Se volessimo rintracciare il primo cinematografo di Bergamo, dovremmo aggirarci fra le tresande dell’antica Fiera durante il periodo della festa patronale: è qui che nel 1896 compare per la prima volta fra le tende sistemate ai lati della Fiera.
Ed è proprio in questo spazio, punto di confluenza della maggioranza dei “forestieri”, che dalla fine del Settecento, ma ancor di più durante l’Ottocento, al teatro “regolare” (le stagioni operistiche estive e gli spettacoli delle compagnie di attori professionisti) si affianca quello “minore” composto dai teatri dei burattini, presenti insieme ad acrobati, ciarlatani, ammaestratori di animali, giostre ed ambulanti con i loro apparecchi proto-cinematografici.
E se nel 1864, per la Fiera di Sant’Alessandro arriva a Bergamo il “Salon Parisien”, un’incantevole esposizione d’immagini stereoscopiche delle località più note del mondo (vedute della Torre di Pisa e della Marina di Capri), è nel 1895 che approda alla Fiera il “Teatro Ottico”, nel quale “piccoli fantocci agiscono per mezzo d’illusioni ottiche”. I visitatori si commuovono alla piagnucolosa vicenda del povero Pierrot, il quale, nel volgere di dieci minuti – tanto dura la proiezione del nastro -, viene respinto da Colombina e preso a bastonate da Arlecchino (1).
Nel grande recinto della Fiera il pubblico s’incanta anche davanti alla “lanterna magica”, alle pantomime delle “ombre cinesi”, agli specchi deformanti, alle marionette meccaniche, al serraglio-acquario, alla donna senza braccia che scrive con la bocca, alla Strabiliante Scoperta Fotografica (lo studio fotografico che fa il ritratto in cinque minuti), alle cuffie auricolari per ascoltare una canzone incisa su di un cilindro e al “gabinetto riservato”, nel quale gli allocchi e i perdigiorno si fanno alleggerire il borsello per poter contemplare nientemeno che alcune immagini invereconde (2).
Non mancano il vitello a due teste, la donna barbuta, il cannibale della foresta e qualche altro specchietto per le allodole (3). E ancora, il Labirinto, l’Esposizione Mondiale, l’Oracolo, il Bersaglio Umoristico Meccanico, il Teatro Egiziano, il Tiro ad anelli, il padiglione della Divina Commedia (4).
E così, anche il primo antidiluviano cinematografo si annuncia come fenomeno “fieraiolo”, facendo la sua prima comparsa, nella nostra città, il 25 agosto 1896, a pochi mesi dalla scoperta dei fratelli Lumière, avvenuta il 28 dicembre 1895 a Parigi (in realtà, sulla questione si intrecciò una polemica, che si risolse in parità tra i fratelli Lumière e Edison). Fra le tante tende sistemate ai lati della Fiera, una inalberava il gran nome: ‘Cinematografo’. Era un padiglione modesto, impiantato da certo Gambari; lo spettacolo comprendeva dodici “vedute” (cioè dodici brevi film) che presumibilmente erano costituite dai primissimi film dei Lumière e da alcune riprese ‘dal vero’ dei pionieri italiani Calcina e Pacchioni (6).
Le “vedute” interessarono enormemente il semplice pubblico della Fiera e il Cinematografo fece un pienone ogni giorno. “Ci si estasiava al treno che entrava in stazione muovendo ruote e stantuffi: sembrava di averlo davanti, anzi c’era chi si scostava per non farsi investire! Quel pubblico poi apprezzava il movimento degli operai e delle operaie che uscivano da una fabbrica, si divertiva a vedere bambini giocare in un prato, rideva a crepapelle alle disavventure di un giardiniere che innaffiava i fiori e restava vittima dello scherzo di un monello. Il ragazzino interrompeva il getto d’acqua mettendo un piede sul tubo di gomma e, quando il giardiniere guardava dentro l’imboccatura per rendersi conto del supposto guasto, toglieva di colpo il piede e il getto d’acqua inondava il viso del malcapitato”(7).
Lo spettacolo durava “venticinque minuti. Le pellicole erano lunghe sedici metri ciascuna per una proiezione di due minuti. Un intervallo, al termine dello spettacolo, permetteva all’operatore-proprietario di riposarsi il braccio che faceva girare la manovella, di vuotare il locale e richiamare a gran voce, assistito da un aiutante, nuovo pubblico”. Il classico ‘Venghino, venghino signore e signori, l’ultima meraviglia del secolo. Non potrete dimenticare il cinematografo, nuova sbalorditiva invenzione scientifica! Fotografie in movimento, grandiose vedute di vita reale, scene magiche che danno l’impressione del vero!” (8).
Non mancavano però anche coloro che non si entusiasmarono per niente, riscontrando nel nuovo ritrovato nessuna differenza sostanziale dagli altri strombazzati e frequentati spettacoli della Fiera.
In quei primi anni del Novecento i cinematografi diventarono sempre più numerosi (il “Novecento a Bergamo” cita per esempio, l’Ideal e il Museo) e le proiezioni non avvenivano più soltanto in tempo di fiera e in Piazza Baroni.
IL PADIGLIONE DEL CINEMATOGRAFO FRANZ KUHLMANN E GLI ALTRI
Fra coloro che in particolare imposero il cinematografo a Bergamo, un ruolo di rilievo spetta a un tedesco, Franz Kuhlmann, un intraprendente impresario nomade, presente annualmente in Fiera almeno dall’anno 1900.
Prima dell’invenzione dei Lumière portava in giro per il Nord Italia serragli e giocolieri, ma seppe adeguarsi ai tempi: stabilitosi a Monza con la sua famiglia, investì i suoi risparmi in un grande telone smontabile, in una macchina da proiezione e nell’acquisto di tutti i film che poté reperire, specialmente sul mercato francese; poi si mise a girare per fiere, trovando in quella di Bergamo una delle piazze più proficue.
Kullmann, un omone imponente dai capelli rossi, con una pittoresca uniforme, redingote e tanto di cilindro, si presentava già all’esterno con un grande, meraviglioso organo meccanico, a cartoni forati, che riproduceva gli strumenti dell’orchestra (9). Nei paesi anglosassoni, in effetti, gli organi erano di gran moda nell’intrattenere gli spettatori durante gli intervalli e nel commentare le proiezioni.
Secondo le parole di un testimone, Luigi Caglio, questo organo “deliziava orecchi e vista del pubblico con una sequela doviziosa di musiche e con tutta una struttura e un’ornamentazione piuttosto pletoriche che facevano sgranare tanto d’occhi per lo stupore. In quei tempi i concerti della banda non erano frequentati e non c’era la radio che oggidì appaga ad esuberanza i bisogni dei musicofili. L’organo dei signori Kullmann era quindi una manna per gli amici della musica squattrinati, e per di più offriva il commento visivo dei motivi che diffondeva sulla piazza grazie al movimento della statuina che faceva tinnire un campanello o dei tamburini che a tratti sottolineavano coi loro movimenti lo scandire dei ritmi”.
La statuina che dominava tutte le altre era quella del direttore d’orchestra (10).
Adulti e ragazzini stavano ad osservarlo per ore prima che Herr Kuhlmann riuscisse a muoverli e a farli entrare sotto il tendone. Prima delle proiezioni chiamava il pubblico a gran voce e a proiezione iniziata annunciava i titoli dei film e ne spiegava il contenuto.
Il Cinematografo Kuhlmann era uno spettacolo nello spettacolo. Nonostante il fracasso infernale, la macchina a vapore che produceva l’energia elettrica per l’illuminazione e la proiezione brillava ai riflessi del sole e della luna, la cassa era luccicante di lustrini e nel bel mezzo vi troneggiava la moglie di Franz Kuhlmann. Per attirare maggiormente gli spettatori si fece ricorso anche all’esposizione di pupazzi di gomma riempiti d’aria, che si libravano nel cielo sopra il tendone, nonché di complicate macchine automatiche, a forma di locomotiva, per distribuire arachidi. Era un impianto ricco e costoso, di conseguenza i prezzi d’ingresso erano un po’ salati.
I primi posti, in fondo al tendone con seggiole mobili, costavano sessanta centesimi; i secondi, nel mezzo, con panche rivestite di velluto, quaranta; i terzi, sotto lo schermo e con nude panche, venti. Nonostante i prezzi il Cinematografo Kuhlmann mantenne sempre la supremazia sugli altri imprenditori del settore presenti negli anni sulla piazza a Bergamo. Questo soprattutto perché, come sosteneva la pubblicità, era il più perfezionato “per la naturalezza delle proiezioni”; l’unico che poteva “disporre di pellicole fino a 250 metri di lunghezza”.
Tra i titoli in proiezione: Nel fondo dell’oceano, Don Chisciotte della Mancia, Cent’anni di sonno, Ladri moderni….e offriva anche “proiezioni di attualità con gli ultimi avvenimenti e fatti del giorno, tra cui alcuni magnifici episodi della guerra russo-giapponese”.
Eccezionale una serata nel 1905, quando, oltre a varie proiezioni, il Cinematografo Kuhlmann mostrò “Un dramma dello sciopero, una splendida proiezione, tratta dalla vita sociale, divisa in sei quadri: 1) l’eroina; 2) il gabinetto del direttore della fabbrica; 3) tumulto e uccisione del padrone; 4) l’arresto del colpevole; 5) alla Corte d’Assise; 6) l’avvenire: davanti all’altare della pace il capitale e il lavoro si trovano uniti” (11).
Luigi Pelandi lo ricordava ancora attivo in Fiera nel settembre del 1909, quando assistette ad una “grandiosa” serata cinematografica a totale beneficio dell’Associazione Studentesca “Pro Italia irredenta”, nonché a due novità: “Gli ultimi scavi di Pompei” e “Torquato Tasso” (12).
In quei primi anni del Novecento, fra i concorrenti di Franz Kuhlmann un posto di primo piano fu occupato da Filippo Leilich, che in Piazza Baroni portò il suo Cinematografo Edison. Egli, per combattere la concorrenza del più fastoso Kuhlmann offriva un programma allettante comprendente proiezioni colorate (i singoli fotogrammi venivano colorati uno per uno da esperti e pazienti pennelli) ed altre novità di richiamo, come la proiezione di un film con una vera trama, Cendrillon (Cenerentola) (13).
Un altro concorrente era il baraccone Zamperla (fondato dal proprietario di un circo minore e diretto dalla vedova, la signora Laura Del Pozzo), che di quando in quando faceva la sua apparizione in Fiera o negl’immediati dintorni, lavorando anche per il Teatro Nuovo. Impresario del settore, lo Zamperla girava le città con un carrozzone, pronto a montare e a smontare i suoi spettacoli; disponeva anche di pellicole pornografiche ufficialmente propagandate come tali. Il baraccone si presentava con un grande organo meccanico tutto luccicante e risonante delle arie operistiche e leggere più in voga. Così era annunciato dalla stampa locale: “È arrivato a Bergamo ed ha piantato le sue tende in Piazza Baroni il Grande Cinematografo Zamperla. Egli ha con sé I’officina elettrica della forza di 40 cavalli e lunedì prossimo inaugurerà un grandioso organo testé arrivato da Parigi…” (14).
Non tutti gli impresari foranei si potevano permettere organi meccanici, qualcuno ricorreva al buon vecchio organetto di Barberia. Come nel caso di quel baraccone (probabilmente il “Cinematografo deal”) di cui parla lo studioso bergamasco Sereno Locatelli Milesi. Non sappiamo, piuttosto, se l’organo serviva anche per le proiezioni (15).
LA SVOLTA
La scoperta e il lancio di queste ”fotografie in movimento” ebbe presto fortuna; il pubblico ormai non si accontentava più delle vecchie lanterne magiche. I giornali cittadini cominciarono a scriverne un po’ più diffusamente nel 1903 (persino a spiegare cos’era il cinema e come funzionava) e fra il 1904 e il 1905, da fenomeno esclusivamente nomade e fieristico, il cinematografo cominciò ad assumere un tono decisamente più ambizioso, a mollare gli ormeggi e ad entrare nei teatri cittadini, seppur associato al varietà, al cabaret e al music-hall.
Entrò dapprima alla palestra dell’attuale Palazzo de’ Tre Passi, poi al “Givoli” di Piazza Baroni (16), al politeama “Novelli” di Viale della Stazione e, con grave disapprovazione dei benpensanti, addirittura (1899) nel nuovissimo “Donizetti”, erede del vetusto ‘Riccardi” (17), dove pare che, inizialmente, la “vergogna modernista” apparisse come una profanazione (18).
Subito dopo, nel teatro Nuovo appena inaugurato (19), dove ebbe una successiva brillante vita grazie al dinamico impresario Pilade Frattini, che diede una patente di nobiltà al cinema avendo compreso che ormai la prosa e gli spettacoli del circo non bastavano più (anche al Nazionale, il caffè-ristorante gestito da Pilade Frattini, nel 1906 arriverà il Cinematografo Ungari, che proietterà “vedute modernissime, riflettenti fatti seri di attualità, educativi, istruttivi, nonché aneddoti umoristici”).
A proiettare film erano gli impresari del settore che giravano le città con confortevoli carrozzoni, pronti a montare e a smontare in teatro i loro impianti. Vanno ricordati in particolare lo Zamperla, il Roatto, i fratelli Marcenaro e il Pettini. Durante gli spettacoli proiettati al Nuovo, i titoli dei film non venivano annunciati, ma il nome dell’impresario sì. E così i manifesti dicevano: ‘Al teatro Nuovo il Cinematografo Roatto’. Alcuni impresari però davano al loro spettacolo il classico nome di fantasia (ad esempio, “Cinematografo Universal”) (20).
Le prime proiezioni erano sistematicamente abbinate a spettacoli di varietà: veniva cioè presentato all’interno dei vari programmi delle sale da spettacolo musical-popolare (come il Politeama Givoli o il Teatro Nuovo), in abbinamento al cabaret e al music-hall. Proprio per le sue modalità di presentazione, il cinema degli inizi è strettamente legato alla musica, che fin dalla fine del secolo scorso è un forte elemento di richiamo (fuori dei baracconi gli impresari nomadi – ad esempio, i già citati Franz Kullmann e Zamperla – collocavano i loro organi meccanici) (21).
La progressiva decadenza della Fiera, sempre più malfamata e fatiscente, portò il cinema in altri teatri: nel marzo del 1908 il glorioso Sociale ospitò proiezioni all’insegna del “Cinematografo Sicsim” (sigla di una compagnia di imprenditori che a maggio assunse il nome di “Cinematografo Excelsior” su iniziativa della società milanese “Industria Cinematografi”). Erano film di prima scelta, proiettati con macchinario d’ultimo modello, perfezionatissimo, veramente importante per la grande fissità delle immagini; eliminando cioè l’inconveniente principale delle proiezioni dell’epoca, il tremolio delle immagini (22).
La stampa locale ammetteva ora – e per motivi a noi noti – che “questo nuovo divertimento, alla portata di tutte le tasche, di tutte le età e condizioni, sostituisce oggi il teatro, specialmente il teatro di prosa”: un processo inesorabile, che diede il via, seppur molto lentamente, alla decadenza dei tipici intrattenimenti popolari (il circo, l’opera, il teatro leggero, ogni forma di spettacolo di piazza).
Fu poi la volta del Rubini, che il 4 agosto 1908 ospitò le proiezioni del “Grandioso Cinematografo Parlante Roosvelt American Cinematograph” (esperimento ante litteram del futuro parlato), che consisteva in un meccanismo che assicurava un approssimativo sincronismo fra proiettore e grammofono (un brevetto del francese Georges Mendel). Non mancava un “grazioso regalo” a tutti i bambini presenti in sala e si permetteva di assistere a più rappresentazioni ”senza ulteriore pagamento. I prezzi: sessanta centesimi in platea; cinquanta nella prima loggia; trenta nella seconda. Molto pubblicizzato il film “dal vero”: Due chinesi a Bergamo. Visitano le nostre antichità e fanno colazione all’hotel Moderno, un film girato in città da Giovanni Vitrotti, il miglior operatore dell’Amrosio di Torino.
Il cinema arrivò quindi nel retro del bar Concordia, sul viale della Stazione, fino al primo locale permanente della città appositamente adibito agli spettacoli cinematografici: il “Cinema-salone Radium” (23).
CINEMA SALONE RADIUM: IL PRIMO VERO CINEMATOGRAFO
Il “Cinema-salone Radium”, inaugurato il 6 maggio 1909, era un capannone in legno “appositamente” costruito da una ditta di Lovere e si trovava all’incirca dove sorge ora il Credito Italiano (piazza Vittorio Veneto), di fronte al boschetto di Santa Marta (24). Era capace di ben 300 posti a sedere.
Decantato da una pubblicità come “il re dei cinematografi” e un “locale di prim’ordine”, era un baraccone tipo saloon da film western, con alcuni gradini da superare, un ballatoio, colonne di legno, con sala d’aspetto e bar. Vi si respirava un’atmosfera da pionieri. La pubblicità informava che il Radium era l’unico a rappresentare “costantemente le prime novità mondiali, morali, istruttive e ricreative” (25), offrendo tutti i lunedì, mercoledì e sabato un cambiamento di programma. Nei giorni feriali le proiezioni andavano dalle 19.30 in avanti, mentre nei giorni festivi iniziavano alle 14.30. L’ideatore del Radium era il vulcanico Pilade Frattini. (26), in quel periodo impresario del Teatro Nuovo e proprietario-mattatore del Caffè Nazionale.
Ma non passò qualche mese che il Radium si trovò ad affrontare la concorrenza di altre due sale cinematografiche: l’Universale, in via Torquato Tasso, e il Cinema Orobico, in piazza Santo Spirito (inaugurato il 23 luglio 1910). Un incendio scoppiato nel marzo 1911 consigliò in gran fretta il trasferimento del Radium in un ambiente in muratura, presso la Società di Mutuo Soccorso. Ma la sala era disagevole e il Radium chiuse il battenti.
Nel ricordo di Luigi Pelandi, al “Radium” si tenevano i maggiori comizi sovversivi capitanati dal gruppo Rocchi, Piccinini, Marcassoli e che durante una mattinata domenicale Filippo Corridoni, presentato da Alfonso Vajana, vi tenne un comizio. Pelandi ricorda anche alcune proiezioni (“La maschera di ferro”, “I misteri di Parigi”, il colossale film “La mano nera”, che ottenne un successo strepitoso) e il prezzo d’ingresso: trenta centesimi per i primi posti (sedie) e venti per i secondi (panche); i manifesti apposti sulla porta a vetri avvertivano che “i militari di bassa forza” e i bambini pagavano la metà (27).
LE PRIME PROIEZIONI: IL CINEMA E’ ABBINATO AGLI SPETTACOLI “NAZIONAL-POPOLARI” E ALLA MUSICA
Anche al “Radium”, così come nei teatri “minori” le proiezioni erano sistematicamente abbinate a spettacoli di varietà, caratteristica fissa del “Radium”, dove sfilavano i più tipici rappresentanti del café-chantant: i loro “numeri” erano talmente apprezzati che il più delle volte il locale faceva la pubblicità non ai film, ma agli ‘intermezzi di varietà’ (28). Anche Umberto Zanetti conferma che al “Radium” le varie sequenze erano accompagnate e commentate da un pianoforte suonato da Pietro Airoldi, uno dei proprietari del locale (29).
Talvolta erano invece i burattini a gareggiare con le attrattive dello schermo, come nel settembre 1899 alla Scuola dei Tre Passi di Via Torquato Tasso, con un “Concerto musicale, cinematografico e trattenimento burattini”; e come nel 1909 al Caffe Concordia sul Viale della Stazione, che per tutto l’anno, sotto l’etichetta “Cinematografo e Fantocci”, proponeva spettacoli gioppinori nutriti di proiezioni di film. Mentre di questi ultimi non erano mai annunciati i titoli, degli spettacoli delle “teste di legno” figuravano sempre, ed assai circostanziati, titoli e sommari (dove Gioppino vi faceva la parte del leone: La caccia di Luigi XI con Gioppino soldato valoroso; i fulmini di Giove ovvero il debito dei’ generale, con Gioppino sentinella; i quattro simili con Gioppino servo; Le risorse per non lavorare, ossia Gioppino finto Sansone; e simili).
Decisamente più bizzarri gli abbinamenti fra il cinema e i fuochi d’artificio (come avvenne il 15 settembre 1899 nel recinto della Fiera, in occasione della ricorrenza del santo patrono), e fra il cinema e la gastronomia. Come avvenne il 4 giugno 1911 nel Salone dell‘Albergo Moderno, in cui si offriva al prezzo di lire 4 tutto compreso una ‘Festa delle rose’ con concerto, film e pranzo, con un menu tutto dedicato alle rose: Potage Rosa Gloria di Bergamo – Controfiletto di bue alla Rosa Eglantine – Polli novelli alla Rosa Lombarda – Insalatina alla Rosa d’Italia – Fragole alla Rosa Rosarum, con biscottini, più mezza bottiglia di Cimarone e mezza bottiglia di Champagne (rosé, probabilmente) (30).
Dopo il Cinema Salone Radium si aprirono a Bergamo altre sale. Nel frattempo era nato il divismo (prima, le produzioni non si allontanavano dal documentarismo) e arrivarono i primi kolossal: da Quo Vadis? (1913) a Cabiria (1914) (31).
Dagli anni Venti, oltre ai teatri votati al cinema sorsero altre sale cinematografiche, molte delle quali accompagnarono per decenni i sogni dei bergamaschi. E lo vedremo nel prossimo post.
Note
(1) Umberto Zanetti, “Bergamo d’una volta”. Ed. Il conventino, 1983.
(2) Umberto Zanetti, “Bergamo d’una volta”. Ibidem.
(3) Umberto Zanetti, “Bergamo d’una volta”. Ibidem.
(4) Ermanno Comuzio, “Giornale di Bergamo” del 17 agosto 1962.
(5) Pilade Frattini e Renato Ravanelli, “Il Novecento a Bergamo – Cronache di un secolo”. A cura di Ornella Bramani – Vol. II. UTET. Anno 2013.
(6) Ermanno Comuzio, “Giornale di Bergamo”. Ibidem.
(7) Ermanno Comuzio, “Giornale di Bergamo”. Ibidem.
(8) Ermanno Comuzio, “Giornale di Bergamo”. Ibidem.
(9) Pilade Frattini e Renato Ravanelli, “Il Novecento a Bergamo – Cronache di un secolo”. Ibidem.
(10) “Giornale di Bergamo”, Bergamo 5 aprile 1970.
(11) Pilade Frattini e Renato Ravanelli, “Il Novecento a Bergamo – Cronache di un secolo”. Ibidem.
(12) Luigi Pelandi, “Attraverso le vie di Bergamo scomparsa. II. La strada Ferdinandea”. Banca Popolare di Bergamo. Co-Editore: Edizioni Bolis. Bergamo, 1963 (Collana di studi bergamaschi).
(13) Pilade Frattini e Renato Ravanelli, “Il Novecento a Bergamo – Cronache di un secolo”. Ibidem.
(14) “L’Eco di Bergamo”, Bergamo 10 luglio 1906.
(15) Musica dentro e attorno le proiezioni degli inizi. Di Ermanno Comuzio (Primavera 1992). In: Immagini note di storia del cinema. Nuova serie N. 20. Associazione Italiana per le Ricerche di Storia del Cinema.
(16) Nel maggio del 1897 si erano avute al Politeama Givoli, in Piazza Baroni rappresentazioni del ‘Reale Cinematografo Lumière’ di proprietà di Giuseppe Filippi, in cui il cinema aveva il compito di concludere lo spettacolo della ‘Compagnia Eccentrica di Varietà’ composta di cantanti, clowns femminili e ‘monologhisti’ (Musica dentro e attorno le proiezioni degli inizi. Di Ermanno Comuzio (Primavera 1992). In: Immagini note di storia del cinema. Nuova serie N. 20. Associazione Italiana per le Ricerche di Storia del Cinema).
(17) Il cinema tornerà poi diverse volte al “Donizetti”, come quando nel 1906 si proiettano pellicole sotto la complicata etichetta di Electro-Chrono-Projecteur; o nel 1907, quando sul telone del teatro si mostrano scene girate a Bergamo, per le strade; o nel 1913 quando si presenta il kolossal storico Quo Vadis? accompagnato dalla musica di un’orchestra sinfonica (il cinema era muto, a quei tempi); o nel 1914, anno in cui arriva il film italiano più famoso del periodo, Cabiria. Nel 1919 venne proiettato Christus. I tre film ottennero un successo clamoroso, sicuramente anche per l’ottimo adattamento musicale del maestro Tironi, che con Cabiria seppe adeguare le musiche a quanto accadeva sullo schermo, precorrendo così le moderne soluzioni del sempre più stretto rapporto sonoro-immagine (Pilade Frattini e Renato Ravanelli, “Il Novecento a Bergamo – Cronache di un secolo”. Ibidem).
(18) Quando fu la volta del Donizetti, si scatenarono polemiche perché la “vergogna modernista” appariva come una profanazione. Si stabilì quindi di allestire cinematografo e sala di proiezione nell’atrio, e ciò a partire dall’aprile del 1908 sotto l’etichetta “Cinematografo Centrale” o anche “Cinematografo Permanente”. Curiosamente, durante la stagione della Fiera, mentre dentro il teatro si rappresentavano le opere, le proiezioni nel foyer erano perlopiù “accompagnate da un sonoro estemporaneo composto dagli acuti del tenore e dai pieni dell’orchestra che passavano le pareti”. Finalmente, nel 1912 le proiezioni trovarono posto anche all’interno del teatro per durare diversi anni (Pilade Frattini e Renato Ravanelli, “Il Novecento a Bergamo – Cronache di un secolo”. Ibidem).
(19) Nel maggio 1901 nel Teatro Nuovo da poco inaugurato si ha uno «Svariato spettacolo per l’artista Oreste Donnini, oltre al Cinematografo Lumière ed intermezzo di prosa e di canto per Ada Mancinelli». Il film proiettato in questa occasione, frammezzo alle altre esibizioni, è Le petit Poucet, fiaba in 20 quadri tratta da Perrault (Pathé) – (Musica dentro e attorno le proiezioni degli inizi. Di Ermanno Comuzio (Primavera 1992). In: Immagini note di storia del cinema. Nuova serie N. 20. Associazione Italiana per le Ricerche di Storia del Cinema).
(20) Pilade Frattini e Renato Ravanelli, “Il Novecento a Bergamo – Cronache di un secolo”. Ibidem.
(21) Musica dentro e attorno le proiezioni degli inizi. Di Ermanno Comuzio (Primavera 1992). In: Immagini note di storia del cinema. Nuova serie N. 20. Associazione Italiana per le Ricerche di Storia del Cinema.
(22) Dal programma della prima serata: “Parte prima: Giuramento bretone (dramma commoventissimo); I lunatici (cinematografia fantastica a colori); Amore di bandito (dramma commoventissimo); Buon occhio di gendarme (comicissimo)” (Pilade Frattini e Renato Ravanelli, “Il Novecento a Bergamo – Cronache di un secolo”. Ibidem)
(23) Pilade Frattini e Renato Ravanelli, “Il Novecento a Bergamo – Cronache di un secolo”. Ibidem.
(24) Alcuni autori, ad es. Umberto Zanetti, che forse ha ripreso la notizia dal Pelandi (citati in “Riferimenti”), scrivono che “Il 6 maggio 1909 accanto al Bramati, all’interno del recinto della Fiera, s’inaugurava il primo cinematografo della città, il Salone Radium”. Per questo motivo, altrove si legge che il Cinema Salone Radium fu l’antenato del futuro Centrale, sul Sentierone, chiuso nel 1997).
(25) All’inizio del 1910 i giornali annunciavano che “d’intesa con la Lega Navale Italiana, al Cinematografo Salone Radium, di fronte al boschetto di Santa Marta, ogni venerdì avverrà la proiezione di uno speciale programma: rappresentazioni dal vero di soggetti nautici, vita nelle colonie, vedute marine panoramiche ecc. Scopo dell’iniziativa è di dare intrattenimenti divertenti e istruttivi cercando di seguire possibilmente un ordine metodico nei programmi delle proiezioni. Alle proiezioni potranno assistere gratuitamente gli alunni delle scuole comunali”. L’utile era “destinato ad aumentare il fondo per il terzo viaggio d’istruzione per mare al quale sono iscritti anche alcuni bergamaschi” (Ermanno Comuzio per il “Giornale di Bergamo” del 14 luglio 1962).
(26) Pilade Frattini e Renato Ravanelli, “Il Novecento a Bergamo – Cronache di un secolo”. Ibidem. Con inserti di Ermanno Comuzio per il “Giornale di Bergamo” del 14 luglio 1962.
(27) Luigi Pelandi, “Attraverso le vie di Bergamo scomparsa. II. La strada Ferdinandea”. Ibidem.
(28) Ecco un programma tipico [10 febbraio 1912): Parte I – Triste valzer, straordinarie scene drammatiche passionali; Visioni alpestri, interessante cinematografia dal vero. Parte II Intermezzo artistico di varietà. Les Del Cigno, trio artistico-comico di canto, continuo grande successo. Parte III – Il dito del destino, nuovo dramma emozionantissimo; Viaggio di nozze a tre, comica. Prezzi d’ingresso: Primi Posti cent. 40, Secondi Posti cent. 20, Soldati e bambini pagano la metà (Musica dentro e attorno le proiezioni degli inizi. Di Ermanno Comuzio (Primavera 1992). In: Immagini note di storia del cinema. Nuova serie N. 20. Associazione Italiana per le Ricerche di Storia del Cinema).
(29) Umberto Zanetti, “Bergamo d’una volta”. Ibidem.
(30) Musica dentro e attorno le proiezioni degli inizi. Di Ermanno Comuzio (Primavera 1992). In: Immagini note di storia del cinema. Nuova serie N. 20. Associazione Italiana per le Ricerche di Storia del Cinema.
(31) L’Eco di Bergamo, 13 febbraio 1985. All’Ateneo La conversazione di Ermanno Comuzio sulla nascita del cinema a Bergamo.
Riferimenti principali
Pilade Frattini e Renato Ravanelli, “Il Novecento a Bergamo – Cronache di un secolo”. A cura di Ornella Bramani – Vol. II. UTET. Anno 2013.
Immagini note di storia del cinema. Nuova serie N. 20. Associazione Italiana per le Ricerche di Storia del Cinema. Il capitolo: Musica dentro e attorno le proiezioni degli inizi. Di Ermanno Comuzio (Primavera 1992).
L’Eco di Bergamo, 13 febbraio 1985. All’Ateneo La conversazione di Ermanno Comuzio sulla nascita del cinema a Bergamo.
Umberto Zanetti, “Bergamo d’una volta”. Ed. Il conventino, 1983.
Luigi Pelandi, “Attraverso le vie di Bergamo scomparsa. II. La strada Ferdinandea”. Banca Popolare di Bergamo. Co-Editore: Edizioni Bolis. Bergamo, 1963 (Collana di studi bergamaschi).