Osservando Piazza Mercato delle Scarpe da subito si coglie il carattere tipico della città, frutto della sovrapposizione e della compresenza di edifici di epoche diverse: il Duecento per le case torri di via alla Rocca, il Trecento per l’antica fontana vicinale e il palazzo della funicolare, il Quattrocento per la cisterna, il Cinquecento per la chiesa di San Rocco (eretta in luogo del quattrocentesco Tribunale dei Mercanti) e il Settecento di Palazzo Gavazzeni.
La piazza ha avuto nei secoli una funzione di primaria importanza in quanto rappresenta uno degli snodi chiave della viabilità all’interno del nucleo antico, essendo da sempre – data la morfologia del colle – punto di convergenza delle due direttrici principali che si diramano verso la pianura: verso Brescia e Venezia ad est, attraverso l’attuale via di Porta Dipinta – dove sorgeva la porta di levante – e verso Milano ad ovest, attraverso l’attuale via San Giacomo, dove sorgeva la porta di mezzodì: le due porte pertinenti la cinta muraria romana, la cui esistenza è attestata da una lastra in pietra di Zandobbio rinvenuta nel 1874 presso la chiesa di Sant’Andrea: l’iscrizione (I/II sec. d.C.) si riferisce alla spesa sostenuta da Crispus e dalla moglie Sedata per la costruzione di due porte e del probabile muro intermedio (1).
Sviluppandosi all’estremità meridionale dell’antico decumano (asse viario principale della città) e ai margini del pianalto, la sua ampiezza doveva essere ben maggiore – non esistendo l’attuale Palazzo della Funicolare -, giungendo secondo Luigi Angelini sino alla linea della cinta murata che fiancheggiava l’antico vicolo degli Anditi (che si trovava al di sotto dell’attuale terrazza-restaurant del Palazzo della Funicolare, venendo poi tagliato dal percorso della funicolare): vale a dire ad oltre quaranta metri dal filo attuale.
In Età Comunale (nel periodo compreso tra XII e XIV secolo), dopo anni di degrado e sciacallaggio la città compì un radicale rinnovamento che toccò tutti i settori del vivere e dell’organizzazione, compreso quello della sicurezza e della difesa.
La posizione strategica e la contiguità con la centralissima (ed affollata) vicinia di San Pancrazio, di cui faceva parte, influì notevolmente sulla vivacità commerciale di piazza Mercato delle Scarpe così come sull’espansione dell’edificato che andava addensandosi immediatamente fuori le porte.
Per il carattere strategico della sua posizione, che l’ha resa nei secoli punto d’afflusso della vita di Bergamo, piazza Mercato delle Scarpe è ritenuta primo ed unico mercato dell’antichissima città ed è ancor’oggi il polo generatore da cui si irradia la tessitura viaria disposta sul mosso declivio, il punto d’accesso per i turisti che giungono in Città Alta salendo da via Porta Dipinta o da via San Giacomo, mentre per via Gombito o per via Donizetti, per l’antica via Pendezza, per via Rocca o per via Solata si sale verso i quartieri alti della città.
Un polo tanto antico da guadagnarsi la denominazione di Forum (che ancora ritroviamo nello Statuto del 1331), affermatosi quando l’area su cui insisteva l’antico Foro romano non era ancora occupata dai grandi edifici pubblici dell’età comunale e quando la dimensione dell’abitato doveva apparire ancora modesta, sebbene già sviluppata nei rioni extra moenia o nei casolari dell’ambito agricolo circostante.
Ricordata da Mosè del Brolo nel suo Pergaminus (1120-1130) e presto nominata Mercato Vecchio, nell’altomedioevo, era sede di un mercato nundinario, come si evince da un testamento del 928 in cui il vescovo Adalberto lascia ai Canonici di San Vincenzo, oltre ai redditi derivanti dalla fiera di S. Alessandro, anche i proventi di questo luogo di commercio, aperto nei giorni di sabato alle vendite e agli scambi (2).
Come centro vitale di scambi e di commerci il Mercato Vecchio aveva intorno edifici di attività commerciale, che potevano essere botteghe stabili (staciones) ricavate tra i portici chiudendo lo spazio tra una colonna e l’altra, “stalli” realizzati con assi di legno, banchetti oppure “dischi”, appartenenti alla vicinia, cui potevano aggiungersi delle strutture provvisorie, dove si commerciavano sia generi alimentari o comunque beni di prima necessità e merci più preziose.
Lo Statuto del 1263 informa che a sud della piazza sorgeva la Domus Calegariorum, la sede del Consorzio dei Caligari (Calzolai), ancora esistente nel 1331 al posto dell’attuale palazzo della Funicolare; in atti successivi rileviamo che in quella domus era ospitato anche il Paratico dei Beccai, ovvero dei Macellai.
Ed è possibile che queste corporazioni si riunissero in assemblea presso l’aula della cattedrale di San Vincenzo, utilizzata anche per i più diversi usi profani (adunanze dell’assemblea del Comune di Bergamo e di altri comuni della provincia; assemblee delle corporazioni o di associazioni; rogiti degli atti notarili).
Centro vitale di scambi e di commerci, il Mercato Vecchio era servito da una fontana trecentesca, con un arcone aperto sulla piazza.
Alimentata da una propria sorgente, è chiamata in documenti settecenteschi “Fontana secca” in quanto la modesta vena che scendeva dalla Rocca era esaurita ormai da tempo.
Analogamente, la vicinia di San Pancrazio aveva una sua fontana vicinale, ricordata dal Mazzi in luogo dell’attuale fontana cinquecentesca, e pure le vie Porta Dipinta, San Giacomo e Donizetti erano dotate di una propria fontana, che prendeva il nome dalla chiesa vicinale (chiese poi sostituite da edifici più imponenti). Con l’entrata in funzione dei moderni acquedotti nel 1880 per eliminare la piaga endemica del tifo, il loro impiego pratico quotidiano è venuto meno.
DALLA DOMUS CALEGARIORUM A PALAZZO SUARDI
Intorno al 1353, sull’area già occupata dalla Domus Calegariorum et Becariorum Guidius de Suardis, che aveva ereditato dal padre il titolo di Conte Palatino (3) fece costruire l’attuale Palazzo della Funicolare, passato poco dopo alla famiglia Rota che lo rifabbricherà nelle forme attuali. Nell’Ottocento, divenuto proprietà del Comune, vi verrà realizzata la stazione superiore della funicolare per il collegamento fra la città alta e quella bassa (4).
In virtù della carica di Conte Palatino, ai Suardi e ai loro discendenti erano state accordate funzioni giudiziarie del più alto grado; funzioni – scrive il Mazzi – che potevano esigere una procedura di citazioni, come allora si usava, proclamate in pubblico in luoghi determinati.
Per questa ragione Guidino Suardi costruì il palazzo, lo dotò di quello strano balconcino che ancor’oggi si vede sotto la finestra centrale della facciata – da cui annunciava sentenze e proclami – e pose al centro l’affresco con lo stemma della nobile casata, accesa sostenitrice del partito ghibellino dal Duecento in poi.
Nel cartiglio affrescato sulla facciata del palazzo è scritto: “VIM VI REPELLERE LICET” (è lecito reprimere la forza con la forza).
L’edificio, che allora come oggi si sviluppava sulla piazza, sovrastava a sud le arcate di via degli Anditi, aveva un cortile centrale e, a meridione, altri corpi di fabbrica che sostituirono o inglobarono le case dei Terni.
Proprio sul versante meridionale, il ritrovamento di un affresco quattrocentesco rivela che al primo piano del palazzo verso la pianura doveva esistere un ambiente dedicato alla preghiera, forse una cappella privata. Il soggetto, la Trinità con Cristo Crocefisso (verosimilmente un’immagine dedicatoria dipinta con tratto spontaneo da un buon artista, probabilmente locale), riprende una tematica diffusasi nel XV secolo con Masaccio, rivelando con ciò una committenza colta. I fregi laterali e le affascinanti decorazioni presenti sulla parete ovest al piano terra dell’edificio, dovevano già esistere quando fu realizzata l’immagine sacra.
L’impianto medievale del palazzo è immediatamente riconoscibile nelle cinque arcate affacciate sulla piazza.
L’effetto sfondato dato dalle scure imposte riecheggia la memoria dell’antico portico degli Orefici, dove sorgeva la bottega della famiglia Bustigalli.
E non è un caso che l’attigua vicinia di San Pancrazio, che nel medioevo costituiva un il ricco cuore mercantile della città, fosse detta “via degli orefici” (di cui S. Pancrazio era il protettore), per il gran numero di officine artigiane e di botteghe dedite a tale tipo di attività.
GUIDINO SUARDI E L’AFFRESCO DELL’ALBERO DELLA VITA IN S. MARIA MAGGIORE
Il Conte Palatino Guidino Suardì è l’autorevole personaggio inginocchiato ai piedi dell’affresco dell’Albero della vita (che egli stesso commissiona nel 1347) nella basilica di S. Maria Maggiore, dove occupa l’intera parete meridionale del transetto della chiesa, mentre la parte superiore è oggi nascosta da un dipinto secentesco di Pietro Liberi.
L’identità del personaggio ritratto nell’affresco è rivelata da un’iscrizione: “Dominus Guidius de Suardis”, uomo nobile e profondamente religioso, che ha ordinato l’esecuzione dell’affresco per sua devozione e, a sottolineare le proprie possibilità economiche, “suisque expensis”, a sue spese.
Il fatto stesso che potesse disporre di un’intera parete della maggiore chiesa cittadina, la cappella civica voluta dal Comune, non lascia dubbi sulla considerazione di cui godeva presso le autorità civili e religiose del suo tempo (5).
PIAZZA MERCATO DELLE SCARPE, LA FONTE SECA E LA CAMERA DEI MERCANTI
E fu proprio alla fine del Trecento che la piazza acquisì l’attuale denominazione di Mercato delle Scarpe, in un periodo in cui le vie e le piazze, nei vari settori cittadini, erano nominate a seconda dei differenti caratteri merceologici che vi si svolgevano.
Solo per qualche tempo, scrive l’Angelini, la piazza prese il nome di Mercato delle Biade, forse per il mutato genere dell’attività commerciale che vi si svolgeva, e che poi che passò in un apposito fabbricato nella zona della Fiera, come appare in una nota incisione ottocentesca di Giuseppe Berlendis.
Dal 1491, nell’angolo a nord della piazza, sopra la Fonte Seca comparve la sede della Camera dei Mercanti, istituzione volta a regolare le attività di scambio in città, a riconferma della vocazione sostanzialmente commerciale della piazza stessa.
Spesso ricordata come Tribunale dei Mercanti, fin dal Quattrocento incrementava la funzione giurisdizionale dei Consoli mercantili (giudici a tutti gli effetti, cui rivolgersi per ogni tipo di controversia commerciale), affiancando già dal secolo successivo il Podestà nell’amministrazione della città. In epoca napoleonica si evolse in Camera di Commercio e dopo aver mutato più volte sede trovò una sistemazione definitiva nella Città Bassa.
Ma in seguito all’epidemia di peste che aveva colpito la città nel 1513, il locale occupato dalla Camera dei Mercanti fu trasformato in cappella come ex-voto alla Madonna, e la sede della Camera trasferita altrove. Solo dopo varie trasformazioni e vicissitudini la primitiva cappelletta fu dedicata a San Rocco, invocato soprattutto contro la peste. Dopo una lunga serie di traversie, venne definitivamente sconsacrata nel 1927, trovandosi oggi in condizione di notevole degrado ed abbandono.
LA CISTERNA QUATTROCENTESCA
Riferisce padre Donato Calvi che nel 1485, a causa della scarsità d’acqua che spesso affliggeva la città a causa delle sorgenti inaridite e per le poche piogge, il Maggior Consiglio elesse due delegati perché esaminassero la situazione e indicassero i luoghi dove costruire cinque pozzi o cisterne da destinare all’uso pubblico. Tra i luoghi scelti, una grande cisterna fu costruita su progetto dell’arch. Alessio Agliardi al di sotto del Mercato delle Scarpe, capace di contenere fino a 25.000 brente bergamasche, ossia qualcosa come 1.170 metri cubi d’acqua, “con beneficio singolarissimo della Città per tutte le contingenze”. Il serbatoio veniva alimentato dall’Acquedotto Magistrale che scendeva per via Donizetti e proseguiva per via Porta Dipinta.
L’acqua, prima di riversarsi nella cisterna era scaricata in un sistema di vasche di decantazione che circondano ancor’oggi la cisterna.
L’EDICOLA LIGNEA
In angolo con via Rocca, sulla spalla dell’arcata medioevale della Fontana Seca è ancora presente una Madonna con Bambino circondata da angeli, racchiusi in un’edicola lignea sormontata da un timpano.
Il dipinto, dalla composizione aggraziata e dalle armoniose tonalità di colore, raffigura una dolce Madonna dal manto azzurro a risvolti chiari e abito rosso, con il Bimbo seduto in grembo e, in alto, due angioletti musicanti “di ricordo belliniano che ravvivano di gentile grazia lo spazio di un cielo a nuvolette bianche su fondo blu cobalto, tipico della pittura veneta del Rinascimento”: tutti elementi che fanno assegnare l’epoca di esecuzione al secondo decennio del Cinquecento (quando, a detta del Calvi, fu innalzata la chiesetta).
“L’atteggiamento delle figure e soprattutto il tono veneto previtalesco del cielo e gli angeli musicanti rivelano la mano di artista bergamasco del primo Cinquecento influenzato dall’arte veneziana, forse di un Baschenis o di uno Scanardi per quel certo gusto paesano, oppure di un previtalesco oppure ancora, forse, di quel pittore brembano, Giacomo Gavazzi da Poscante che, in un polittico della chiesetta di S. Sebastiano in Nembro compose ai piedi della Madonna due angioletti che presentano analogie e affinità di segno e di forma con questo affresco” (6).
I PALAZZI NOBILIARI
Tra via Porta Dipinta e via S. Giacomo si registra un’elevata concentrazione di palazzi nobiliari, disposti lungo le due principali strade di accesso dalla Città Bassa al centro politico-amministrativo. Molti di questi palazzi, soprattutto nel caso di via Porta Dipinta, vengono realizzati a partire dalla fine del Cinquecento, occupando l’area resa disponibile dallo spostamento più a sud della nuova cinta muraria: quella veneziana.
Queste nuove aree edificabili erano rese particolarmente appetibili dalla posizione dominante verso la città bassa e la pianura e l’ottima esposizione solare, condizioni a cui si aggiungerà successivamente anche la possibilità di inglobare sotto forma di giardini e terrazze le aree libere alle spalle dei bastioni.
L’ARRIVO DELLA FUNICOLARE
Nel 1887 il palazzo (palazzo Gritti alla fine dell’800 ha subito radicali cambiamenti per la realizzazione della stazione superiore della funicolare.
Un collegamento rapido fra le due “Bergamo” era stato sollecitato dagli abitanti di Città alta, timorosi che il recente sviluppo della parte moderna ‐ dovuto al progressivo spostamento al piano di tutte le attività economiche e amministrative –, potesse isolare quello che, fino alla seconda metà dell’Ottocento era stata “la Città”.
Con l’arrivo della funicolare, il cortile del palazzo fu trasformato con una copertura in vetro, mentre il fronte sulle Mura, affacciato sulla pianura, venne ammodernato attraverso un panoramico loggiato a terrazza in stile neogotico, di richiamo a quello originale.
Il giardino venne riempito con terreno di riporto e fu sbrecciato il muro di sostegno con grande arco, probabilmente parte delle mura medioevali, eliminato insieme al ponticello con l’ammodernamento del 1921-’22.
UNA CURIOSITA’
Per oltre un secolo un’edicoletta ha occupato un angolo della piazza, all’uscita della stazione della Funicolare.
Oggi la rivendita dei giornali è, come tutti sappiamo, all’interno della stazione stessa.
Note
(1) La strada per Brescia passava da Seriate e Telgate mentre la strada per Milano passato Verdello superava il Brembo a Marne, dove tuttora esistono i resti di un ponte a due arcate di probabile origine romana.
(2) Luigi Angelini, Il volto di Bergamo nei secoli, Bolis, 1952.
(3) Guido o Guidino Suardi era il figlio primogenito di Teutaldo, importante personaggio politico che il 20 gennaio 1330 a Trento ricevette da Lodovico il Bavaro l’investitura di Conte Palatino, carica da esercitarsi nel contado di Bergamo e titolo trasmissibile ai discendenti. Teutaldo, da Caterina, di cui non si conosce il casato, aveva avuto sei figli: due, Guglielmo detto Minolo e Romelio detto Mazolo, che troviamo decorati col titolo “Milites imperiales”, altri due, Giovanni e Simone qualificati come “Legum doctores”, Giacomo, ed infine il nostro Guidino che aveva sposato Tomasina, figlia di un altro eminente personaggio politico, Matteo o Maffeo Foresti, che a Trento come Teutaldo, nella stessa data, venne nominato Conte Palatino per il territorio di Brescia.
(4) In un documento del 1353 concernente i confini della vicinia di san Cassiano, troviamo “per ipsum mercatum usque a cantonum domus Calegariorum et Becariorum quondam et modo est domus habitationis heredum domini Guidi de Suardis quam fecit levari super ipso mercato”.
(5) Andreina Franchi Loiri Locatelli per la rubrica Bergano scomparsa, insieme alle tre immagini relative all’Albero della vita.
(6) Luigi Angelini, Un affresco cinquecentesco sul Mercato delle Scarpe, in “Cose belle di casa nostra: Testimonianze d’arte e di storia in Bergamo”, Stamperia Conti, Bergamo, 1955, pagg. da 90 a 92.
Riferimenti principali
Vanni Zanella, Bergamo Città, 2ª edizione, Azienda Autonoma di Turismo, Bergamo, 1977, pagg. da 31 a 33.
Inventario dei Beni Culturali Ambientali del Comune di Bergamo: Volume 7 Città Alta schede nn. 0203316 e 0203316 bis.
Luigi Angelini, Il volto di Bergamo nei secoli, Bolis, 1952.
Liliana Moretti – Schede del Mercantico. Biblioteca Gavazzeni, Piazza Mercato delle Scarpe, Bergamo.
Luigi Angelini, Cose belle di casa nostra: Testimonianze d’arte e di storia in Bergamo, Stamperia Conti, Bergamo, 1955.
Arnaldo Gualandris, La Città Dipinta – Affreschi, Dipinti Murali, Insegne di Bergamo Alta. Hoepli, 2008.