto, esercenti un’officina meccanica a Bergamo. La loro funicolare avrebbe dovuto far capo a Piazza Baroni, salendo poi il viale Vittorio Emanuele, per finire, come quella d’oggi, sul Mercato delle Scarpe. I fratelli Chitò avevano anche esposto al pubblico un modellino in movimento. La mancanza di fondi, per dare il via al progetto, non permise di proseguire nell’impresa (Luigi Pelandi, La Strada Ferdinandea, Op. Cit.).

(3) L’ing. Bergamasco Luigi Valzelli (1852-1911) aveva già dato alla città ben chiare prove con lavori, studi e dimostrazioni in materia di tecnica elettrica e di edilizia: “posso affermare che fu sua l’idea della famosa Direttissima (Ferrovia elettrica Bergamo-Milano) tanto poi caldeggiata dal povero Pesentù. Me ne dà conto esatto e circostanziato un opuscolo del 1904: Cose Ferroviarie – Pro direttissima Bergamo-Milano (Tipografia R. Gatti): “la magnifica idea venne lanciata dall’ing. Valzelli per la prima volta… ed ebbe il battesimo del pubblico favore domenica 29 aprile 1893, in una solenne adunanza presso la Camera di Commercio”. E come della direttissima, così di altri numerosi progetti edilizi, l’ing. Valzelli fu non solo l’antesignano, ma l’anima. E’ sua la funicolare del Sacro Monte di Varese. Preziosi sono i suoi studi su una radicale riforma della nostra stazione ferroviaria e sul raggruppamento delle stazioni delle valli. Non v’era in quel tempo quesito di qualche importanza in ordine ai mezzi di trasporto ed allo sviluppo edilizio cittadino, senza che esso venisse risolto direttamente od indirettamente, col contributo prezioso dei suoi studi e della sua esperienza. E fu del Valzelli l’idea della Ferrovia della Valle Brembana e della Valle Cavallina”. A quei tempi — secondo quanto scrisse L’Eco del 2 maggio 1911 — il Valzelli fu definito un precursore dalla vista sicura in materia di progresso tecnico (Luigi Pelandi, La Strada Ferdinandea, Op. Cit.).

(4) Nel gennaio del 1887 la Ferrovia Ferretti ottenne, oltre alla concessione della funicolare, anche quella dell’intero servizio di trasporto pubblico cittadino, per una durata di 80 anni. La funicolare di Bergamo Alta fu terminata nel medesimo anno, entrando in servizio il 20 settembre 1887. Per la firma del contratto tra la Ferrovia Ferretti e il Comune, Luigi Pelandi riporta la data del 1° gennaio 1887, “col deposito di L. 20.000, quale cauzione. A Ferretti spetta, oltre alla gestione dell’intero sistema di trasporto, anche la costruzione dell’impianto della funicolare. Era allora sindaco il conte Gianforte Suardi (Luigi Pelandi, La Strada Ferdinandea, Op. Cit.).

(5) Per Pelandi si tratta di 470.000 lire. Il capitale proveniva pressoché tutto dalla Banca Piccolo Credito, tanto che gli umoristi del tempo ebbero a dire che la Funicolare stava diventando la via del paradiso, come allusione alle persone firmatarie ed al presidente: avvocato Luigi Salvi! (L. Pelandi, Op. cit.)

Bibliografia

Graziola G Zaninelli S. Il trasporto pubblico a Bergamo. ATB 1907-1997. Giuffrè Editore, Milano. Opuscolo edito da ATB per il centenario.

Giovanni Cornolò e Francesco Ogliari, La funicolare Bergamo Bassa – Città Alta (1887 – in esercizio), in Si viaggia… anche all’insù. Le funicolari d’Italia. Volume primo (1880-1900), Milano, Arcipelago edizioni, 2004, pp. 144-181, ISBN 88-7695-261-6.

Pino Capellini, La funicolare di Bergamo Alta, Bergamo, Arnoldi, 1988.

Luigi Pelandi, Attraverso le vie di Bergamo scomparsa II – La Strada Ferdinandea. Collana di Studi Bergamaschi, a cura della Banca Popolare di Bergamo.

Locandina della mostra dedicata alla figura di Alessandro Ferretti nel 2017,  inaugurata da ATB e Fondazione Bergamo nella storia nell’ex Ateneo di Bergamo Alta in occasione dei centodieci anni dalla nascita di ATB – Azienda Trasporti Bergamo (1907) – e dei centotrent’anni trascorsi dall’inaugurazione della Funicolare di Bergamo (1887)

La storica funicolare di San Pellegrino e il rilancio di Vetta, piccolo paradiso della Valle Brembana

E’ di questi giorni la notizia del riavvio della storica funicolare San Pellegrino-Vetta, previsto per la primavera-estate 2019 a trent’anni esatti dalla chiusura avvenuta nel marzo del 1989, per la riduzione del traffico passeggeri.

La prima funicolare, progettata dall’ingegnere monzese Giovanni Villoresi, fu attiva fin dall’origine nella sola stagione termale, fra giugno e settembre. In fase di rimozione proprio in questi giorni, è stata ritratta in uno strepitoso HDR da Pio Rota

Un primo passo verso la riabilitazione della funicolare si era già compiuto  in vista del programma di rilancio di San Pellegrino previsto per l’Expo 2015, quando cioè l’impianto e l’edificio annesso vennero sottoposti ad un totale rinnovamento. Si sta provvedendo ora alla rimozione della vecchia carrozza, che verrà sostituita da nuovi vagoni realizzati dalla Leitner di Bolzano.

Il cantiere dell’impianto della funicolare e dell’edificio annesso, aperto in vista del programma di rilancio di San Pellegrino previsto per l’Expo 2015 (Ph Angelo Galani)

 

Il termine dei lavori di ripristino dell’impianto della funicolare e dell’edificio annesso (adibito a sede espositiva), ancora con la vecchia funicolare  (Ph Angelo Galani, ottobre 2011)

La riabilitazione della funicolare rimetterà in comunicazione San Pellegrino con l’amena località Vetta, sede di attrezzature turistiche, in via di recupero, che un tempo ne costituivano il fiore all’occhiello.

La graziosa località Vetta è posta sul pizzo del Sole ed è chiamata anche San Pellegrino Kulm. Vi sorgono numerose ville e un Hotel di stampo liberty. Ma non solo…

 

L’interno di una villa liberty in località Vetta

La sistemazione del parco della Vetta potrà offrire, oltre alle visite alle Grotte del Sogno, interessanti percorsi escursionistici, fra i quali merita una menzione particolare quello che conduce alla vicina sorgente Boione, ricchissima di cascate e cascatelle d’ogni sorta.

Il caratteristico ingresso delle Grotte del Sogno, riaperte nel 2011, ritratte da Maurizio Scalvini per www.Pieroweb.com

Lo sviluppo edilizio di Vetta fu intimamente legato a quello turistico-termale di San Pellegrino, dove al culmine della Belle Epoque vennero realizzati alcuni complessi di pregio architettonico tipici delle “villes d’eau” mitteleuropee, quali il Grand Hotel, il Casinò, lo Stabilimento Termale e alcune ville storiche sorte ai primi del Novecento.

Gita in barca sul Brembo nel cuore della Belle Epoque!

 

Il Casino, il Palazzo della Fonte e la funicolare con San Pellegrino Vetta

 

Nel 1906 la stazione climatica di San Pellegrino era stata raggiunta dalla ferrovia della Valle Brembana, incrementando notevolmente l’afflusso turistico dell’area.

I titolari della Società Anonima Fonte Bracca concepirono così l’idea di una funicolare che raggiungesse Vetta, dove realizzare, secondo la moda dell’epoca, un ristorante con terrazza panoramica che rappresentasse il fiore all’occhiello del luogo.

L’hotel Vetta, accanto alla stazione superiore della funicolare

 

La stupenda terrazza dellHotel Vetta, rigorsamente in stile liberty

E la funicolare divenne a tutti gli effetti un mezzo assai utilizzato in alternativa all’erta e scomoda strada comunale.

Oltre all’originaria fermata intermedia, presso il punto d’incrocio in località La Botta, nel tempo furono aggiunte le ulteriori fermate di Paradiso e Falecchio, di cui è allo studio una proposta di ripristino.

Da San Pellegrino l’impianto progettato nel 1907 dall’ing. monzese Giovanni Villoresi, già progettista della funicolare Como-Brunate, conduce alla frazione Vetta. La realizzazione dell’impianto fu affidata alla Ceretti e Tanfani (l’immagine risale al 1915)

Vetta divenne quindi un raffinato quartiere residenziale estivo di stampo liberty, ad uso e consumo dei molti frequentatori abituali della stazione climatica.

Alle Terme di San Pellegrino, inizi Novecento

 

La funicolare venne inaugurata il 25 luglio del 1909 insieme al grande “Albergo Fonte Bracca”, in Val Serina, entrambi progettati dall’ing. Villoresi, che solo due anni prima aveva fatto costruire il primo stabilimento d’imbottigliamento dell’acqua Bracca.

Nel 1907, accanto alle sorgenti sorse l’Albergo Fonte Bracca, nella località omonima in Val Serina

 

Fonte Bracca, 1912

 

Gitanti milanesi a Bracca, nel 1908

Dopo una lunga e complicata serie di passaggi (le cui vicende sono illustrate qui), la gestione della funicolare venne affidata alla Società Gestione Fonti Minerali controllata dalla Sanpellegrino, la Società che aveva avviato lo sfruttamento economico della nota acqua minerale, e che provvedette alla revisione e alla manutenzione della funicolare fra il 1978 e l’83.

La funicolare per Vetta in una cartolina del 1983, all’epoca in cui venne gestita alla Società Gestione Fonti Minerali controllata dalla Sanpellegrino

Ma a causa della riduzione del traffico passeggeri, la funicolare venne chiusa il 6 marzo 1989 ed in seguito l’edificio annesso venne utilizzato come civile abitazione.

Un primo tentativo per il ripristino della funicolare fu condotto nel 1990 grazie a un finanziamento regionale. Un successivo stanziamento di 5 milioni di euro permise di avviare l’iter per la ricostruzione dell’impianto la cui riapertura, connessa con la ristrutturazione dello storico Grand Hotel e al generale rilancio turistico di San Pellegrino, era prevista per il 2017.

Il Comune di San Pellegrino aveva infatti da tempo effettuato il recupero della stazione  e dell’attiguo edificio, trasformandolo in fabbricato atto ad ospitare allestimenti artistici.

L’edificio originario annesso alla funicolare

 

All’edificio originario (con pianta a croce e tre locali per piano dislocati su tre livelli e con un piccolo interrato) si erano aggiunti nel tempo alcune superfetazioni che ne avevano parzialmente modificata la struttura. E’ stato quindi necessario modificare la distribuzione funzionale dei locali interni al fine di ottenere un percorso espositivo continuo (Ph Angelo Galani)

 

Stazione ed edificio annesso alla funicolare, ottobre 2011 (Ph Angelo Galani)

In precedenza, dalla piazzetta, attraverso un ampio accesso ad arco si raggiungeva la sala d’attesa e da qui i due piccoli locali riservati all’addetto al funzionamento della funicolare. Per accedere all’alloggio era invece necessario uscire nel giardino privato ed aggirare l’edificio fino a raggiungere l’accesso del vano scala che distribuiva i due livelli abitabili ed il sottotetto.
In funzione della nuova destinazione d’uso, è stato quindi realizzato un unico accesso ben posizionato.

Stazione ed edificio annesso alla funicolare, ottobre 2011 (Ph Angelo Galani)

 

Stazione ed edificio annesso alla funicolare, ottobre 2011 (Ph Angelo Galani)

Per il rilancio di Vetta, insieme al ripristino della funicolare è nell’aria un progetto di riapertura dell’ex Hotel Vetta (destinato anche ad ospitare le terme curative), nonchè una serie di proposte contenute in uno studio realizzato da un gruppo di studenti del Politecnico di Milano,  come la realizzazione di luoghi di sosta per la valorizzazione dell’acqua, con fontane o cisterne, e un albergo diffuso in località Paradiso (un’ex area ricettiva).

Per l’ex pista del Sole, un tempo prestigiosa pista da sci estivo, si è pensato invece ad una riconversione in campeggio, valorizzando l’aspetto naturalistico e sportivo, rivolto ad un turismo più sostenibile.

Pista del Sole – Centro sportivo – San Pellegrino Terme – foto dall’alto 1966 (Proprietà Francesco Nicola Cima). Negli anni Settanta la famiglia Cima, facoltosa famiglia brembana proprietaria della cartiera di S. Giovanni Bianco, realizzò la Pista del Sole, un’innovativa pista da sci in plastica a monte di San Pellegrino, una delle prime di questo genere in ambito montano. Inaugurata nel ’75 divenne un vero e proprio polo sportivo, con una pista di discesa ed una di fondo (vi gareggiarono Thoeni e Jean Claude Killy), una palestra per il gioco del tennis e un’area di tiro con l’arco

 

Il bar-ristorante annesso alla Pista del Sole, ritrovo elegante ed escusivo dell’epoca, da tempo in disuso