Fuori porta S. Alessandro, nello slargo posto al bivio tra via Tre Armi e via Borgo Canale, s’innalza una colonna (“con un pinnacolo e croce e una inferriata di contorno”) , fatta erigere il 28 Settembre 1621, in memoria dell’avvenuta distruzione della Basilica alessandrina, dal vescovo Giovanni Emo. La colonna si trova poco più a monte del sito effettivo in cui si trovava la basilica, definita dai documenti “antiquam et excelsam eiusdem basilicae columnam”.
In quella circostanza si murava, su una parete retrostante la colonna, una piccola lapide in cui si ricordava in parole latine la benedizione data alla stessa dal vescovo Emo. La parete recingeva l’area già di proprietà Gallina, poi sede del Collegio Orfane di Guerra (1).
Nell”intento di ricordare il triste evento cittadino dell’abbattimento dell’antica basilica, avvenuto esattamente quattrocento anni prima, il parroco di S. Grata in Borgo Canale, don Giacomo Carrara aveva pubblicato su L’Eco di Bergamo dell’11 marzo 1961 un pregevole articolo di carattere storico illustrante le notizie di quel sacro edificio, avanzando la proposta di perpetuare il ricordo dell’insigne sacro edificio dedicato al Santo Protettore di Bergamo, con l’esecuzione di lapidi rievocanti – con dati e rilievi topografici – sul muro retrostante alla colonna eretta dal vescovo Emo in Borgo Canale nel 1621.
Il compito del progetto di sistemazione della colonna e dello spazio antistante venne affidato all’ing. Luigi Angelini, che il 14 aprile del 1961 presentò al Vescovo Piazzi una proposta, subito inviata a Roma e favorevolmente accolta da Papa Giovanni XXIII (illuminato cultore di ricerche storiche, che “per decenni aveva dato tanto attivo lavoro di studi agli argomenti della storia cittadina”), il quale aderì con entusiasmo, assumendo a proprio carico l’onere finanziario per la sua realizzazione (2).
Alla risposta giunta dal Vaticano in merito al progetto proposto dall’Ing. L. Angelini, il Cardinal Testa, amico personale del Papa e studioso di storia locale, allegò una serie di indicazioni attraverso elementi aggiuntivi alla lapide secentesca posata dal Vescovo Emo, volte a concretizzare “un più visibile ricordo dello storico evento” (3).
Il fatto che più importava alla Curia romana era che tutto fosse pronto per quando l’urna di Sant’Alessandro sarebbe stata trasportata in processione solenne dalla Chiesa di Santa Grata alla Cattedrale, in occasione delle feste del quarto centenario della sua traslazione che si era resa necessaria a causa dell’imminente demolizione della basilica, voluta dai provveditori militari, per far spazio al cantiere delle nuove mura e fortificazioni della città.
ll 13 agosto 1961, durante le feste del santo patrono, tenutesi nel quarto centenario della traslazione delle reliquie dei Corpi Santi dalla basilica alessandrina alla cattedrale, mons. Loris Capovilla, segretario particolare di papa Giovanni XXIII°, presentava in Duomo la nuova veste della colonna di borgo Canale eretta a ricordo dell’antica cattedrale di Bergamo poco lontana dal luogo sul quale essa sorgeva.“Ma i secoli invecchiano anche i marmi e le intemperie li corrodono. Ora per la munificenza di Giovanni XXIII°, la colonna e i rilievi statistici e topografici tornano a risplendere. Il gesto del papa ha una significazione che i bergamaschi sanno cogliere”, concludeva mons. Capovilla.
LA NUOVA VESTE DELLA COLONNA NEL PROGETTO DELL’ING. ANGELINI
Ai grafici del progetto inviato a Roma l’ing. Angelini aveva accluso una relazione esplicativa che vale la pena riportare: “Gli studi e gli scritti che trattarono l’argomento con valutazioni e affermazioni di carattere generico, salvi i dati lasciati dal Can. Guarneri sulle misure in cubiti delle dimensioni della Basilica, non portarono a concreti elementi per comporre in modo sicuro le incerte valutazioni in descrizioni e grafici. Esiste però un lavoro composto dallo studioso concittadino Ing. Elia Fornoni pubblicato nell’anno 1885 su “La Basilica Alessandrina e i suoi dintorni” che dimostra, con copia di notizie, di ricerche fatte in posto e serietà di metodo, l’attenta cura da lui messa per formare un quadro attendibile della planimetria della zona ove oggi non si eleva nessun elemento antico.
È appunto questo studio, in cui la Basilica è stata graficamente definita sul carattere delle basiliche paleocristiane tuttora esistenti in Italia e particolarmente in Roma, che il Fornoni ha potuto tracciare l’orientamento, le piante e le sezioni della basilica primitiva (del IV° o V° secolo) e dell’ampliamento e restauro al tempo del Vescovo Adalberto che resse la diocesi dall’anno 894 (funesto per distruzioni cittadine da parte delle truppe di Re Arnolfo di Germania) fino al 929”.
Su dati di scrittori vari, il Fornoni ricompose in più, in questo punto della città ove si imbocca Borgo Canale, le determinazioni in posto della chiesetta di S. Pietro, dello xenodochio, della zona cimiteriale, dell’ospedale di Filiberto, così da comporre una planimetria generale che rappresenta in modo pressoché convincente lo stato reale in cui trovavasi questo tratto cittadino in quell’anno 1561 in cui furono abbattute “circa settecento case” – forse il dato è un po’ sovrastimato – per tracciare il perimetro di oltre cinque chilometri della grande opera difensiva.
Sulla lapide centrale, costituita da una grande lastra di marmo di cm.117 per 150 sono incise due epigrafi:
la prima in alto è la traduzione italiana della lapide fatta murare dal vescovo Emo nel 1621;
la seconda, pure scritta in italiano, ricorda l’attuale sistemazione.
I testi delle epigrafi sono i seguenti:
L’anno del Signore MDCXXI essendo vescovo Giovanni Emo
II Capitolo di S. Alessandro questa colonna fece erigere
Presso la Basilica Alessandrina
Antichissima e insigne prima cattedrale di Bergamo
Demolita nel MDLXI
Allorquando la Repubblica veneta costruì
L’attuale cinta delle mura
L’anno del Signore MCMLXI essendo vescovo Giuseppe Piazzi
Questo luogo dove nel secolo IV
Sorse la primitiva cattedrale
Dal vescovo Adalberto nel secolo X ampliata
Nella ricorrenza del IV Centenario della demolizione
Giovanni XXIII P.M.
Dei fasti antichi della sua diletta patria fervido Cultore
Fece adornare di marmi e munire di storici richiami
a sacra perenne memoria.
Subito sotto questa lapide è collocata l’antica(cm. 33 x 118) che dice:
Anno CI) I) CXXIII Kal OCTOBRIS
IO EMVS EPYS RITV SOLEMNI MONVMENTV HOC BENEDIXIT
IAC°. SVR°. PRAEF. OPT. FAVENTE, ERECTV. A.R.moCAPLO.
S. ALEXANDRI
AD MEMORIAM SEMPITERNA. ILLIVS AECCLAE CATIS
ANTIQUISSIME, IN QVA
EIVSDEM SS.maMARTYRIS CORPUS A B. GRATA TVMVLATVM,
ET ALIORVM SANCTORVM RELIQVIAS CIVITAS VENERABATVR
Nel corpo laterale di sinistra, su lastra marmorea, è incisa la pianta grafica della zona, ricavata dalle planimetrie dell’ing. Elia Fornoni, con l’ubicazione dell’antica basilica (sorgeva a circa 30 metri dalla colonna).
Nel corpo laterale di destra, sempre su lastra marmorea, è incisa la pianta e la sezione longitudinale della basilica.
La colonna, la cui sistemazione è stata curata dalla ditta Camillo Remuzzi, dalle imprese Oberti e Gritti e dal fabbro Scuri, poggia su un basamento a forma di dado allungato, alto circa 50 cm., con inciso sui lati, il giglio di Sant’Alessandro.
A sua volta il basamento è posto su un gradino, al quale è stata rifatta la zoccolatura e sul quale si trova la cancellata di protezione.
Alla sommità della colonna si innalzano un pinnacolo e una croce.
Sino al 1961 si era ritenuto che tale colonna fosse in pietra di Sarnico, ma a seguito di un attento esame fatto dal cardinale Testa, risultò essere di granito di Numidia, lo stesso granito usato nella costruzione delle basiliche costantiniane di Roma. Questa coincidenza fa pensare ad un contributo imperiale per l’antico tempio paleocristiano.
NOTE
(1) Qualche decennio prima della sistemazione dell’Angelini, “il muro era stato sistemato formando una parete di metri 6.98 di lunghezza e m. 3.40 di altezza e lateralmente, in modo simmetrico rispetto alla colonna, fiancheggiata da due spazi di luce di m. 2.35 entro pilastrini in ceppo rustico e chiusi un tempo da cancellata ora mancante” (Luigi Angelini).
(2) Nella sua opera monumentale “Gli atti della visita apostolica di San Carlo Borromeo alla diocesi di Bergamo “, Papa Giovanni XXIII aveva riportato un documento in lingua latina relativo alla Cattedrale in cui il tempio veniva descritto minutamente nelle sue strutture e nei suoi particolari. I preventivi alla fine risultarono inferiori a quanto pattuito, malgrado fossero state apportate modifiche e migliorie nel corso dei lavori.
Mentre il 7 luglio 1961 perveniva il richiesto nulla osta dalla Soprintendenza ai Monumenti, la lettera di autorizzazione del Comune giunse il 28 settembre di quello stesso anno. La sistemazione della colonna, comunque, anche se a grandi linee, era pronta per la data desiderata.
Inoltre, Papa Giovanni XXIII, illuminato cultore di ricerche storiche, nella sua opera monumentale “Gli atti della visita apostolica di San Carlo Borromeo alla diocesi di Bergamo “, aveva riportato un documento in lingua latina relativo alla Cattedrale, in cui il tempio veniva descritto minutamente nelle sue strutture e nei suoi particolari.
(3) Su indicazione del Cardínal Testa, lo spazio antistante al muro e racchiudente la base della colonna secentesca fu sistemato con lastricato di pietra. Gli spazi vuoti laterali (di m. 2,35 di vano) fra i pilastrini esistenti in ceppo furono chiusi da inferriate semplici di ferro piatto.
Riferimento
Arnaldo Gualandris, “Monumenti e colonne di Bergamo”, a cura del Circolo Culturale G. Greppi. Bergamo, 1976 (con introduzione di Alberto Fumagalli).