Giungendo dalla Corsarola, lo scorcio sulla facciata di Palazzo Nuovo appare come una quinta luminosa messa lì a chiudere il suggestivo rettangolo di Piazza Vecchia.
Il portico corposo, dal tono ancora cinquecentesco e ingentilito dalle semicolonne toscane, dona a questo lato della piazza – il meglio illuminato – un forte accento chiaroscurale.
Dentro la piazza lo sguardo può spaziare sino a lambire i fronti variopinti della Cappella Colleoni e della Basilica di Santa Maria Maggiore e da lì fissarsi sul candore di Palazzo Nuovo, inserito armoniosamente in un ambiente che nei secoli si era arricchito di una straordinaria policromia.
Concepito come nuovo palazzo comunale, da fine Seicento e per oltre due secoli fu sede del Municipio; tra Ottocento e Novecento divenne sede del Regio Istituto Tecnico Vittorio Emanuele II nonché del Museo di Scienze Naturali. È solo nel 1668 che i rappresentanti della Città presero definitivamente sede nel Palazzo Nuovo (restandovi fino al 1873), mentre l’inaugurazione ufficiale sarebbe avvenuta nel 1697.
Sul finire dell’800, nella torretta fu sistemata una specola (osservatorio) per le esercitazioni degli studenti dell’Istituto Tecnico.
E’ solo dal 1928, anno del completamento della facciata, che il palazzo è divenuto sede della Bibioteca Civica A. Mai, fondata nella metà del ‘700 e qui definitivamente traslocata dopo aver itinerato a lungo per diverse sedi della città.
Nell’area prescelta per la sua costruzione esisteva già una loggia comunale, la Lodia Nuova (Loggia Nuova), edificata nel 1435 proprio dove oggi sorge il portico di accesso alla biblioteca civica e voluta dai veneziani per ospitare uffici e cariche pubbliche in quanto, già all’inizio del XV secolo, i locali di Palazzo della Ragione non erano più sufficienti per contenerli (1).
La loggia, un porticato coperto ad un piano e rialzato di due gradini, aveva due sale che ospitavano gli uffici della Cancelleria e del Commissario alle provvigioni.
Da quando Bergamo era divenuta Terra di San Marco, il 6 maggio 1428, vi era stato via via uno spostamento delle funzioni pubbliche, dalla Platea Sancti Vincentii (l’attuale Piazza Duomo) alla nuova piazza che si stava delineando fra il Palazzo della Ragione e la via principale (l’attuale Corsarola), che assunse il nome di Piazza Vecchia essendo chiamata Piazza Nuova quella ricavata a ridosso della Cittadella (l’attuale Piazza Lorenzo Mascheroni), nella quale si concentravano i traffici e i commerci.
La delibera della magnifica comunità di edificare la Loggia Nuova dirimpetto al vecchio palazzo comunale, concludeva così a oriente il perimetro del nuovo centro pubblico e istituzionale della città dominata dai Venezia.
Ma in seguito a un rovinoso incendio divampato nel 1453, la struttura venne ricostruita nel 1456 ampliando la pianta originaria nel Regio Nuovo (2), un portico con scala eretto sul lato della chiesa di San Michele all’arco (3), che fungeva da palco per i proclami pubblici e dove venivano affissi anche i nomi dei condannati.
Di tutto ciò non resta alcuna documentazione iconografica ma abbiamo la descrizione del 1516 del veneziano Marcantonio Michiel:
“Un pubblico porticato, una stanza de’ scrivani e ragionati sopra la quale havvi la sala de Conciglio da cui s’esce in sul verrone donde si pubblicano al popolo i nomi dei Magistrati e dei condannati”.
Chiudiamo gli occhi e cerchiamo di immaginare la bellezza del ricco apparato pittorico della Loggia Nuova, con il leone di San Marco e le cinque scene di episodi legati alla storia bergamasca che ne ornavano le volte: “l’imperatore Probo che dà il comando di Bergamo a Crotaccio, le nozze di Santa Grata, l’episodio tragico di Antonio Bonga, l’incontro tra il vescovo Adalberto e l’imperatore Berengario, le battaglie del condottiero Bartolomeo Colleoni e figure di illustri bergamaschi tra cui quella di Alberico da Rosciate …e gli stemmi veneziani dei Rettori Antonio Erizzo e Lorenzo Venier tra il 1483 e 1485 dipinti da Giacomo Scanardi” ed altre varie oltre a decorazioni (4).
Le stesse funzioni della loggia porticata saranno poi assorbite dal nuovo palazzo posto dirimpetto al vecchio Palatium Comunis (il Palazzo della Ragione), edificato proprio in seguito alla demolizione della quattrocentesca Loggia Nuova.
Un edificio che nel corso del tempo è stato oggetto di svariate destinazioni fino a divenire dal 1928 la sede all’attuale della Bibioteca Civica, qui traslocata dal Palazzo della Ragione.
UNA TRAVAGLIATA VICENDA COSTRUTTIVA
La decisione di costruire un nuovo e più grande edificio che ospitasse tutti gli uffici e le cariche pubbliche, diede avvio ad un travaglio progettuale e costruttivo della durata di ben 350 anni, nel corso dei quali esso venne completato a più riprese: dai disegni dell’arch. Vannone realizzati nel 1593, alla posa della prima pietra nel 1604, al completato nella monumentale facciata in marmo bianco di Zandobbio nel 1927 sino alla posa delle sei statue collocate sulle trabeazioni a metà Novecento.
Un lungo periodo, emblematico della dimensione culturale che si respirava in città, riconducibile alle velleità estetiche della committenza (il Comune), che intraprese una vera e propria battaglia nella scelta dei professionisti cui affidare la progettazione dell’opera.
Ce ne volle di tempo per giungere alla nomina dell’architetto Vincenzo Scamozzi (5), e questa vitalità la si riscontra anche nella progettualità emersa in quegli anni nonché nella scelta dei materiali.
Persino la mancanza dei fondi necessari per l’avanzamento dei lavori, rifletteva il fermento della Bergamo di allora.
Per la prima porzione del nuovo edificio comunale nell’aprile del 1593 fu chiamato a Bergamo Andrea Ceresola detto il Vannone, un autentico guru (profumatamente pagato) che al Palazzo Ducale di Genova stava realizzando uno dei primi esempi delle tipiche costruzioni a loggiati. In quell’anno egli progettò l’arioso portico d’accesso di Palazzo Nuovo, i cui disegni sono andati perduti. Nel 1599 vennero messe le fondamenta.
Poco dopo l’avvio dei lavori, il progetto del Vannone venne messo in discussione dalla committenza, probabilmente per motivi stilistici.
Nel 1604 fu posta la prima pietra e iniziata la costruzione del portico (partendo dall’angolo verso via Gombito), concepito probabilmente secondo i disegni dell’architetto e cartografo Pietro Ragnolo di Vall’Alta di Albino, che controllava lo stato di avanzamento dei lavori avendo già al suo attivo importanti realizzazioni come la Chiesa delle Benedettine di Santa Grata in via Arena.
L’insigne edificio cittadino venne ridisegnato nel 1611 dall’architetto Vincenzo Scamozzi – allievo del Palladio -, che propose un edificio imponente.
I disegni dello Scamozzi (Vicenza 1552-Venezia 1616), conservati nella biblioteca, immaginavano un edificio con un fronte a due ordini più un ammezzato e due ali interne più basse, attorno a un cortile rettangolare con portico su quattro lati; nella pianta del piano terra, rigorosamente simmetrica, erano previste due scale ai lati dell’atrio passante e due scale ai lati del cortile; nel fronte sopra il portico il motivo dominante era costituito da tre serliane centrali.
Del progetto scamozziano venne realizzato solo per il corpo principale, ma con notevoli modifiche specialmente riguardo allo sviluppo delle scale e a causa dell’innesto settecentesco della chiesa di S. Michele ricostruita (6).
Dunque, si costruì la parte centrale dell’edificio, ma la facciata rimase incompleta.
Il 20 giugno 1614, alla prima porzione del Palazzo Nuovo fu messo il tetto, un primo blocco che comprendeva le tre arcate con i locali affrescati, la sala del Consiglio Minore, l’ufficio e l’abitazione riservati al cancelliere.
Alla fine del 1600, terminato al rustico tutto il fronte, fu iniziato un rivestimento marmoreo partendo dallo spigolo ovest (quello rivolto verso via Colleoni) con due ordini sormontati da una balaustra con statue.
Nel 1954 Nestorio Sacchi scriveva che “Fino a ventisei anni fa la parte superiore della facciata era ancora allo stato rustico, e tale ce la ricordiamo quando fanciulli rincorrevano i piccioni attorno alla fontana del Contarini, mentre sedute sui gradini del portico del Palazzo, allora adibito a sede dell’Istituto Tecnico, le macchiette caratteristiche di Città Alta si godevano il tepore del sole scambiandosi lazzi e osservando con compunzione l’andirivieni affacendato di Corsarola” (7).
L’incarico di studiare il completamento della facciata fu affidato nel 1919 a Ernesto Pirovano (Milano 1866-1934), il progettista il Cimitero Monumentale di Bergamo. In quegli anni, sotto l’impulso dell’assessore alla Cultura Caversazzi venivano compiuti in città numerosi interventi di restauro.
Dei cinque progetti del Pirovano fu scelto quello che più si avvicinava al disegno scamozziano, con variazioni dovute al mutamento già avvenuto nelle dimensioni interne.
Nel 1927 Pirovano completava finalmente il rivestimento della monumentale facciata in marmo bianco di Zandobbio. La fabbrica di Palazzo Nuovo attendeva ora di poter chiudere definitivamente il lungo ed estenuante capitolo iniziato tre secoli addietro.
Con il completamento della facciata nel 1927, vennero rimosse anche le tre statue collocate a fine Seicento sulla parte terminale del fabbricato, eliminando la vistosa traccia dell’intervento barocco.
E il secolare cantiere si chiuse. Si chiuse finalmente nel 1958, con la posa sopra le finestre del piano nobile delle sei statue previste dallo Scamozzi a completamento della facciata.
Sulla base dei pilastri angolari della facciata vi erano incise le date salienti della costruzione del Palazzo con i nomi dei relativi podestà e dei capitani veneti che reggevano Bergamo e il suo territorio. Le scritte vennero abrase dai Cisalpini nel 1797 ma furono fatte nuovamente incidere nel 1930 dall’allora direttore della Biblioteca, monsignor Giuseppe Locatelli.
In realtà il progetto scamozziano prevedeva la realizzazione di altre statue da collocarsi sulla facciata e a questo proposito Nestorio Sacchi scrisse che alcune di esse, “già da anni eseguite, giacciono malinconicamente in un cortiletto retrostante il Palazzo, in un mare di muschio e di solitudine, ed attendono il giorno in cui potranno, sulle finestre della facciata, godersi il sole di Piazza Vecchia ed i voli dei colombi”.
Tali aggiunte non vennero mai realizzate ma si vocifera da tempo che una delle statue realizzate per Palazzo Nuovo venne recuperata dai magazzini comunali e reimpiegata per comporre la fontana che si trova attualmente accanto all’ingresso della Sala Viscontea, nel passaggio tra Colle Aperto e la Cittadella.
Si tratta della statua seicentesca di Ercole con il leone di Nemea, sistemata nel 1932 a ridosso del muro che univa la torre Adalberto ad una cabina elettrica.
Con il restauro della Cittadella intorno agli anni Sessanta, quel muro fu abbattuto per opera dell’architetto Sandro Angelini, che fece trasferire la statua di Ercole nel passaggio Torre di Adalberto (ricavato tra Colle Aperto e la Cittadella) dove risiede a tutt’oggi in continuità con le memorie storiche ed architettoniche fra le più significative di questa parte della città.
NOTE
(1) La loggia edificata nel 1435 era “destinata alle attività della Bina, il consiglio minore. Il consiglio maggiore continuò ad esercitare le sue funzioni nel Palazzo della Ragione sul cui fronte fu collocata nel 1464 la targa raffigurante il doge Foscari inginocchiato davanti al leone dorato su sfondo azzurro”. (Andreina Franco Loiri, ….).
(2) In sostituzione del regio vecchio posto su Piazza Duomo. Le stesse denominazioni di Loggia Nuova e di Regio Nuovo sostituiscono infatti due edifici di egual funzione esistenti tra la Basilica di Santa Maria e il Palazzo della Ragione.
(3) “Questa modifica alla pianta originaria portò ad occupare parte delle pertinenze della chiesa di San Michele all’arco (1436, 1453 e 1498) e le vicine case private dei Licini che, con l’osteria ‘La Corona’, erano già stati acquistati dal Comune nel 1579 per ospitarvi il Monte della Pietà ed i magazzini del Monte dell’Abbondanza” (…) “creati rispettivamente nel 1557 e nel 1539 erano stati fino ad allora attivi in altri locali, in cui si versava un canone d’affitto” (Tosca Rossi, Bergamo urbs picta. le facciate dipinte di Bergamo tra XV e XVII secolo. Ikonos srl Treviolo, 2009).
(4) Tosca Rossi, ibidem.
(5) “Dopo Vannone, la committenza interpellò, a più riprese, altri architetti, da Lellio Buzzi, architetto della Fabbrica del Duomo e prescelto dal cardinale Federico Borromeo per il progetto del palazzo della Biblioteca Ambrosiana, ad Antonio Maria Caneva di Porlezza, artefice del progetto della Chiesa di San Bartolomeo a Bergamo per finire a Pietro Maria Bagnadore di Orzinuovi, architetto, pittore e scultore molto attivo a Brescia. Fino alla nomina che spiazzò tutti, quella dell’architetto vicentino Vincenzo Scamozzi, affermato allievo del Palladio” (Dentro la Biblioteca A. Mai quattro secoli di cultura, cit).
(6) Vanni Zanella, Bergamo Città, 2ª edizione, Azienda Autonoma di Turismo, Bergamo, 1977, pagg. da 76 a 78.
(7) Nestorio Sacchi, Vecchi Palazzi di Bergamo – Palazzo della Civica Biblioteca (da un numero de “La Rivista di Bergamo” del 1954).
FONTI ESSENZIALI
Vanni Zanella, Bergamo Città, 2ª edizione, Azienda Autonoma di Turismo, Bergamo, 1977, pagg. da 76 a 78.
Nestorio Sacchi, Vecchi Palazzi di Bergamo – Palazzo della Civica Biblioteca (da un numero de “La Rivista di Bergamo” del 1954).
Tosca Rossi, Bergamo urbs picta. le facciate dipinte di Bergamo tra XV e XVII secolo. Ikonos srl Treviolo, 2009.
BIBLIOGRAFIA
Sulla secolare vicenda costruttiva del palazzo si vedano S. Angelini, Bergamo: città alta. Una vicenda urbana, con scritti di L. Angelini, W. Barbero, P. Capellini, V. Landolfi, Bergamo, 1989, pp. 20-21 e M.L. Scalvini, G.P. Calza, P. Finardi, Le città nella storia d’Italia. Bergamo, Bari, 1987, pp. 58, 69, 74, 85-87.