Il trasporto pubblico a Bergamo dal Dopoguerra, fra scorci di città

LA SITUAZIONE URBANISTICA DI BERGAMO NEL DOPOGUERRA 

Nella Bergamo del secondo Dopoguerra la “griglia urbana” della città attuale è già impostata, con le tre importanti arterie – consolidate dal centro piacentiniano -, che tagliano la città da est a ovest,  susseguendosi dalla base del colle fino alla  stazione, trasversali rispetto al grande viale ottocentesco di via Roma-viale Vittorio Emanuele: da via Garibaldi a via Verdi, da via Camozzi a via Tiraboschi, lungo il perimetro meridionale delle Muraine e della roggia Serio, e da via Maj a via Paleocapa, tracciate maggiormente a ridosso della linea ferroviaria.

Il cuore del centro, con il centro piacentiniano in costruzione (completato entro il 1927)

 

Dalla Torre dei Caduti alla stazione ferroviaria

Intorno a queste strade principali  sono già impostate le vie minori, come le vie Paglia e Locatelli, sulle quali verrà definitivamente fissato il disegno della Bergamo contemporanea.

Via Paglia (ex Via XXVIII Ottobre, ex Via dei Mille). Il palazzo sulla destra è ormai scomparso

Un’intensa attività edilizia comincia ad interessare tutte quelle zone fino ad allora rimaste inedificate, comprese fra i borghi di Sant’Antonio e di San Leonardo, dove cambia completamente il volto di intere strade.

Anche in periferia bastano pochi mesi di assenza per ritrovare alcuni quartieri  radicalmente mutati: e mentre si costruiscono strade, case, scuole e campi sportivi, si realizzano fognature e si coprono rogge, l’azienda dei trasporti si appresta a trasformare la rete tranviaria (al termine della seconda guerra mondiale articolata su nove linee, per uno sviluppo totale di oltre 40 km), rimpiazzando i vecchi tram con filobus a partire dalle linee principali che attraversavano il centro, e impostando a tale scopo un programma di trasformazione degli impianti in una rete filoviaria.

L’arrivo dei filobus a Bergamo

Negli anni Cinquanta tutti i tram sono ormai sostituiti da filobus e autobus. I filobus sono impiegati dentro la città: più agili rispetto al veicolo su rotaie, sono moto meno rumorosi e assai più comodi.

Filobus e rotaie del tram. Nel 1951 gli operai dell’Azienda Tranviaria erano già al lavoro in viale Roma per la rimozione dei binari, ormai inoperosi, per i quali si temeva fosse calato il sonno dell’oblio dato che, dopo l’ultima sistemazione di viale Vittorio Emanuele, viale Roma era rimasto qual era, con l’inutile binario doppio e la doppia fascia di logoro acciottolato (dall’Eco di Bergamo del 5/10/1951)

Anche il costo dell’impianto è di molto inferiore e, certamente, non si sarebbe mai fatto ricorso al tram per la nuova linea che era stata introdotta tra la stazione ferroviaria e Colle Aperto.

Autobus al capolinea di Colle Aperto con in primo piano lo scomparso distributore Api

 

Il percorso della linea 3 parte dalla stazione ferroviaria, raggiunge Porta Nuova e la stazione della funicolare, da dove sale per Città Alta fino a Colle Aperto

 

Anni Cinquanta: filobus sulla linea 1 (stazione ferroviaria-stazione bassa della funicolare)

 

Il filobus della linea 2 percorre alla Rotonda dei Mille, davanti al Teatro Duse, lungo il tratto Borgo Santa Caterina-Ospedale Maggiore nel quartiere di Santa Lucia, che dal ’53 è già collegato a viale Vittorio Emanuele dalla Galleria Conca d’Oro, opera, quest’ultima, iniziata nel 1944 sotto il Fortino come rifugio antiaereo, collegato alla galleria del Comando Germanico e a via Garibaldi 

I filobus – verdi, con il muso curvo e i fari rotondi – sono dunque perfetti per la città, che presto vi si adatta senza rimpiangere i vecchi tram.

In una Bergamo in cui ancora resisteva l’eco dello sferragliare dei tram, i filobus stupivano in particolare la loro silenziosità: “..sembrava un rottame desolato e infatti venne presto sostituito dagli autobus arancioni. Però non consumava benzina, non inquinava ed era silenzioso. Costava poco e lo prendevano in tanti. Oggi lo chiamerebbero ‘trasporto urbano veloce’ e lo gabellerebbero per l’ultima novità della tecno-ecologia. I nostri nonni, senza tante balle, c’erano già arrivati!” (Marco Cimmino, “Giopì”, 15/01/2010)

 

Entro la metà degli anni Cinquanta i traballanti tram sono ormai sostituiti da un moderno e celere servizio di filobus – impiegati solo dentro la città -, e autobus, utilizzati sia in città che in periferia, così come nei paesi della provincia.

 

Il bigliettaio sul bus negli anni Cinquanta

Gli autobus vengono introdotti nel 1952 sulla linea 3, diretta a Campagnola, sulla 9 diretta a Boccaleone, e nel ’54 sulla linea 7 per Stezzano, anch’essa trasformata in autoservizio.

Incrocio di autobus e filobus in pieno centro

Nonostante venga redatto un Piano Regolatore per dettare precise norme di controllo, la crescita urbana di Bergamo comincia ad essere condizionata dalla forte spinta della speculazione edilizia e del potere economico, che si impossessano di tutte le aree del centro per tutti gli anni Cinquanta e fino agli inizi degli anni Sessanta (1).

Bergamo by night, 1950

Impossibilitata ad espandersi verso la pianura, a causa del tracciato della ferrovia (dove il previsto sovrappasso non verrà realizzato (2)), la Città Bassa inizia a mutare profondamente e ad espandersi massicciamente sia intorno al colle e sia radialmente fin verso le periferie.

Filobus in piazza Sant’Anna

 

La linea filoviaria 4 (via Previtali-Cimitero), istituita nel 1953, lungo il percorso Cimitero-via Borgo Palazzo-Porta Nuova-via Previtali

 

La linea filoviaria 5 (Porta Nuova-Seriate), istituita nel 1953 dopo la “filoviarizzazione” toccò alla linea 10 (Porta Nuova-Gorle-Scanzo-Negrone)

ULTIMI SCAMPOLI DI VERDE IN CITTA’

Nella indimenticabile Bergamo di quel periodo, ancora nel ’52 lo spazio fra la cortina esterna delle mura  e piazza della Libertà è però ancora formato da prati e fabbricati disordinati e posticci; in quest’area, centralissima e fondamentale per lo sviluppo del centro, vi sono ancora grandi spiazzi erbosi: in piazza della Libertà, in via Locatelli, dietro via Masone, in viale Vittorio Emanuele, dove di lì a poco sorgeranno i palazzoni che congestioneranno il centro (3).

Città Alta dall’attuale piazza della Repubblica nel 1939. Nel basso edificio sullo sfondo aveva sede l’autofficina gestita dalla famiglia del grande campione motociclista Carletto Ubbiali (foto Umberto Da Re)

 

Autofficina in piazza della Repubblica

 

Appena dopo la seconda guerra mondiale, la zona tra l’attuale piazza della Repubblica e Viale Vittorio Emanuele era ancora un campo incolto. Sullo sfondo, Casa S. Marco (1938), l’allora Casa Littoria (1936) e il Palazzo delle Poste, inaugurato nel 1932

 

Via Locatelli, 1950. Per l’area compresa tra via Locatelli e viale Vittorio Emanuele (sull’area dell’ex-Ospedale di San Marco), venne bandito un concorso nel 1947, che avrebbe permesso il decongestionamento del centro, con l’inserimento di altri edifici di pubblico interesse. Quest’ area venne invece svenduta ad imprese locali e ne fu autorizzata la ricostruzione residenziale intensiva

 

 

Bus in via Masone

Ancora nei primissimi anni Cinquanta, la zona di Valtesse, San Colombano e la Conca Fiorita – che si estende dalla caserma Seriate a Valtesse, oggi così satura di abitazioni -, sono una verde propaggine della Maresana.

Anche il Campo di Marte è uno spiazzo per gli armenti di passaggio, e si appresta a diventare un quartiere residenziale con i moderni palazzi di via Suardi (aperta nel 1948 dopo la realizzazione di via Bronzetti nel 1940, a completare il sistema stradale concentrico definito nel 1900) e il complesso degli edifici popolari di via Codussi.

Via Suardi era in origine non più lunga di una cinquantina di metri: dall’incrocio con Borgo Santa Caterina fino alle case popolari. Qui, superati alcuni paracarri la strada diventava poco più che un viottolo gibboso, oltre il quale c’era il “favoloso” Campo di Marte, l’enorme distesa erbosa tra le vie Suardi e Codussi (che presentava sulla sinistra una enorme distesa di prato con grande pista per i cavalli a forma di otto) della quale sono sopravvissute solo le briciole; e c’era la roggia Serio che scorreva all’aperto e che poi si è portata con sé, dopo la copertura, tutta la sua infinita gamma di odori.  Il primo villino fu fatto costruire dal dottor Pietro Pedroli. Negli anni Cinquanta si scatenò un’intensa lottizzazione e vi sorse un quartiere residenziale, con moderni palazzi ed edifici popolari. Era ancora il tempo delle “guerre” fra bande di rioni, il prodotto di una logica rivalità fra due classi sociali: la medio-borghesia, con tutte le famiglie delle prime ville di via Suardi e di via Cairoli, e la classe umile, con le famiglie di tutte le case popolari. Arma preferita di combattimento, le castagne d’India (le gènge), quelle che cadevano dagli enormi ippocastani allora esistenti in via Cairoli.  L’area del distributore “OZO” è oggi occupata dalla Questura, in angolo con Via Noli
 

 

IL 1954: L’ANNO DELLA SVOLTA

Ma è il 1954 l’anno della svolta, lo spartiacque in cui il centro,  soprattutto per iniziativa di privati, sta assumendo il suo volto definitivo con la nascita di importanti edifici alcuni dei quali “rivoluzionari” per Bergamo, perché ne modificano sia le caratteristiche estetiche – lanciando peraltro un segnale di gusto – che l’andamento altimetrico, che fino ad allora aveva mantenuto una modesta linea di rispetto riguardo la visuale della città alta.

Gli architetti che stanno cambiando il volto di Bergamo, tracciandone l’impronta, sono Luciano Galmozzi, che inizia a lavorare nell’immediato dopoguerra, insieme a una decina di altri architetti tra i quali Pizzigoni, Sacchi, Sandro Angelini, Spini ed Enrico Sesti, tutti consapevoli di segnare, in modo forte, il futuro dell’abitare a Bergamo.

Il cantiere del grattacielo Rinaldi in via Gabriele Camozzi (1954 – Archivio Wells)

Fra le nuove costruzioni innovative, compare il “grattacielo” che ospita il negozio Rinaldi in via Camozzi, nato dalle idee dei pittori Erminio Maffioletti e Domenico Rossi e realizzato su progetto di Enrico Sesti (4).

Il grattacielo Rinaldi in via Camozzi. L’edificio, che ospita al pianterreno e all’ammezzato il negozio della Rinaldi, raggiunge un’altezza di tenta mentri, considerevole per la Bergamo di allora. Una felice risoluzione architettonica che viene a costituire nella via elemento estetico preponderante anche per la preziosità dei materiali di rivestimento degli esterni (ripresa del 1967 – Archivio Wells)

 

Via Gabriele Camozzi nel 1954, con sullo sfondo il “grattacielo Rinaldi”

 

Vista su Largo Porta Nuova nel 1954, con sullo sfondo la cima del grattacielo Rinaldi

Dopo il grattacielo di via Camozzi, sorge la casa alta dieci piani in via Tiraboschi, su progetto degli architetti Luciano Galmozzi e Massimo Boschetti. L’edificio forma una sorta di quinta prospettica che chiude in parte  l’allineamento che da via Camozzi giunge al largo di via Spaventa.

Il “grattacielo di via Tiraboschi nel 1954, anno della sua costruzione (progetto di Luciano Galmozzi e Massimo Boschetti)

 

Il grattacielo di via Tiraboschi dopo la sistemazione dello spazio antistante. Il progetto ha tenuto conto di tutti quegli angoli di visuale che sono possibili nei riguardi dell’edificio. Così, dal canocchiale che si apre sotto i portici del Sentierone e che inquadra il ‘grattacielo’ alla destra tra le piante del Municipio, c’è sempre la possibilità di definire in un chiuso ritmo l’architettura di questo elemento” (Tito Spini, La Rivista di Bergamo, dicembre 1954, ne Il Novecento a Bergamo)

Di nuova concezione anche alcuni negozi, come il mobilificio Pozzi in viale Roma, su disegno dell’architetto Panigada e l’oreficeria Fumagalli in via XX Settembre, progettata all’architetto Enrico Sesti.

 

Filobus in Largo Medaglie d’Oro, accanto al chiosco del Bepo, di cui in seguito, la caldarrostaia Pierina Manera porterà avanti l’attività

 

Al 1954 risale anche il palazzo della Borsa Merci, in piazza della Libertà (a lato della ex Casa Littoria, sull’area dove a lungo erano soliti accamparsi i circhi equestri), definita ammirevole dall’architetto Nestorio Sacchi: “una grande, splendida testimonianza di quanto sa esprimere di geniale l’operosa gente bergamasca”.

Il palazzo della Borsa Merci, realizzato nel 1954 su progetto di Marcello Piacentini per conto della Camera di Commercio di Bergamo. L’edificio si sviluppa tra viale Vittorio Emanuele II e via Francesco Petrarca e costituisce il completamento del disegno urbano per l’odierna piazza Libertà, sull’area dell’ex-Ospedale di San Marco, demolito nel 1937. Le facciate sono rivestite di marmi bergamaschi di Zandobbio e di San Benedetto, che sposano con i loro colori l’edificio all’ambiente circostante. Tutto curato nei minimi dettagli, con gli interni e gli arredi firmati dell’architetto Sandro Angelini, un pannello in bronzo raffigurante le attività agricole, realizzato dallo scultore Elia Ajolfi e i pregevoli elementi decorativi del bar

NASCONO NUOVI QUARTIERI POPOLARI 

Bergamo, all’uscita della fabbrica (Museo delle Storie di Bergamo)

Lontani dal centro, negli anni Cinquanta e Sessanta nascono nuovi quartieri popolari.

Il centro di Bergamo a volo d’uccello, 1958

Quartieri “autosufficienti” e dunque più facilmente controllabili in rapporto alle nuove conflittualità sociali emerse in quegli anni: i quartieri di Valtesse a nord-est, al di là dei colli della Città Alta, di Monterosso a est (quartiere C.E.P.), di Longuelo a ovest e di Celadina a sud-est, dove la periferia, illusa, si offre per i quartieri moderni.

Il nascente quartiere di Longuelo

Ed è proprio a Longuelo e a Valtesse che, al di là delle previsioni del piano, si indirizzano notevolissime aliquote dell’espansione cittadina, rendendo necessaria l’elaborazione di successive varianti.

Il nuovo quartiere di Valtesse, anni Cinquanta

 

Il nuovo quartiere di Valtesse, anni Cinquanta

 

Anni Sessanta, l’embrione del quartiere Monterosso, una porzione di città di cui si stanno ricamando le trame, gettando il seme di quanto sorgerà l’indomani. La felice posizione del nuovo quartiere fa sognare le numerose famiglie che, abitando in zone ormai degradate, vedono in Monterosso l’agognata  possibilità di una nuova vita, come accade per molti abitanti di Città Alta

 

Il nascente quartiere di Monterosso, 1962 (Archivio Wells)

 

Piazza Sant’Anna, 1954

 

Oltre Borgo Palazzo, al di là del Portone del Diavolo, porta d’accesso del viale che porta alla villa Tasso, fra campi coltivati a mais sta sorgendo il quartiere popolare di Celadina

 

Il quartiere di Celadina

 

Filobus a Seriate

Nuovi quartieri nascono anche in viale Venezia, Loreto, Zanica, Colognola.

La linea per Loreto

A sud di Colognola sorge l’unica delle zone industriali previste dal piano (5), e per la quale nel 1956 si istituisce la linea 6, decretando la massima estensione della rete filoviaria che arriva a comprendere sei linee su circa 19 km di rete bifilare.

La linea filoviaria 6 (Porta Nuova-Colognola), istituita nel 1956, quando vi stava sorgendo un nuovo quartiere residenziale, mentre verso sud il PRG Muzio-Morini prevedeva la realizzazione di una zona industriale; il Piano escludeva infatti da tutte le zone residenziali le industrie insalubri – e comunque quelle di notevole entità -, i macelli, gli ospedali, i sanatori, le stalle e le scuderie e tutte quelle attività considerate in contrasto con il carattere residenziale delle varie zone

IL NUOVO VOLTO DI BERGAMO

Nella Bergamo che cambia volto, fra la legislatura del 1946 e quella del 1956, l’amministrazione comunale mena fra l’altro il vanto di aver edificato e attrezzato nuove palestre; allestiti campi da gioco per tennis, schettinaggio e pallavolo; realizzato il Campo Utili di via Baioni.

A oriente della città, il Campo militare Utili, prospiciente lo stabilimento Sace, realizzato sull’area dell’ex Cimitero di Valtesse. L’immagine abbraccia, oltre a Valverde, tutta l’area, ancora verde, di San Colombano e della Conca Fiorita, fino alle pendici della Maresana. Il quartiere di Monterosso non è ancora edificato (ripresa del 1958)

Oltre all’aver riformato il servizio delle nettezza urbana “che ora è certamente fra i più moderni e i più rispondenti alle esigenze dell’igiene fra quanti esistono nel nostro Paese”, ha predisposti concretamente i piani per la realizzazione di un nuovo macello pubblico e di un nuovo mercato del bestiame, già esistenti nell’area dell’attuale Piazzale degli Alpini, antico Foro Boario.

Veduta sulla Fiera vista dalle Mura, nel 1885. Oltre l’ultima cortina edificata, la chiesa delle Grazie e, al centro dell’immagine, la vasta area non edificata del Foro Boario (ex Campo di Marte ed ora Mercato del Bestiame), preceduta dall’edificio del Macello e da un primo abbozzo dell’attuale via A. Maj. L’attuale disegno di quest’area ricalca un intervento del 1906 ad opera dell’architetto Giuseppe Gambirasio, Aurelio Cortesi e allo scultore Beppe Marzot, vincitori del concorso per il Monumento all’Alpino. L’istituto tecnico Vittorio Emanule II e stato progettato da Marcello Piacentini nel 1913 in allineamento con la sotterranea Roggia Nuova (foto di Cesare Bizioli – Raccolta Lucchetti)

Il Comune ha inoltre acquistato trentamila metri quadrati di area a Boccaleone, offerti allo Stato per la costruzione di una nuova caserma, prendendo in viva considerazione la necessità di un carcere giudiziario moderno in luogo del vecchio e inadatto carcere di Sant’Agata; ha ampliato e rinnovato in gran parte la pubblica illuminazione, realizzato nuove strade, costruiti ponti, coperto rogge, costruito nuove scuole e case per i meno abbienti; eseguito il primo tronco della grande arteria di circonvallazione.

Scorcio sull’arteria di circonvallazione delle Valli, di cui negli anni Cinquanta fu eseguito il primo tronco. Si tratta dell’altra faccia di Bergamo, uno dei riquadri purtroppo meno cambiati negli ultimi cinquant’anni e che rende l’idea della periferia desolata, spoglia e grigia

 

L’inizio dei lavori di raddoppio della Circonvallazione delle Valli, allora aperta campagna ed oggi occupata dal campo sportivo Coni, dalla sede del Comando dei Carabinieri, da stazioni di servizio, abitazioni private, fabbricati commerciali

Ha ripreso i lavori per il risanamento di Città Alta, abbattendo case malsane in via San Lorenzo, ricostruendole con la cura di non alterare il volto di Bergamo antica.

Traffico a Porta Sant’Agostino

 

IL MOTORE TRIONFA

Nello stesso periodo, e cioè dopo la metà degli anni Cinquanta, il parco veicoli dell’azienda municipalizzata di Bergamo è ormai interamente costituito da mezzi su gomma: 44 autobus e 24 filobus e due funicolari.

Autobus e filobus in centro, anni Sessanta

Le linee, urbane ed extraurbane, arrivano a 18, per una lunghezza di oltre 80 chilometri.

Il bus per Pontesecco

I collegamenti accorciano le distanze, anche culturali, tra i luoghi della città, dove prendono vita intere aree, e tra la città e le zone di provincia, dove il trasporto a motore sta prevalendo dietro gestione di società private in continua espansione.

1953: le autocorriere in Piazzale Marconi, prima della realizzazione della Stazione delle autolinee. Sullo sfondo, la stazione della FVB. Nel ricordo (Carnet de route) dello scrittore belga Albert Guislain, il sabato i viaggiatori si stipiavano sulle corriere dell’Autostradale proveniente da Milano: impiegati ed operai che raggiungevano le loro case per passarvi la domenica, e campagnoli venuti in città a compiere i loro acquisti e qualche mamma che aveva condotto i figlioletti a veder la metropoli. “Un profumo di brillantina alla violetta ondeggia nell’aria surriscaldata”. All’arrivo erano accolti da “larghi viali alberati con grande arte di metropoli. Conta anche, Bergamo, qualche albergo lussuoso e quello non lontano dalla stazione ferroviaria è veramente confortevole. Esso posa da cravanserraglio per americani in viaggio. Al mio arrivo un pranzo di nozze stava per terminare e gli invitati ingombravano saloni e corridoi”

Così, mentre nel 1957 viene soppressa l’ultima linea tranviaria (quella che collegava Bergamo a Ponte San Pietro), l’Amministrazione comunale costruisce la Stazione delle autolinee, affidandone la gestione all’Azienda municipalizzata.

La Stazione dellle Autolinee, realizzata nel 1957, con il grande arco di sostegno della struttura delle pensiline. Oltre ai negozi e bar, la zona era provvista anche di un albergo diurno con docce pubbliche

 

IL BOOM DELL’AUTOMOBILE  

Con gli anni ’60 e il miracolo economico, grazie alla diffusione di massa della ricchezza arriva il boom della motorizzazione, e mentre la produzione automobilistica diviene l’industria trainante del paese, il numero dei mezzi privati in circolazione in tutta la provincia di Bergamo passa dai 13.914 veicoli nel 1950 ai 100.668 nel 1962.

Nel ’55 arrivano le prime Fiat 600 e poco dopo le 500, simboli indiscussi dell’ottimismo messo in circolo dal miracolo economico, e con l’automobile, anche in città il traffico viene regolato con una nuova segnaletica.

Nel frattempo sia la viabilità che il traffico vengono regolati con una segnaletica moderna e il Comune invita a transitare sulle zebre consentendo ai pedoni di attraversare in sicurezza. Anche la rete tranviaria si rinnova, sostituendo ai traballanti tram “un moderno e celere servizio di filobus e di autobus” (ripresa del 1960/’’61)

 

La concessionaria FIAT in via Verdi

L’Azienda municipalizzata concentra ora l’attenzione sugli autobus perché non dovendo dipendere da rotaie o da reti di alimentazione possono godere di una maggiore libertà di movimento e di una manutenzione più semplice.

Autobus in via San Bernardino, sotto il ponte della ferrovia

Nello stesso tempo l’antesignana dell’ATB deve affrontare l’accanita concorrenza delle automobili, sempre più diffuse grazie al “boom economico”.

Via Quarenghi negli anni Sessanta

LE FUNICOLARI SI RINNOVANO (TRAMONTANO LE “PANORAMICHE”)

Tra il ’63 e il ’64, dopo decenni di onorato servizio le vecchie “panoramiche” della funicolare per Bergamo alta escono totalmente di scena e l’impianto, già rinnovato nel ’22, viene totalmente rifatto.

Il cambio delle vecchie vetture “panoramiche” nel 1963. L’originario impianto a vapore costruito dall’ingegner Alessandro Ferretti nel 1887, era stato sostituito nel 1892 con la trazione elettrica ed ammodernato più volte negli anni 1920, 1964 e 1985

Viene inoltre ammodernata la stazione su viale Vittorio Emanuele II.

La stazione inferiore, con il bar a lato, realizzata in occasione dell’ampliamento del viale Vittorio Emanuele nel 1953 e rinnovata una decina d’anni dopo

Nel 1988, scaduta la concessione governativa, le due vetture vengono sostituite da altre molto più funzionali e capienti. Ma soprattutto s’interviene sull’intero sistema di trazione e sugli impianti di sicurezza: sarà l’ultimo importante restauro, a distanza di un secolo dalla prima corsa, cui seguiranno a cadenze regolari revisioni generali dell’impianto. Lo stesso avverrà nel 1991 per la funicolare di S. Vigilio.

“AVANTI C’E’ POSTO!” STA PER DIVENTARE UN RICORDO 

Nel 1967 inizia il declino dei filobus, con la sostituzione graduale delle linee con autobus.

Tuttavia nel ‘75 vengono acquistati ancora alcuni filobus, che vengono rimessi in servizio per qualche anno ancora (6), finché nel ‘78 verrà soppressa l’ultima linea filoviaria.

Autobus fermi a Porta Nuova

Non in grado di reggere la competizione con l’automobile, il trasporto pubblico locale entra in crisi, sia per la rapida diminuzione della domanda che per l’aumento dei costi per le aziende, dovuto principalmente all’innalzamento delle retribuzioni e degli organici. Nonostante ciò, l’Azienda municipalizzata è costretta a mantenere i propri servizi e ad ammodernare i mezzi.

La “biglietteria”

La scelta fatta a livello nazionale rimane tuttavia quella di continuare a favorire la diffusione del mezzo privato, ripianando le perdite di tutte le aziende pubbliche di trasporto che continuano ad offrire il loro servizio, ma lavorando in perdita.

Nel deposito in via Coghetti

Così, mentre gli autobus iniziano a restare imbottigliati nel traffico, a Bergamo il numero dei passeggeri scende dai 29 milioni nel 1958 ai 23 di dieci anni dopo.

Nel deposito in via Coghetti

Questa politica si ripercuoterà inevitabilmente sull’ampliamento del debito pubblico nazionale e sull’aumento della congestione del traffico stradale, rendendo il mezzo pubblico sempre meno attraente agli occhi degli utenti, dato che la qualità del servizio offerta non può prescindere dalla situazione territoriale nella quale l’azienda si trova ad operare.

Incrocio di autobus a Porta Nuova negli anni dell’ “autunno caldo” (1968-69)

 

1969: filobus in via Borgo Santa Caterina

 

Via Statuto, 1961

 

Alla torre del Galgario, fine anni Sessanta

Per far fronte alla crisi l’Azienda dei trasporti avvia dei piani per ridurre i costi di gestione: viene così deciso di eliminare i bigliettai. I biglietti devono ora essere acquistati prima di salire a bordo e sui veicoli non si sentirà più echeggiare il familiare invito “Avanti c’è posto!”.

Oltretutto, per fronteggiare la difficile situazione di bilancio il Comune inizia anche a concedere all’Azienda municipalizzata la gestione dei parcheggi cittadini.

IL TRAMONTO DELLA FERROVIA DELLE VALLI… E NON SOLO

La crisi del trasporto pubblico su rotaia si riflette anche sui collegamenti provinciali. Sparisce il vecchio tram di Monza, popolarmente noto come “Gamba de lègn”. Ma la decisione più grave riguarda la chiusura delle Ferrovie delle Valli decretata nel 1967, il cui servizio viene totalmente rimpiazzato dai bus delle autolinee (parzialmente attivo già da una decina d’anni): la grave crisi della viabilità lungo le Valli risale, per buona parte, a quello stop ai “trenini”.

Fine anni Cinquanta e inizio anni Sessanta: sullo sfondo una delle locomotive della Ferrovia della Val Brembana, in primo piano un’elegante corriera diretta a Foppolo

AGLI ALBORI DEGLI ANNI SETTANTA TRA CITTA’ E PERIFERIA

Alla fine degli anni Sessanta anche i nuovi quartieri confinati in periferia vengono raggiunti dalla continua espansione a fasce concentriche attorno ai colli della Città Alta, e la forma urbana diventa, come afferma Vanni Zanella,  “sempre più complessa e inafferrabile” rivelando “i sintomi di un incoerente addensamento metropolitano”.

A nord di Bergamo Alta, oltre le mura veneziane

 

L’incrocio più centrale della città

Se fino a quel momento la città è cresciuta aggiungendo sempre nuovi spazi urbanizzati da destinare alla residenza, all’industria e in quota minore anche alle attività commerciali, qualcosa comincia a cambiare e la città, pur continuando a costruire, inizia a rinnovarsi: accanto al centro cittadino novecentesco – con la sua concentrazione di uffici pubblici, banche e studi professionali – si sviluppa una rete capillare di esercizi commerciali di grande pregio. Allo stesso tempo, le vie storiche di penetrazione alla città, concentrano su di esse la quasi totalità dell’offerta commerciale per le aree periferiche, che ne sono sprovviste.

Via XX Settembre

 

Dopo vivacissime polemiche e interventi dell’autorità giudiziaria, ecco, tra via S. Orsola e passaggio Mario Zeduri alcuni addetti dell’ATB intenti a rimuovere (o a sigillare?) i parchimetri, fra i primi installati in città

 

Nell’agosto del 1987, dopo la chiusura al traffico di via XX Settembre, verrà vietata la sosta alle auto e alle moto. E la via diventerà sempre più la zona dello “struscio” e dello shopping

Come accade in altre realtà urbane della Lombardia, anche Bergamo comincia a mutare il proprio ruolo e le proprie funzioni alla scala territoriale: le industrie, costantemente alla ricerca di nuovi spazi, preferiscono uscire dalla città e insediarsi ai suoi margini o presso i comuni limitrofi, laddove l’acquisto dei terreni risulta più economico e la disponibilità di spazio garantisce la possibilità di future espansioni e la realizzazione di servizi a favore dell’utenza e dei lavoratori.

Un pullman ATB degli anni ’70 (Archivio ATB di Bergamo)

Pertanto cresce il numero degli edifici e delle fabbriche abbandonate, spesso di grandi dimensioni e a pochi passi dal centro, che restano in attesa di una nuova ridefinizione progettuale affinché possano assumere un nuovo ruolo all’interno della città.

L’incrocio di via Broseta con via Palma il Vecchio e via Nullo con lo stabilimento Gioachino Zopfi e il caratteristico edificio tondeggiante sede di una fabbrica di giocattoli chiusa negli anni Cinquanta. Oggi su questi stessi luoghi sorge il tanto discusso Triangolo

 

Anche il successivo Piano Regolatore, redatto da Astengo e Dodi per gli anni Settanta, conferma la centralità di Bergamo come polo terziario e direzionale e Dalmine (nella foto) come centro industriale, mentre Torre de Roveri, con 45 mila abitanti e Villa d’Almé con i suoi 15 mila, vengono indicate come città-nuove destinate alla residenza. Il tracciato della Dalmine-Villa d’Almè è già contenuto nel Piano Muzio-Morini (archivio storico Fondazione Dalmine)

In periferia, a volte in mezzo a campagne ancora coltivate, sorgono i primi grandi centri commerciali, posti lungo le più importanti vie di comunicazione:  la Città Mercato di via Carducci, seguita da “Città Convenienza” e dal cosiddetto ”Pantheon” alla Celadina: il loro raggiungimento comporta un utilizzo sempre più diffuso dell’automobile, ribaltando tutte le consuetudini di vita praticate dagli abitanti della città del passato, mentre la città non smette di crescere e di espandersi, compressa entro i limiti fisici del piccolo territorio comunale.

L’intera corona della città è interessata dalla presenza di questi grandi contenitori per il commercio, ai quali molto spesso si affiancano altre strutture con funzioni diverse, come ad esempio le multisala cinematografiche, oppure gli spazi dedicati a singole attività commerciali specializzate

 

Il Teatro Sociale prima dei lavori di ristrutturazione. Accanto agli edifici industriali dismessi esistono altri “contenitori” che attendono utilizzi consoni alla loro importanza storica gran parte dei quali ubicati nell’antico cuore di Bergamo: la Città Alta, che ha vissuto nel corso del secolo il progressivo trasferimento di funzioni oggi destinate alla Città Bassa

 

Tra il 1975 e il 1980 si realizza , sul grande asse di circonvallazione interno, a ovest del centro urbano, il grande quartiere residenziale, progettato dagli architetti Gambirasio e Zenoni su un’area della periferia intermedia ancora inedificata

 

I Colli, protetti dalla legge del cinquantesimo, sono ribaditi, oggi più che mai, quale sede di residenze di pregio, immerse in un paesaggio ameno

ADDIO VECCHIO MONDO

Nonostante i filobus siano ormai quasi del tutto soppressi a favore degli autobus, Bergamo non vi rinuncia del tutto e nel 1975 ne acquista alcuni, che vengono rimessi in servizio per qualche anno ancora, Ma nel 1978 viene chiusa anche l’ultima linea filoviaria rimasta attiva la 2.

L’anno successivo l’azienda dei trasporti, pur rimanendo municipalizzata, cambia il nome in ATB: Azienda Trasporti Bergamo.

La sede dell’ATB in via Coghetti

Ma l’automobile ha innescato grandi cambiamenti anche per la funicolare di San Vigilio, che rimasta immutata sin dal 1912, anno della sua entrata in servizio, vede ridursi radicalmente il numero dei passeggeri mandando in crisi il già stentato servizio fino ad allora utilizzato solo da qualche anziano abitante dei Colli e dai turisti.

La funicolare per San Vigilio

Bloccato il 26 marzo 1976, l’impianto viene totalmente abbandonato, tanto che il grazioso edificio della stazione superiore, dopo ripetuti atti di vandalismo, nel 1983 viene distrutto da un incendio e il servizio è sostituito da autobus lasciando irrealizzata la ventilata opzione della cremagliera. Bisogna attendere il 1987 per l’avvio dei lavori di ristrutturazione che conclusi nel febbraio del 1991 hanno mutato radicalmente il volto dell’impianto.

I lavori di ripristino dell’impianto della funicolare per San Vigilio nel 1987

LA NUOVA SEDE DELL’ATB

Nel 1998, un anno dopo i festeggiamenti per i novant’anni dell’Azienda, ATB abbandona la sede di Via Coghetti per trasferirsi nel nuovo complesso di via Monte Gleno progettato dall’architetto Attilio Pizzigoni e dall’ingegner Carlo Alberto Von Wunster ed ospitando gli uffici, la direzione, l’officina, il lavaggio, la mensa per i dipendenti, i magazzini e un grande deposito per gli autobus. Vent’anni dopo, 1° luglio 1999, per garantire un’offerta di qualità sempre maggiore e dare uno stimolo al settore del trasporto pubblico, la municipalizzata ATB si trasformerà in una Società per Azioni.

Ancora sul finire del Novecento, nonostante la forte crescita la Città Bassa si è mantenuta capace di mantenere una buona cultura del costruire e una diffusa consapevolezza della civiltà dell’abitare, tanto da meritarsi una favorevole citazione da “Le Monde” nell’85  e da essere citata l’anno seguente dal ministro della cultura francese quale esempio di corretta manutenzione urbana

Il resto è storia recente (7).

Note

(1) Lo studio del primo piano regolatore generale viene avviato dopo la seconda guerra mondiale, basandosi sulla legge urbanistica 17 agosto 1942. n. 1150. Il piano è studiato con la consulenza del prof. Muzio ed è redatto dall’arch. Morini con la collaborazione dell’arch. Nestorio Sacchi. Tale piano viene adottato dal Consiglio comunale di Bergamo con deliberazione del 10 febbraio 1951 e approvato dal Capo dello stato il 23 gennaio 1956. La revisione al PRG è quella degli anni 1961-1964. Secondo il PRG Muzio-Morini, le future espansioni avrebbero dovuto essere decise e pianifcate solo in base ai criteri dell’azzonamento (distinzione ordinata e ripartizione dei luoghi di lavoro, di ricreazione, di residenza creando così una forma estetica strutturata ed organizzata evitando così un accrescimento indifferenziato della città), basando le zone residenziali sulla previsione trentennale di 180.000 abitanti nel 1981 (contro i 108 mila esistenti all’epoca dell’estensione del piano) di cui 10 mila avrebbero potuto essere assorbiti dalla città esistente, mentre i successivi 65 mila dovevano essere collocati, da un lato in nuovi quartieri di espansione e, in parte, nella saturazione di quelli esistenti completandoli in modo ordinato.

(2) Il Primo concorso della ferrovia è bandito nel 1945 (si veda: Enrico Peressutti, Concorso per la sistemazione del Piazzale della Stazione di Bergamo, in Metron, n. 23-24, 1948). Nel PRG Muzio-Morini, il previsto sovrappasso su via Roma, in corrispondenza della stazione, avrebbe dovuto costituirsi come perno lungo il quale stabilire la nuova sistemazione residenziale a sud della città, fra la ferrovia e l’aeroporto di Orio al Serio. Era prevista al contempo la realizzazione di un sottopassaggio sull’asse via Giorgio Paglia, avente la funzione di collegare la città con lo scalo merci. La prosecuzione del viale Roma verso sud oltre la ferrovia non venne realizzata, così come il previsto sviluppo dell’abitato verso Orio al Serio. Il previsto collettore a sud della ferrovia, che avrebbe dovuto congiungere le provenienze da Lecco, Milano, Treviglio con quelle dalle Valli Brembana e Seriana e da Brescia, venne realizzato solo in parte, dall’ingresso autostradale sino a settentrione del cimitero urbano.

(3)  A tale proposito si veda: Il concorso sull’area dell’ex-Ospedale di San Marco a Bergamo, in Urbanistica, n. 1, 1948.

(4) Nestorio Sacchi, Un segnale di gusto. La Rivista di Bergamo, dicembre 1953.

(5) Di tutte le zone industriali previste (a Petosino, Valtesse, a sud-est di Redona, a ovest di Seriate, a sud di Colognola, a ovest della provinciale per Milano verso Lallio), prende corpo solo la zona industriale a sud di Colognola.

(6) Va ricordato che sulla rete filoviaria, prima della soppressione, fu provato anche un Volvo B59 Mauri Ansaldo, matr. 1001, della rete di Rimini. Non fu l’unico filobus, furono provati anche un Fiat 668 AERFER dell’ATAN di Napoli, un Fiat 2401 e un Alfa Romeo 910AF Pistoiesi.

(7) Tra i fatti rilevanti che hanno caratterizzato l’attività del Gruppo ATB nel nuovo millennio, un ruolo centrale assume l’estensione del servizio di trasporto pubblico locale, dal 1 gennaio 2005, nei 28 Comuni della cosiddetta “area urbana” di Bergamo. Recentemente, attraverso la Società TEB (Tramvie Elettriche Bergamasche) ATB partecipa alla realizzazione della rete tranviaria. Il 9 ottobre 2006 ATB è protagonista di un’altra importante innovazione: il Consiglio Comunale di Bergamo affida all’Azienda anche le funzioni di Agenzia della Mobilità. ATB si presenta oggi come una realtà articolata che, partendo dal settore centrale del trasporto pubblico locale, ha assunto il profilo di un soggetto in grado di operare, integrandoli, nei diversi campi della mobilità.

Riferimenti principali

Graziola G Zaninelli S. “Il trasporto pubblico a Bergamo. ATB 1907-1997” Giuffrè Editore Milano Opuscolo edito da ATB per il centenario.

“Il Novecento a Bergamo – Cronache di un secolo”. Di Pilade Frattini e Renato Ravanelli. A cura di Ornella Bramani – Vol. II. UTET. Anno 2013.

“Hinterland” numero 25, marzo 1983.