Murales e graffiti nelle street photography di Giuseppe Preianò

Chi conosce lo street photoghrapher Giuseppe Preianò – definizione già di per sé riduttiva se rapportata alla sua copiosissima e diversificata produzione – sa che per lui la fotocamera non è un aggeggio da riporre la sera in una custodia e riprendere la mattina, ma è un prolungamento della sua mente, uno strumento attraverso il quale da sempre riprende costantemente il mondo che lo circonda, senza mai separarsene. Egli è praticamente nato con la fotocamera in mano, ed anzi, l’aggeggio è già presente in lui a livello di memoria  prenatale.

Come abbiamo avuto modo di osservare qui, egli riprende la realtà così com’è, con estrema obiettività, senza necessariamente “tirare” l’immagine con artifici da post-produzione, forte della sua decennale ed ormai consumata esperienza nel campo dell’analogico, probabilmente anche per scelta personale.

Ne risulta un’immagine netta e scevra da ogni virtuosismo, che restituisce il reale al reale risultando per questo, a seconda dei casi, ancor più graffiante e ironica, seria o drammatica, istrionica o irriverente. Perchè è la realtà stessa a manifestarsi e ad evidenziarsi, senza bisogno che il fotografo ne snaturi l’essenza.

Questa volta Preianò ci regala una lunga carrellata di immagini risalenti al 2000, che ho suddiviso in due tranche tematiche di cui quella qui proposta appartiene alla sfera dei graffiti e dei murales “metropolitani”, realizzati spontaneamente e quindi lungi dal poter essere considerate “opere d’arte”: è semplicemente la realtà che il nostro sguardo incontra ovunque e che il più delle volte ci limitiamo a guardare senza però mai “vedere”.

Osservati in sequenza, come in un’operazione di “quantificazione” i soggetti – magari di per sé ordinari – acquistano un che di unico e  suggestivo, invitando l’osservatore a coglierne l’insieme. E a sorridere.

Le “street photography” di Giuseppe Preianò nella Bergamo fra i ’70 e gli ’80

Si potrebbe dire che la macchina fotografica sia la naturale estensione di Giuseppe Preianò, eccelso precursore della “street photography” a Bergamo

La “street photography”, fotografia di strada, è nata e si è evoluta con la progressiva affermazione delle macchine fotografiche portatili, dalla fine dell’Ottocento fino alla fine degli anni Settanta, fornendo un’ampia e dettagliata testimonianza  della cultura di strada.

Al botteghino del Lotto in via Torquato Tasso (1980)

L’avvento del digitale e la crescita esponenziale della condivisione attraverso Internet,  ne ha ampliato la consapevolezza. Le street  vengono generalmente scattate con obiettivi “normali” e senza l’ausilio del colore, proprio per dare massima evidenza e naturalità all’attimo catturato.

Presso l’edicola di S. Bartolomeo (1980 ca.)

Il genere realizza istantanee della realtà colta in tutte le sue sfaccettature, documentando ciò che tutti i giorni ci circonda e ci avvolge, luoghi e persone.

Ai tavolini del Nazionale

La scena è colta in un “momento decisivo”, un particolare momento che le parole non potrebbero esprimere in modo migliore e  che generalmente passa inosservato, ma che la sensibilità del fotografo sa enfatizzare o valorizzare cogliendo all’istante sfumature nascoste agli occhi degli altri.

Sotto i portici del Sentierone

Gli scatti eseguiti da Giuseppe Preianò riguardano un lasso  temporale posto a cavallo fra gli anni ’70 ed ’80 del Novecento e costituiscono parte integrante di un cospicuo corpus che documenta luoghi e volti della città, ripresi nel rapido scorrere del vissuto quotidiano ed osservati con l’occhio – talvolta neutrale e talvolta ironico ma non irriverente – di chi ne sa cogliere il carattere e la sostanza.

All’ingresso del Cinema Odeon in via S. Orsola

 

All’ingresso del Cinema Odeon in via S. Orsola

Le street photography di Preianò, frammenti colti non negli spazi iperaffollati della metropoli ma nella dimensione più contenuta di Bergamo, compongono una rapida carrellata di luoghi, volti e gesti , che ci restituisce l’essenza – unica, palpitante e irripetibile – dell’interazione profonda tra l’uomo e la città in quegli anni, con le sue  attività e i suoi abitanti, tra palazzi, strade e vicoli e tra negozi e luci.

All’imbocco della galleria dell’Upim

 

Il suonatore ambulante accanto alla scomparsa fontana di S. Agata

In ogni street che si rispetti, l’autore è un protagonista silenzioso della scena; si mescola e si intrufola nei luoghi per riprenderli dall’interno ed ottenere un punto di vista assolutamente inedito da cui riprendere il mondo che lo circonda.

Il fiorista ambulante di via XX Settembre (1980 ca.)

Al centro di tutto sono le persone, con le emozioni e le relazioni che esse esprimono e tessono nella vita di ogni giorno. La loro presenza si fa sentire forte e insostituibile anche quando queste non sono presenti nell’immagine.

In via San Salvatore

Il soggetto ripreso, ignaro dell’esistenza del fotografo pronto allo scatto, si muove spontaneo in un ambiente aperto, mentre compie una qualsiasi attività quotidiana che può essere un lavoro o un semplice gesto spontaneo e non costruito.

Incroci di strade e persone alle Cinque Vie (1979 ca,)

 

Il fruttivendolo in Mercato delle Scarpe

 

Il barbiere di via Colleoni (1978)

Come ogni vero fotografo di strada Preianò svuota la mente da qualsiasi pensiero e si concentra sulla città e su chi la abita cercando semplicemente, con grande tempismo, di cogliere l’attimo.

Gonfiando un palloncino alla (scomparsa) fontana di S. Agata (un bambino che conosco molto bene!)

 

Alla bancarella dei libri usati davanti al teatro Donizetti

Egli non scatta casualmente, ma lo fa sapendo cosa vuole ritrarre e cosa vuole ottenere: un’immagine, o una serie di immagini, che raccontino una storia.

Il formaggiaio Albino sotto la loggia di via Gombito

 

Al Banco del Lotto in Mercato delle Scarpe (1979)

La “street” diventa così un viaggio alla scoperta di un mondo che si trasforma in continuazione e dove ogni immagine ferma per sempre un’irripetibile istantanea della città e della società che la vive.

All’atelier del pittore Vitali in Corsarola (1979)

 

Il fabbro in Corsarola (1979)

E la realtà, che è imprevedibile, tradotta in immagini può avere infinite chiavi di lettura ed offrire ogni volta emozioni diverse.

All’edicola all’angolo di Piazza Vecchia (1979)

 

Al circuito delle Mura (anni ’80 ca.)

Per lo street photographer non conta tanto, o soprattutto, la perfetta inquadratura o la migliore esposizione, ma conta la sostanza. Anzi, la ricerca ossessiva della tecnica migliore può talvolta ostacolare la trasmissione delle emozioni.

Alla Marianna (1980 ca.)

Il fotografo trova lo scatto giusto quando è capace di catturare completamente l’attenzione dell’osservatore grazie alla forza espressiva dell’immagine.

Il gelataio alla galleria dell’Upim

E non è semplice come sembra.