E’ di questi giorni la notizia dell’imminente chiusura della storica drogheria “Fratelli Mologni” in piazza Sant’Anna, l’antica “istituzione” cittadina gestita dal ’53 da Norberto Mologni – classe 1933 – ma vecchia di quasi un secolo perché è in piazza dal 1921, fondata da papà Calisto e zio Carlo.
Una notizia che lascia increduli e sgomenti i bergamaschi, da sempre abituati a vederla lì, all’angolo fra la piazza e via Ghislandi, rassicurante coi suoi giusti rimedi per qualsiasi problema casalingo, come se conoscesse a menadito e da generazioni, tutti gli abitanti del Borgo.
Bergamo perde non solo la più antica drogheria della città – e chiamarla “drogheria” è un eufemismo – ma anche il sorriso del titolare e il sapere dell’insostituibile signor Carlo, dipendente della ditta da oltre trent’anni, durante i quali ha dispensato con saggezza consigli e rimedi d’ogni sorta da dietro il bancone ottocentesco in noce, attorniato da spezie e caramelle sfuse in quantità, tutte raccolte in deliziosi barattoli in vetro trasparente.
La storica insegna che campeggia sulla piazza ne ha molte da raccontare, a partire dal cartello “Coloniali” voluto da papà Calisto per indicare non certo boccette di miscele profumate evocanti speziati profumi esotici, bensì le antiche Colonie europee in Oriente, da cui giungevano le famose spezie di Mologni.
La ditta era nata infatti come “spezieria” – l’unica della città a quei tempi -, rifornita di ogni genere di spezie: dalla curcuma in polvere allo zenzero, dal pepe al cardamomo, all’ormai introvabile radice di liquirizia.
E approfittando di tutto questo “ben di Dio”, il titolare aveva creato la celeberrima “miscela Mologni”, un misto di ben dodici spezie per insaporire la carne, composta tra gli altri da coriandolo, cardamomo, pepe, zenzero, noce moscata e cannella, aumentando la quale, si creava la miscela perfetta per i deliziosi biscotti di Panpepato a forma di omino.
Per un tempo che sembra indefinito gli arredi hanno custodito rimedi infallibili per qualsiasi problema casalingo, rappresentando un vero e proprio servizio per la comunità.
Il che richiedeva la presenza costante non di commessi qualsiasi, ma di personale esperto che avesse parecchia familiarità con i rimedi le composizioni chimiche dei prodotti.
Qui, tra gli altissimi scaffali lignei laccati color panna risalenti al primo Novecento, le antiche credenze screpolate dai vetri sottili e un caleidoscopio di vasi, barattoli, boccette e profumini d’ogni sorta, il tempo ha passeggiato con calma tra mille mercanzie: dai detersivi più comuni per la pulizia della casa ad improbabili specialità medicinali (e un tempo il chinino, per curare la malaria) ai prodotti chimici o ai detersivi per l’industria (dalla soda caustica agli acidi solforico e nitrico e polveri di ogni tipo), candele, cera d’api, vernici naturali, ma anche specialità dolciarie o meravigliosi oli essenziali purissimi, vari tipi di te in foglia, capperi, caffè, caramello, vini e persino Champagne!
E le immancabili spezie, come nei migliori bazar, ma in versione orobica.
E ancora, liquori in gran quantità, acque imbottigliate di ogni marca e persino acqua sulfurea proveniente direttamente dall’Ungheria; rimedi per smacchiare, lucidare ogni tipo di pavimento, eliminare le tarme dagli abiti o dal mobilio: sperimentato personalmente ed infallibile grazie ai consigli sagaci del signor Carlo.
Per non parlare dell’incredibile assortimento di saponette e di barattoli per la pulizia personale: una delizia in cui perdersi.
Tutto doveva passare dal suo magazzino di via Ambrogio da Calepio, che fungeva anche da ingrosso e che ora inizia ad essere desolatamente sgombro di merci e scatoloni.
E caramelle sfuse, tante caramelle che oltre ai classici gusti comprendevano gli introvabili e antichi zucchero matricale (un bonbon zuccherino con genziana e rabarbaro), il confetto al chinotto, la caramella con nocciola e ciocco fondente Moretto Nougatine e la goccia menta, quella con il cuore morbido che ti si scioglie in bocca.
Il tutto, tra caramelle e profumi di Colonia, le fondenti Perugina e l’odore morbido del sapone di Marsiglia, i rimedi della nonna e quelli d’ogni sorta esposti in vetrina e corredati da simpatiche istruzioni scritte a mano e scolorite dagli anni.
E se il prodotto non era sullo scaffale, bastava chiedere e Mologni era in grado di procurarlo, sempre ben disposto a soddisfare ogni richiesta della clientela, lavorando con la serietà e la competenza ereditata da papà Calisto.
Un’atmosfera tale, quella del negozio, da meritarsi un reportage fotografico contenuto nel libro “Certi silenzi” di Nicoletta Prandi – un libro in cerca di emozioni catturate in città -, e relativa mostra all’ex ateneo in Città Alta, dove il titolare, Norberto Mologni, è immortalato insieme ad immagini fortemente evocative ed accenni a personaggi che han fatto la storia di Bergamo come il conte Giacomo Carrara, Gaetano Donizetti, il grande giocoliere Enrico Rastelli, affiancati, nell’oggi, al burattinaio Vittorio Moioli detto “ol Bachetì”: fra personaggi monumenti e persone di passaggio, chiese e distributori di caramelle, la squadra dell’Atalanta e la tradizione di Santa Lucia c’era anche lui, conosciuto ed amato da tutta la città.
Certo negli ultimi anni Mologni lamentava una diminuzione del forte via vai di allora e anche il fatto che specialmente la sera la piazza fosse mal frequentata.
Ma in fondo il borgo nella sua semplicità sa ancora rivelare la sua antica identità, con il lungo serpentone, affiancato da strettoie, che dalla porta di Sant’Antonio andava verso i corpi santi, i laghi, Brescia e Venezia e che oggi si snoda lungo un susseguirsi ininterrotto di botteghe dal sapore artigianale e case, quelle del popolo e della borghesia, curate e dignitose, accatastate le une sulle altre in una cornice confidente e familiare, confortata dall’atmosfera ottocentesca dei suoi palazzi gentilizi e dall’eco delle antiche osterie con alloggio e stallo, di cui restano ancora i segni sui pilastri delle corti.
Un rione, in fin dei conti, ancora molto intenso ed animato, dove non mancano iniziative come il tradizionale appuntamento con la festa del Borgo con la sua gente semplice e cordiale, sempre pronta a difendere e riscoprire le origini e le tradizioni antiche di quel Borgo Palazzo che prende il nome dal palatium imperiale creduto eretto da Carlo Magno.
Un Borgo ricco: di chiese, come quella antichissima e ormai irriconoscibile di Sant’Antonio in Foris, di conventi, chiostri e ameni giardini, di palazzi e di acque generose: la Morla, che ha dato il nome all’antica Curtis Murgula dove sorgeva l’antico palazzo, e, più a monte, la Roggia Serio, cui si aggiunge la Morlana presso i Cappuccini in un fitto intrecciarsi di corsi d’acqua, un tempo utilizzati per muovere mulini e far funzionare magli, seghe per legname, per la macina della calcite, per filatoi.
Così anche in piazza Sant’Anna, importante crocevia di transito e commerci di cui si avverte ancora l’eco, anche se bisogna lavorare un po’ di fantasia.
Non c’erano alberi (introdotti nel ‘78), ma una spianata, con un benzinaio e la pesa per i veicoli che trasportavano merci, piantonata dai vigili pronti a multare i mezzi sovraccarichi, traditi da un’evidente flessione delle balestre. Al tempo esisteva già un’edicola per giornali ma molto più piccola rispetto a quella odierna.
Gli interventi di ammodernamento della piazza erano iniziati verso gli anni ‘60; la fontana neoclassica posta al centro venne donata dal parroco Don Antonio Ruggeri proveniente dalla casa parrocchiale.
Oggi come ieri, un groviglio di negozi, alcuni ammiccanti e raffinati ed altri démodé come quello di Mologni, ricavato nei locali del bell’edificio liberty che lo sovrasta.
Poco distante, la rinomata pizzeria Arlecchino e di lato gli ormai storici panificio e fruttivendolo, con la farmacia omeopatica, la banca, l’edicola, la pasticceria, la chiesa – tra le più belle di Bergamo -, legata allo storico oratorio maschile del “Sacro Cuore”, dove nel 1945 venne fondata la società sportiva U.S. Olimpia, per promuovere la pratica dello sport tra la gioventù del Borgo e della città.
C’è tutto nella piazza: una città nella città, persino il cinema e, a pochi passi, un tempo c’era anche uno splendido teatrino nella breve via Anghinelli.
Accanto a Mologni, c’è la stretta lavanderia della signora Giò, dagli occhi verdi e il viso magro, i riccioli scomposti e gli orecchini dorati e, tra questa e la drogheria, un piccolo bar con parquet ed uno stretto bancone in legno scuro dove Mario, il titolare, riempie l’aria con la sua risata, frizzante, come bollicine dello Champagne di cui è cultore.
Tra qualche settimana molto a malincuore il signor Norberto chiuderà per sempre i battenti: Carlo, lo storico dipendente, tra poco se ne andrà in pensione e nessuno – né Mauro, il figlio del titolare e né i nipoti, occupati altrove – potrà portare avanti l’ormai secolare attività.
Qualche metro più in là, sulle vetrine che si affacciano su piazza Sant’Anna campeggia la scritta “cessione attività” accompagnata da uno sconto sugli ultimi prodotti in vendita. La gente non manca di passare per gli ultimi acquisti e salutare la storica insegna, dove lascia un pezzo di cuore: è la vecchia Bergamo che un pezzo alla volta se ne va.
Con Mologni Bergamo perde una certezza, l’ultimo depositario di un sapere che sa di antico e familiare, che per decenni ha accolto i bergamaschi dispensando rimedi e rassicurandoli con preziosi consigli.
Un’insegna che ha attraversato indenne la crisi degli ultimi anni e la tassazione insostenibile che ha costretto diversi negozi alla chiusura.
Che è sopravvissuta alla nascita dei primi minimarket nonché a quella ben più insidiosa dei centri commerciali e delle grandi catene di Acqua & Sapone, grazie alla competenza e alla disponibilità del personale in grado di stabilire un legame che è andato ben oltre il piccolo tessuto del borgo per allargarsi alla città e riverberarsi alla provincia.
Non sarà facile passarle accanto e fermare lo sguardo sulle serrande chiuse, ed accettare l’idea che in nessun posto troveremo quel miscuglio variopinto di merci, profumi e sorrisi: quelli del titolare e del signor Carlo, che non possiamo che contraccambiare con tanta riconoscenza e non poca malinconia.