L’OSTERIA NELLE MURA
Un paio di secoli fa, quando il “chilometro zero” era ancora di là da venire, dove oggi sorge LOrto sociale di via Tre Armi, sotto la Porta San Giacomo, si andava quasi direttamente dal produttore al consumatore.
Lo stesso contadino che coltivava i vigneti di via Tre Armi aveva avuto l’idea di aprire un’osteria in uno dei sotterranei delle Mura, dove vendeva il vino di sua produzione.
E come LOrto fornisce oggi i suoi prodotti ai chiringuito estivi sugli spalti delle Mura, l’impresa del contadino si dimostrò un successo. Gli avventori affollavano il vano dove il vino veniva spillato in gran quantità direttamente dalle botti.
Tutto si svolgeva al riparo dallo sguardo vigile delle guardie che stazionavano più in là, presso la porta daziaria del Paesetto, nulla potendo contro lo strano via vai che si svolgeva al di là della porta.
Tra solenni bevute, ubriaconi, personaggi d’ogni risma e donne di malaffare, il locale stava creando problemi d’ordine pubblico e la gendarmeria austriaca, che sull’argomento era molto intransigente, decise di chiudere l’improvvisata vineria.
La notizia, scovata in qualche polveroso archivio, fu riportata in auge da Pino Capellini in un articolo dell’ “Eco”, riverberandosi altrove per poi essere dimenticata.
Dove fosse esattamente questa singolare cantina non era dato di sapere, dal momento che nell’Ottocento per costruire il viale e consentire l’utilizzo degli spalti, gli accessi, ch’erano posti a varie altezze della muraglia veneziana, erano stati ostruiti o distrutti e dei sotterranei si era persa la memoria.
Nel frattempo anche i terreni alla base delle mura erano stati modificati.
Ma oltre quarant’anni anni fa, nel corso dei primi sopralluoghi compiuti dalle Nottole in quel misterioso mondo sotterraneo, le lampade svelarono a poco a poco un mondo straordinario: grandiosi vani, lunghi corridoi, cannoniere, sortite.
E fu proprio nel corridoio di una sortita dal lato di via Tre Armi che le lampade illuminarono vecchie damigiane e una tinozza a pezzi: era quello il posto dell’improvvisata rivendita?
Tutto lascia pensare che quegli oggetti fossero stati frettolosamente abbandonati dopo il veto degli Austriaci e che, data la loro collocazione, la singolare enoteca si trovasse nei paraggi.
Dove esattamente?
L’osteria si trovava nella Cannoniera posta nel fianco meridionale della piattaforma di Santa Grata e certamente nei pressi c’era una vigna, nella fossa della Cortina di San Giacomo, in corrispondenza della controscarpa che era stata costruita per proteggere la strada di ronda.
E se è per questo, vigneti sulla collina ce n’erano da sempre, e sovente ritratti nei dipinti antichi.
Le acque per l’irrigazione non mancavano di certo, dal momento che quelle che defluivano dalle sorgenti a monte, arrivavano alle vigne e alle ortaglie attraverso via San Giacomo e le Mura. Acque talmente abbondanti da richiedere la costruzione di una cisterna sotterranea dietro il lato est della Cortina di Porta S. Giacomo.
Ed è probabile che l’esistenza dell’osteria fosse celata in qualche detto popolare, come quel “’nda a dörmi a la cà di balòarcc” (andare a dormire alla casa dei baluardi), quando i cunicoli e gli anfratti venivano utilizzati per ripararsi dalla pioggia e dalla neve o da qualche sbandato come riparo notturno.
Per molto tempo le parti sotterranee delle Mura erano state – forse volutamente – dimenticate e usate come discariche o locali privati, se non addirittura distrutte. Nell’Ottocento una cannoniera celata dietro il fianco nord della Cortina di Santa Grata era stata affittata a un falegname, mentre dal 1789 una sortita del fianco ovest del Baluardo di San Giacomo era affittata agli ortolani sottostanti come deposito.
Fino alla visita degli speleologi il ventre delle mura era dunque un mondo pressoché sconosciuto, dove si avventuravano solo gli addetti alle fognature e agli impianti dell’acquedotto e del metano, che ne avevano utilizzato alcuni cunicoli.
Quando le Nottole (che prima d’allora si erano dedicate solo alle grotte) si infilarono nei chiusini lungo il viale delle Mura calandosi dall’alto per raggiungere le aperture nella muraglia, non si conoscevano né mappe né documenti che potessero fornire indicazioni. E fu proprio grazie a loro che gli esperti e gli studiosi della fortezza poterono ricevere materiale di grande interesse, poi utilizzato per un volume interamente dedicato alle Mura, dato alle stampe nel 1977: basti pensare ai bellissima serie dei disegni di Luca Dell’Olio (68 Tavole), eseguiti fino all’89, composta da accurati rilievi dei sotterranei.
Si constatò così che quasi tutte le strutture ideate dagli architetti di Venezia nella costruzione della cerchia delle mura c’erano ancora, ed era anche possibile visitarne alcune poiché le Nottole si erano assunte l’impegno di accompagnare le scolaresche e le comitive nella Cannoniera di San Michele, allo spalto dell’Acquedotto.
UN CAVEAU NELLE MURA
Prima del loro abbandono, gli ambienti sotterranei delle Mura erano stati oggetto d’interesse nel periodo della guerra, quando si progettavano i rifugi antiaerei della città.
Proprio allora, non molto distante da da LOrto Sociale e da quella che circa un secolo prima era stata un’osteria, negli ambienti della Cannoniera di San Giacomo era stato ricavato un vero e proprio “caveau”, nascosto dietro a una sortita posta ai piedi della monumentale porta di marmo, oggi camuffata da un’anonima porticina metallica grigia.
Secondo alcune notizie scovate in rete, l’ingresso della sortita era stato rinforzato alla fine degli Anni Trenta “con lastre di cemento armato e panelli antischegge per custodire i ‘tesori’ della Banca d’Italia”; tali notizie aggiungono che la struttura non venne mai utilizzata, cioè non racchiuse mai alcun tesoro.
In realtà la cannoniera venne utilizzata, ma non dalla Banca d’Italia (il cui caveau si presume concepito con ogni “garanzia”), bensì dalla Banca Mutua Popolare di Bergamo.
Quest’ultima, il 4 dicembre del 1942 aveva ricevuto dal Municipio (previo benestare della Regia Soprintendenza ai Monumenti) il permesso per poter utilizzare TEMPORANEAMENTE la Cannoniera di San Giacomo come rifugio antiaereo per i valori della banca stessa, per la durata della guerra e per un periodo massimo di quattro anni dalla fine del conflitto.
Pertanto, a partire dal 1942 vennero effettuati tutti i lavori necessari per rendere l’ambiente adatto a ricevere e custodire i beni della banca; lavori che logicamente snaturarono l’originalità della struttura.
La bocca della cannoniera che immette alla galleria di accesso dei sotterranei, sul lato interno delle mura, venne chiusa con uno spesso muro di cemento armato, ricavando un’apertura più stretta (sbarrata poi con una porta metallica) per poter accedere al ricovero;
nella sala di manovra fu creata un’intercapedine in muratura per limitare l’umidità e vennero realizzati l’impianto elettrico e quello di ventilazione forzata.
Non ci credete? Questa fotografia ne è la prova.
Riferimenti
Pino Capellini, L’Eco di Bergamo, domenica 2 agosto 2012.