Il glorioso Cine-Teatro Nuovo: dai fasti alla decadenza

Inaugurato nel 1901, nell’epoca d’oro del teatro, il Politeama Nuovo ha avuto una non ingloriosa storia per tutta la prima metà del Novecento venendo considerato, ancora negli anni Trenta, “l’unico teatro popolare di Bergamo”. Sul suo palcoscenico si sono avvicendati a ritmo quasi vertiginoso spettacoli di ogni genere, e si può dire che nel primo quarto di secolo ne abbia davvero viste di tutti i colori: le cronache ricordano esperimenti scientifici, veri e propri spettacoli circensi (i “magnifici stalloni ammaestrati” di Guillaume o il record d’incasso ottenuto dal Circo Gatti, sempre con non meno di 2500 spettatori); esibizioni di giocoleria (uno per tutti: Enrico Rastelli, con il pubblico in delirio) e incontri di pugilato; corride con tori, esibizioni di celebri illusionisti e trasformisti (il grande Fregoli e Tiberio Alba, trasformista, caricaturista, equilibrista, violinista); cani “commediografi”, musei di anatomia, esperimenti di telepatia (celebri quelli di autosuggestione e magia del professor Majeroni); tornei di lotta femminile, giochi di prestigio, contorsionismo e persino l’esibizione di un fachiro (le cronache riportano quella del “fachiro indiano” Abdul Rahman).

Teatro Nuovo (Museo delle Storie di Bergamo – Archivio Fotografico Sestini – Archivio Domenico Lucchetti)

E non mancarono certo le opere liriche (tra gli spettacoli memorabili del primo quarto di secolo, una Traviata, “con una autentica parigina, la Daugerville, che prima non aveva mai cantato in italiano”; una Lucia di Lammermoor con una Graziella Pareto sommersa d’applausi e da fiori, e in onore della quale fu addirittura fatta coniare una medaglia d’oro); la prosa con le migliori compagnie di cartello (di Ermete Novelli, di Virginia Talli, di Ruggero Ruggeri, di Ermete Zacconi: sempre serate di “tutto esaurito”), il cabaret, l’avanspettacolo e le immancabili operette brillanti, che ebbero il potere di colmare la cassa del teatro grazie alle vedette e agli esilaranti comici più in voga.

In questo teatro di così nobili tradizioni si esibirono tra gli altri il celebre direttore d’orchestra Pietro Mascagni, i tenori Tito Schipa e Toti dal Monte, la diva Gea della Garisenda; ospitò Luigi Pirandello, vi si avvicendarono i più noti personaggi della commedia (dalla Duse a Emma Gramatica, da Tina di Lorenzo a Maria Melato, da Marta Abba all’indimenticabile Ettore Petrolini) e vi si tennero spontanee manifestazioni cittadine: da quelle “vibranti di amor patrio” a importanti comizi politici. Non mancarono quindi le conferenze con personalità come Gabriele D’Annunzio, Mussolini (ai tempi direttore dell’”Avanti!”) e Tommaso Marinetti nonché illustri studiosi e grandi patrioti come il martire Cesare Battisti: l’elenco potrebbe continuare all’infinito, in quello che per lustri è stato l’unico teatro popolare della Città, solo più tardi affiancato dal glorioso “Duse”.

Nel corso del tempo il teatro ha subito diverse modifiche, determinate dalle necessità che di volta in volta emergevano nel mondo dello spettacolo e nella vita sociale e culturale della città: costruito agli albori del Novecento su progetto degli architetti Gattemayer e Albini e sul modello del Del Verme di Milano, venne ampliato nel 1929 da Cesare Ghisalberti e Camillo Galizzi e massicciamente ristrutturato a metà degli anni Sessanta, quando venne definitivamente adibito a cinematografo dall’architetto Alziro Bergonzo: sparirono allora le storiche quinte, i palchetti, le gallerie a ferro di cavallo e il grande palcoscenico, che tanto aveva dato ai bergamaschi. Nel tempo l’edificio si è quindi progressivamente ridotto, perdendo quell’assetto tipico dei teatri di fine Ottocento/primi Novecento, di cui ai giorni nostri si ravvisa solo la facciata. Dopo aver attraversato un periodo di decadenza e dopo ripetuti tentativi di riqualificare il locale con programmazioni cinematografiche di livello, nell’estate del 2005  il cinema Nuovo ha chiuso i battenti e ancor oggi è alla ricerca di una nuova rinascita.

L’attuale Largo Belotti (ex via Masone) con la vecchia Fiera prima della costruzione del Teatro Nuovo

 

Il teatro Nuovo appena costruito (1901)

LA NASCITA DEL “NUOVO”

Nel giugno del 1897 Innocente Carnazzi e Giovanni Givoli, impresari dello spettacolo, affidavano a due capomastri milanesi, Felice Taccani e Angelo Locatelli, la costruzione del Politeama Nuovo da edificarsi su progetto degli architetti Gattermayer e Albini (1). I due impresari – nel resoconto di Luigi Pelandi – avevano acquistato alcuni mesi prima un migliaio di metri quadrati di terreno dal dottor Giovanni Piccinelli, spinti dal miraggio di certa fortuna nell’esercizio di un teatro moderno a Bergamo dopo la soppressione del Teatro Rossi e la demolizione del Politeama Givoli, che sorgevano in Piazza Baroni: il “Duse” infatti era di là da venire e in Città Bassa funzionava solo il Donizetti, il teatro massimo della città.

Teatro Nuovo

Mentre si abbatteva il Givoli (una “mostruosità” secondo le cronache del tempo), al di là della roggia Nuova aveva già messo le fondamenta il Nuovo Politeama, così chiamato perché come il suo predecessore avrebbe dovuto rappresentare un po’ di tutto.

Un singolare documento del 1897 mostra l’abbattimento del Politeama Givoli e la costruzione del Teatro Nuovo (il Teatro Rossi era stato demolito tre anni prima) – (Raccolta D. Lucchetti)

Il Nuovo venne su fra mille difficoltà, soprattutto di carattere economico: la costruzione, iniziata nel giugno del 1897, andò per le lunghe a causa di diverse inadempienze degli appaltatori. Gli impresari appaltanti, Giovanni Givoli e Innocente Carnazzi, dopo aver ricorso a giudizio, furono felici di liberarsi del fabbricato, cedendolo a Carlo Ceresa, che ai primi di marzo del 1901 fece portare a termine la costruzione (2).

Da un vecchio numero de La Rivista di Bergamo (da sinistra a destra): Innocente Carnazzi (ideatore del Teatro Nuovo), Carlo Ceresa (il primo proprietario del Nuovo), Ernesto Terzi (il primo imprersario del Nuovo)

Ma anche il Ceresa ebbe le sue grane; infatti la commissione tecnica non era convinta della stabilità delle gallerie, forse perché prevenuta da un imprevedibile incidente mortale occorso durante l’abbattimento delle gallerie del Givoli. Ma il Ceresa non si perse d’animo: con una lunga fila di carretti fece portare dai suoi coloni di Stezzano una grande quantità di sacchi di frumento, tanti da stipare le gallerie. Poi, dopo aver acceso tutte le luci ed aver affisso per beffa il cartello “tutto esaurito”, chiamò la commissione tecnica, la quale ovviamente diede il benestare (3).

Il Teatro Nuovo, sorto sull’area del giardino del dottor Giovanni Piccinelli (attuale angolo via Verdi/ Largo Belotti), fu terminato nel 1901 su progetto degli architetti Gattemayer e Albini (1897) e sul modello del Del Verme di Milano. Venne inaugurato il 23 marzo dello stesso anno, con la gestione Regazzoni – Givoli – Terzi. La facciata era molto diversa da quella attuale

 

E’ il 17 gennaio 1900. Carlo Ceresa – che ha rilevato il Teatro Nuovo, in corso di costruzione, da Giovanni Givoli e Innocente Carnazzi, – scrive alla contessa Felicita Murari Bra di Verona: “Signorina, Le invio la cartolina del Nuovo Teatro che ho fatto costruire testé qui a Bergamo, e che è stato la causa diretta di assorbire completamente il mio individuo, in modo tale di farmi anche dimenticare nella fausta occasione del principio del secolo le amicizie le più care e più preziose” (da Pilade Frattini e Renato Ravanelli, “Il Novecento a Bergamo. Cronache di un secolo”, Cit. in Riferimenti)

 

Anche la copertura è stata privata della caratteristica cupola. Per costruire il teatro fu sacrificato un migliaio di metri quadrati di terreno; il cancello posto a sinistra del teatro immetteva in un quartiere di villini immersi nel verde. Le macerie che si vedono sono un residuo della della vecchia Fiera in demolizione

L’ASPETTO DEL TEATRO DELLE ORIGINI

La struttura dell’originario “modernissimo Politeama” non presentava il tradizionale giro di palchetti, ma una triplice fila di gallerie, le due inferiori disposte ad anfiteatro e sorrette da un doppio ordine di colonne in acciaio e in ghisa.

Così si presentava il Teatro Nuovo al suo interno poco dopo l’inaugurazione. Un vero e proprio teatro “d’eccellenza”. Il progetto risale fine dell’Ottocento sulla base del gemello milanese, il Dal Verme; era impostato su tre gallerie e una platea (da D. Lucchetti, “Bergamo nelle vecchie fotografie”)

 

Teatro Nuovo nel 1901 (Foto Ogliari, dalla Rivista di Bergamo n. 6, Giugno 1926)

Luigi Pelandi annotava che il teatro era stato costruito sopra una intelaiatura di ferro, stimando il peso dei metalli usati in 24.000 chili di poutrelles, 6.600 di piombo per la copertura della cupola, 1300 di colonne in acciaio, 22.000 di colonne in ghisa, 16.000 di ferramenta.

La sala poteva contenere almeno 1800 persone.

Teatro Nuovo (annullo postale 12 settembre 1905 – Raccolta D. Lucchetti)

Denunciava inoltre il Pelandi, agli esordi del teatro, il poco sfondo del palcoscenico e l’acustica che non rispondeva in modo confortevole a causa della soverchia elevazione della prima galleria; inoltre, l’alto basamento che cingeva la platea troppo al di sopra del piano (4).

L’INAUGURAZIONE E I PRIMI SPETTACOLI

Il Nuovo fu inaugurato il 23 marzo 1901 con una rappresentazione de La sonnambula di Vincenzo Bellini, replicata quattro volte, e malgrado lo spettacolo cadesse in tempo di Quaresima e durante la settimana di Passione, sia per la novità e sia per la bontà dello spettacolo il teatro fece cinque serate di buona cassetta. Nell’occasione fu scritturata la spagnola Giuseppina Huguet, e il soprano dette vita a una deliziosa Amina con un canto di una grazia e di una sensibilità davvero indimenticabili. Vi furono un’infinità di chiamate ed un interminabile lancio di fiori. Fu, quella, una settimana di grandi piogge a Bergamo e in qualche punto la Morla minacciò di straripare.

L’interno del Teatro Nuovo da poco inaugurato (Raccolta D. Lucchetti)

Subito dopo la Sonnambula andarono in scena i primi spettacoli di prosa: Edipo re, La bisbetica domata, Amleto, Kean e Nerone. Protagonista principale Gustavo Salvini che era al massimo del suo fulgore: il pubblico, elettrizzato e fremente, lo acclamò a sazietà.

Medaglione ad alto rilievo collocato al centro del timpano triangolare che sovrasta la facciata principale (da “Comune di Bergamo, Piano di recupero ex teatro cinema Nuovo, angolo via Verdi/Largo Belotti”, Cit. nei Riferimenti)

Quell’anno – ricorda Luigi Pelandi – arrivò anche il circo, che fece fare affari d’oro al botteghino. Era il famoso Guillaume, “che tenne occupata la platea con i suoi cavalli ammaestrati, con impressionanti acrobatismi e con i suoi clown, più o meno spiritosi”. Il 1901 si chiuse con gli spettacoli della Compagnia di prosa di Alfredo De Sanctis, prima attrice Emma Gramatica.

Alla Fiera nel  1902, con Il Teatro Nuovo sullo sfondo

Al Nuovo avvenne persino la prima storica “rivolta” contro le spettatrici che prendevano posto con vistosi cappelli piumati dando luogo a curiose guerricciole terminate solo dopo che la moglie dell’impresario inaugurò la moda di entrare a teatro a capo scoperto sfoggiando una chioma d’oro indimenticabile. Da quel momento i cappelli furono lasciati nel guardaroba del teatro.

IL NUOVO CON PILADE FRATTINI

Nel 1904 il Nuovo divenne comproprietà di Carlo e Giovanni Ceresa, Italio Bissolaro e il geniale e temerario Pilade Frattini (5), che tenne l’impresa teatrale fino al 1915.

Il torresino delle Vettovaglie, che guarda verso Porta Nuova, occupato dal Caffè Ristorante Nazionale, nel 1889, due anni prima dell’arrivo di Pilade Frattini. In fondo, sulla destra, si riconosce la mole del Teatro Givoli, abbattuto nel novembre del 1897 (Raccolta D. Lucchetti)

Caffettiere elegante ed impresario infaticabile, Frattini si era stabilito a Bergamo nell’anno 1900 ed aveva acquistato il Caffè Nazionale, che apriva le sue vetrine sul Sentierone, facendone un ritrovo alla moda ed impiantandovi all’interno un piccolo teatro di varietà, nel quale si esibì per una quindicina d’anni il fiore dei cantanti famosi, dei musici, delle soubrettes, delle ballerine, dei comici e dei giocolieri dell’epoca.

Era il Frattini di una attività fenomenale, sempre in moto fra Bergamo e Milano. Ebbe in gestione anche il Casinò di San Pellegrino Terme (dove troneggiava alla roulette), frequentato al suo tempo da editori, musicisti, artisti, giornalisti e scrittori famosi (Luigi Pirandello, Arnaldo Fraccaroli, Marco Praga, Pompeo Molmenti, Sabatino Lopez). Fu anche animatore del Teatro Donizetti, dove seppe portare delle vere primizie, tra cui (1906) la prima assoluta de l’Amica,  scritta e diretta dallo stesso Pietro Mascagni. Nelle varie stagioni d’opera fece venire a Bergamo Umberto Giordano, Francesco Cilea e Giacomo Puccini e per ciascuno preparò accoglienze fastose e ricevimenti lussuosi. Ma fu al Nuovo che scaricò tutto il suo estro, portando sul palcoscenico spettacoli di grido ed esibizioni tra le più stravaganti.

Pilade Frattini (Milano, 1872 – Bergamo, 1920), comproprietario del Teatro Nuovo dal 1904 al 1915. Impresario infaticabile, dotato di tanta originalità ed inventiva, fu stroncato nel pieno della sua frenetica e inesauribile attività da un colpo apoplettico

 

Il caffè Nazionale, sulla fine dell’800 subentrò alla Trattoria della Speranza, situata nei medesimi locali. Il Caffè occupava parte del torresino ed altre botteghe fino al primo cancello della Fiera. Ciò che Frattini riuscì a fare e ad organizzare ha dell’incredibile: nel suo caffè erano  frequenti gli spettacoli (aveva allestito un teatrino con camerini). vi arrivò il cinematografo Ungari e pure frequenti erano le più varie riunioni culturali

Da buon impresario teatrale (suo a Roma il teatro Frattini), gestì il Nuovo in prima persona, facendone uno dei teatri italiani più vivi e à la page. In pratica lo trasformò in un vero e proprio centro d’attrazione per ogni genere di spettacoli e grazie a lui il teatro divenne la sala più polivalente della città: fu sede di opere liriche, operette, commedie e drammi, balletti, conferenze, comizi, eventi sportivi, esperimenti scientifici, illusionismo, giochi popolari, spettacoli circensi (il cosiddetto bal di caài).

Gli anni ai primi del Novecento furono memorabili. Per la prima volta a Bergamo si esibì una compagnia di “danzatori negri africani”; talmente giganteschi che terrorizzarono quanti incontrarono per strada prima dello spettacolo. Sul palcoscenico del Nuovo si esibì anche il “lottatore più forte del mondo”, il triestino Raicevich, che affrontò un colosso di colore che si chiamava Anglio e si diceva fosse un mezzo cannibale. In quegli anni fu persino organizzata, in teatro, un’autentica corrida, ma l’uccisione del toro fu proibita.

I famosi fratelli Raicevich ritratti intorno al 1910. I lottatori operavano negli spettacoli della Fiera (Raccolta D. Lucchetti)

Frattini era pure dotato di un grande intuito musicale e di buon fiuto: a lui si deve la straordinaria scoperta di quel genio musicale che fu il violinista Vasha Prioda: lo prelevò da un’orchestrina di un caffè milanese e lo fece debuttare al Nuovo, dove tenne un concerto anche il virtuoso pianista polacco Miecio Horszowski: “Dopo tanti anni questi nomi non diranno più niente alle nuove generazioni, abbruttite dalle stramberie assordanti e sgraziate dei cantautori e dalla zotiche e insulse balordaggini della musica leggera di massa, divenuta spregevole oggetto di consumo, e tuttavia basterà ascoltare qualche vecchia incisione riversata dai gloriosi cilindri di Edison o dai fruscianti dischi a settantotto giri per rendersi conto dell’eccellenza di quei virtuosi solisti”, scrisse Umberto Zanetti nella sua “Bergamo d’una volta”.

Con Frattini, arrivarono al Nuovo gli artisti più prestigiosi, come il mitico giocoliere internazionale Enrico Rastelli con i prodigi di equilibrio nonché l’imbattibile trasformista Leopoldo Fregoli, inventore del trasformismo teatrale e trasformista per antonomasia, che nei suoi spettacoli comprendeva anche alcuni brevi film da lui stesso interpretati. A costoro vanno aggiunti Ferravilla, gli illusionisti Mister Tomba e Elsa Barocas. Vi declamarono inoltre  le loro poesie Trilussa, Barbarani, Pascarella, Lino Selvatico.

In cartellone anche le compagnie di prosa fra le più famose e compagnie di operette fra le maggiori. Frattini portò sulle scene del Nuovo Tommaso Salvini (che insieme a Ernesto Rossi e Adelaide Ristori formava la triade dei principali attori del teatro italiano di metà Ottocento) col suo grave repertorio greco, shakespeariano e alfieriano; l’indimenticabile quartetto Galli, Guasti, Sichel, Ciarli con le sue commedie francesi; Tani, con le sue operette; “La Nave” di D’Annunzio in forma di dramma, il meglio delle compagnie dialettali (Ferravilla, Zugo, Musco); gli attori più famosi, come Gandusio, Falconi, Monaldi con la moglie, la bellissima Fernanda Battiferri. Cantanti lirici come il baritono emiliano Riccardo Stracciari, che in pieno clima verista, dopo il tramonto di Battistini, costituì un esempio vivente della scuola italiana di canto dell’Ottocento.

Frattini fece recitare le compagnie di Ermete Novelli, di Virginio Talli, di Ruggeri e Borelli, organizzò una celebrazione dell’impresa dei Mille con una conferenza d’Innocenzo Cappi e la partecipazione di ventotto reduci garibaldini.

Sempre prodigo di sorprese, nel 1904 chiamò sul palcoscenico la Compagnia comica del Gran Togo Mandrigos, un’autentica, scatenata e numerosissima tribù africana, che eseguì dei numeri sbalorditivi divertendo moltissimo il folto pubblico.

Dopo i primi abbattimenti del 1909, si evidenziano la Chiesa e l’Ospedale di San Marco. Sulla destra, il Teatro Nuovo (Raccolta D. Lucchetti)

 

La foto-cartolina (annullo postale del 25 aprile 1916) mostra la Piazza Baroni dopo i primi abbattimenti della Fiera, con a destra il Teatro Nuovo e sulla sinistra, la Chiesa e l’Ospedale di San Marco. La Piazza Baroni fu il luogo dove si effettuava la “Fiera mobile”, con mercatini e spettacoli viaggianti (sino al 1897 vi fu anche il Teatro Givoli) – (Raccolta D. Lucchetti)

Ancora al Nuovo diede un concerto nel 1908 il maestro Enrico Toselli, autore di una celeberrima serenata, cavallo di battaglia di tutti i soprani da salotto. Presente la principessa di Sassonia di cui in quel tempo si era fatto un gran parlare.

Nel 1910, il 26 e 27 febbraio, si tenne un torneo internazionale di lotta, con in palio un premio di mille lire. Tra i partecipanti, il campione del mondo Paul Pos, il campione russo Romanoff, quello italiano Masetti, quello francese Aimable de la Calmette e, con molti altri lottatori di fama, il campione dei campioni Pedersen.

Il 10 ottobre 1910 al Teatro Nuovo la Compagnia di Emma Gramatica tenne la prima delle due recite straordinarie sulla Reginetta di Saba, un lavoro di Ettore Maschino. Un giornale dell’epoca ne annunciava l’evento informando sui prezzi d’ingresso: platea una lira; prima loggia una lira e cinquanta; seconda loggia sessanta centesimi; loggione quaranta centesimi- poltrone due lire e posti numerati di prima loggia una lira oltre l’ingresso alla prima loggia.

Nel 1911, sotto l’egida del comitato bergamasco della Società Dante Alighieri, si proiettò il film L’Inferno; in una breve orazione introduttiva Innocenzo Cappi inneggò alla nuova conquista della cinematografia nazionale: la pellicola era lunga mille metri.

Ne mancarono conferenze con studiosi illustri, dicitori di fama e grandi patrioti: da Cesare Battisti a Gabriele D’Annunzio. A quest’ultimo, Frattini corrispose una notevole somma per venti “conferenze aviatorie” (“Per il dominio dei cieli”) che dovevano svolgersi in prestigiosi teatri italiani: il poeta, preteso anticipatamente e intascato graziosamente il compenso, onorò parzialmente l’impegno tenendone prima a Milano, quindi a Torino con esito entusiastico, poi a Bergamo al Teatro Nuovo intorno al 1910, interrompendo la tourneé per dissapori con lo stesso Frattini e riparando poi a Parigi. Ma aggiunge Umberto Zanetti che “Il caffettiere-impresario salutò senza rancore la proiezione di “Cabiria” al Donizetti nel 1914, ben sapendo che il poeta, ancora squattrinato e indebitatissimo sebbene in suolo francese, aveva ceduto la fama del suo nome unicamente per coniare il titolo del film. Frattini fu degno ancora una volta del suo stile e dei suoi mezzi facendo propagandare lo spettacolo – cosa mai veduta prima di allora – con un lancio di volantini da un aeroplano. In teatro, durante la proiezione, un’orchestra suonò la “Sinfonia del fuoco” di Ildebrando Pizzetti”.

Sempre in tema di conferenze, sono ricordate anche quelle (brillanti) di Innocenzo Cappa, Fradeletto, Barzilai e Pastonchi.

Presso il Nuovo è apposta una lapide con corona metallica commemorativa dedicata al patriota martire Cesare Battisti, “che prima della guerra mondiale 1915-18 vaticinò la vittoria delle nostre armi ed una più grande Italia con Trento e Trieste (da Luigi Pelandi, “Attraverso le vie di Bergamo scomparsa. II. La strada Ferdinandea”, Cit. nei Riferimenti)

Nel maggio del 1911, accompagnati dalla fama di “violenti rivoluzionari” arrivarono al Nuovo i Futuristi. La coraggiosa e sprezzante Compagnia Futuristica Marinetti & Co. (Filippo Tomaso Marinetti, Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Giovanni Acquaviva, Luigi Russolo e Giacomo Balla) sconcertò il pubblico suscitando polemiche a non finire con lo spettacolo Intonarumori: si ripeterono in sala le stesse indignate proteste che avevano accolto l’esibizione futurista a Milano.

Lotta femminile al Teatro Nuovo, 1911

Nel 1913 intervenne anche Benito Mussolini (allora direttore dell’ “Avanti!”), acclamatissimo. Scriveva L’Eco di Bergamo che “Mentre il proletariato affollava il circo equestre in piazza Baroni, un discreto numero di borghesi ha versato 50 centesimi a beneficio dell’Avanti! e ha raggiunto il teatro Nuovo; tutti però sono rimasti prudentemente vicini il più vicino possibile alla porta a sentire e a vedere Benito Mussolini. Il direttore dell’Avanti! ha parlato del socialismo; più precisamente del suo socialismo”.

Sempre nel 1913 vi si organizzò il primo incontro di Boxe, in una serata d’accademia di ginnastica e scherma (disciplina che il Teatro Duse iniziò ad ospitare dal novembre del ‘28).

Nel 1915 il teatro ospitò Luigi Pirandello in veste di direttore artistico della compagnia teatrale che si esibiva in Sei personaggi in cerca d’autore e con in platea l’avvocato Alfonso Vajana nelle vesti di critico teatrale. Per il giugno dello stesso anno è ricordato anche un Barbiere di Siviglia con cantanti tutte femminili.

Ricorda Luigi Pelandi che Frattini ingaggiò anche molte cantanti di cartello. Fra queste, un successo personale ottenne in particolare la bella e agilissima Gea della Garisenda (autrice di successi come l’inno patriottico A Tripoli), che cantò ne La vedova allegra e nel Sogno di un valzer, con un teatro stipato all’inverosimile e il proscenio subissato da una pioggia di garofani e rose. Umberto Zanetti scrisse che “Sotto le finestre della diva, che alloggiava all’Albergo Concordia, le ovazioni dopo lo spettacolo continuarono fino alle ore piccole”. La diva si esibì anche presso café chantant di Pilade Frattini.

UN CENNO AGLI SPETTACOLI DOPO FRATTINI

Anche in seguito, e probabilmente sul solco lasciato da Pilade Frattini, il Nuovo non si fece mancare niente. Nel febbraio del 1916 ospitò Pietro Mascagni; nel 1917 vi tornò la Compagnia di Emma Gramatica. Quell’anno fu in realtà un susseguirsi di Compagnie teatrali comiche e operettistiche, lirica, varietà, illusionismo, lotta. Sempre nello stesso anno, e per diversi anni, il teatro ospitò anche esibizioni circensi, in coincidenza con la Fiera.

La satira negli anni Venti (da “Comune di Bergamo, Piano di recupero ex teatro cinema Nuovo, angolo via Verdi/Largo Belotti”, Cit. nei Riferimenti)

Con un ritmo ben regolato e a scadenza fissa, vi erano al Nuovo dai venti ai trenta cambiamenti di spettacoli annuali, saliti a 40 nel 1923.

Nel febbraio del 1918 il Teatro Nuovo veniva requisito per quattro mesi per ospitare i soldati delle terre invase: “i cittadini fecero a gara per rendere ai disgraziati fratelli meno dolorosi i loro cupi pensieri”. Il teatro riaprì nel 1918 con la Compagnia teatrale Zago /Compagnia Veneziana e vi si esibì Fregoli con grande successo e visibilio del pubblico.

Con la Grande Guerra, l’epidemia di Spagnola colpì anche la nostra città e con il 15 ottobre del 1918 il teatro dovette chiudere per 5 mesi. A fine anno, il sig. Ceresa vendeva il teatro ai sigg. Resta e Bonfiglio di Milano, che nel 1927 cedevano l’impresa teatrale al sig. Giulio Consonno. Quest’ultimo, che per anni aveva gestito il Donizetti, iniziò l’attività al Nuovo l’11 maggio e sempre in quell’anno iniziò a gestire il Teatro Duse, appena costruito.

La satira negli anni Venti (da “Comune di Bergamo, Piano di recupero ex teatro cinema Nuovo, angolo via Verdi/Largo Belotti”, Cit. nei Riferimenti)

Se per il 1920 si registrò la presenza a teatro della Compagnia drammatica Riva-Lotti-Fortis, quello successivo fu l’anno d’oro per l’impresario e per il locale: la fine della guerra scatenava frenesia e una gran voglia di divertimento e in città i cinematografi si raddoppiarono. Si diradò la programmazione di prosa e prese campo l’operetta con grandi pienoni di pubblico: fra le tante, si distinsero le soubrette Odette Marion e Alda Borelli, che vi arrivò a luglio.

Per il ‘23 si ricorda l’esibizione (musica e balletto) del coro dei “Cosacchi del Kuban” (1923), corpo corale cosacco che si era formato dopo lo scoppio della rivoluzione del 1917 e prendeva il nome da uno dei migliori e più antichi collettivi artistici russi (il Coro dell’esercito dei Cosacchi del Kuban, risalente al 1811).

Il 24 febbraio 1924 al Nuovo si tenne il primo comizio fascista. La cronaca de “L’Eco di Bergamo” riportava: “Ha parlato per circa un’ora e mezzo l’onorevole Ezio Maria Gray esaltando il fascismo e i fascisti che, ha detto, si sono imposti il compito di valorizzare le energie nazionali e di fare da correttivo fra le classi sociali e quindi da potenti pacificatori sociali”.

Nella aerofotografia del 1924 è ben visibile il Teatro Nuovo (nel tondo), con la caratteristica cupola che sovrasta la sala. I lavori per il nuovo Centro si stanno avviando a compimento: sono costruite la Banca d’Italia e la Torre dei Caduti (di Marcello Piacentini), la Camera di Commercio (di Luigi Angelini); nel 1925 sarà aperto il blocco di edifici sul Sentierone (di Marcello Piacentini). E’ in costruzione il Palazzo di Giustizia (di Marcello Piacentini, con la direzione di Ernesto Suardo). Accanto al Palazzo di Giustizia, di fronte al Teatro Nuovo, tra il 1927 e il 1928, sarà costruito quello che doveva essere il Palazzo delle Poste e Telegrafi (di Marcello Piacentini)

Quello seguente fu un anno di calma per il teatro, con spettacoli prevalentemente lirici di buon livello, mentre nel maggio del ‘27 vi si esibì la Compagnia Nazionale delle grandi attrazioni, attirando, in alcune sere, fino a 2500 spettatori. Fra le attrazioni maggiori si distinse il grande giocoliere bergamasco Enrico Rastelli, mentre per la gioia dei piccoli spettatori arrivò il “nano Bagonghi” personalità indimenticabile. Ma la cronaca del periodo ricorda per quell’anno anche Ettore Petrolini.

L’AMPLIAMENTO DEL NUOVO NEL 1929

Le nuove tecniche teatrali imposero nuove esigenze ambientali e sceniche, tali da portare, nel 1929, a un rifacimento e a un ampliamento – grazie all’acquisto di terreni circostanti -, che investirono tutto il grande edificio.

Il progetto era degli architetti Cesare Galimberti e Camillo Galizzi, mentre la ristrutturazione fu decisa con la consulenza tecnica dell’ingegner Cesare Albertini della Scala di Milano.

Fu deciso l’ampliamento del palcoscenico – di oltre otto metri -, che venne dotato dei più recenti meccanismi. Vennero sistemate la platea, le gallerie e le logge, prevedendo 600 posti a sedere in più; ampliata anche la sala d’accesso e l’attiguo caffè, formate nuove sale per il pubblico, camerini per gli artisti, ideati nuovi impianti per l’illuminazione e il riscaldamento.

Il Teatro Nuovo dopo il rifacimento del 1929 (Foto Wells, 14 dicembre 1955 – Per gentile concessione di Antonella Ripamonti)

L’ingrandimento, così come la decorazione di severo gusto artistico, dovevano rendere il teatro degno del nuovo centro cittadino.

Interno del Teatro Nuovo (Archivio D. Lucchetti)

 

Il Nuovo e il palazzo delle Poste in costruzione (1931)

Le cronache ricordano in particolare il 1944, perché a calcare le scene del Nuovo furono i memorabili Tito Schipa e Toti dal Monte, grandi cantanti lirici dell’epoca, ricordati da Nino Filippini Fantoni come voci meravigliose, capaci di rapire e portare in atmosfere paradisiache nel tempo buio, terribile e disumano della guerra.

Il Nuovo – sulla destra – era ancora teatro nell’attesa di essere trasformato in cinematografo. Sulla sinistra, all’angolo con via Petrarca, c’è il bar Anselmo, storico ritrovo nerazzurro. Immancabile l’esposizione della bandiera quando l’Atalanta vinceva. Prima del restauro piacentiniano, la via si chiamava Masone (che allora iniziava alla Torresina, di fronte alla chiesa di San Bartolomeo), poi assunse il nome di via Adua e infine di largo Belotti (da “C’era una volta…” di Pino Cappellini, Ferruccio Arnoldi Editore)

TEATRO NUOVO E DINTORNI NEGLI ANNI ’50, IN IMMAGINI

Largo Belotti e Teatro Nuovo nel 1950

 

Largo Belotti e Teatro Nuovo nel 1950.  Le “due città” a confronto (Foto Wells)

 

 

Largo Belotti, 1954 il Teatro Nuovo con il lato sud completamente a vista in seguito all’abbattimento dell’edificio che ne celava una parte

 

 

Largo Belotti: l’edificio della Cariplo in costruzione, 1957

 

Il Teatro Nuovo intorno al 1957, con a lato l’edificio della Cariplo in costruzione

 

Largo Belotti: l’edificio della Cariplo ormai ultimato, tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta

 

Il Teatro Nuovo nel 1959. E’ visibile all’angolo il negozio di articoli sportivi “Cominelli Sport”, gestito da Severo Cominelli, campione dell’Atalanta e cannoniere principe della storia della squadra (superato in seguito da Doni)

LA CONVERSIONE A CINEMATOGRAFO

Nel 1965 si mise nuovamente in atto una ristrutturazione massiccia, che trasformò definitivamente il teatro in una grande e modernissima sala cinematografica e decretò la fine dei fasti vissuti all’inizio del XX secolo. Per la verità, la funzione esclusiva di cinematografo doveva essere attiva ancor prima della ristrutturazione del ‘65, come si evince da un articolo de “L’Eco” nel quale si legge che nell’ottobre del ‘51 il Nuovo era già totalmente adibito a cinema (6). E’ dunque plausibile pensare che in un primo momento il cinematografo fosse affiancato all’attività teatrale.

Scompariva così, inghiottito dalle ruspe, il vecchio e glorioso teatro (del quale restava ormai solo la facciata verso Largo Belotti), per far posto a una moderna sala attrezzata quasi come un Cinerama: riaperti i battenti il 2 dicembre del 1967, il primo film proiettato nel nuovo assetto fu l’americano “La battaglia dei giganti” in 70 mm. Technicolor, ultra-vision e con suono stereofonico, che poteva ora rivaleggiare con le migliori sale d’Italia. Il tutto, a sessant’anni anni dai primi tremolanti e grigi film muti.

Ricordata dalla Rivista di Bergamo come “una sala costruita ex novo dopo la completa demolizione di quella esistente: nulla più è rimasto, tranne la facciata verso largo Belotti, del vecchio e glorioso teatro che l’anziana generazione, baldanzosa nel primo triennio del secolo, nostalgicamente ricorda come “IL TEATRO” per antonomasia”. I lavori furono eseguiti dall’impresa edile Colleoni, su progetto dell’arch, Alziro Bergonzo, in collaborazione con il geometra Luciano Carzaniga. “Fautrice del rinnovamento, che ha dotato Bergamo di una sala moderna, la Società Teatro Nuovo” (l’immagine è tratta da La Rivista di Bergamo n. 12 – Dicembre 1966, pag. 17-19)

Il progettista della ristrutturazione interna fu il ben noto architetto bergamasco Alziro Bergonzo, che forte della progettazione del Manzoni di Milano, poté attenersi alle tecniche più aggiornate in materia di costruzione di sale cinematografiche.

Al tempo di tale radicale ristrutturazione, la gestione del Nuovo era affidata al comm. Giuseppe Spiaggia, figura di spicco in un settore che, dopo i fasti degli anni Cinquanta e in parte Sessanta, aveva già iniziato un cammino di fatale e drastico ridimensionamento.

La sala aveva ora milletrecento posti a sedere (980 in platea e 320 in galleria, successivamente ridotti a 900 per motivi di sicurezza) ed uno schermo di metri 13×6; da ogni poltroncina (tutte imbottite e ricoperte di stoffa blu, come quelle del Manzoni di Milano), la visibilità veniva favorita dalla platea ascendente verso lo schermo.

Sopra le pareti, anch’esse imbottite e ricoperte di stoffa, spiccavano appliques a più bracci che diffondevano un’illuminazione calda e confortevole; gli altoparlanti alle pareti assicuravano una perfetta stereofonia, favorita anche dalla spessa imbottitura di materiale acustico (ed ignifugo) delle pareti e dai pannelli assorbenti del soffitto, riflettenti il suono.

Gli impianti di proiezione, installati dalla Prevost, fornivano una proiezione limpida con fedelissima audizione del suono. Lo spazioso atrio d’ingresso era ricoperto in stucco lucido venato di tinta bluette. Altrettanto ampi i disimpegni (scale e servizi).

LA DECADENZA 

Dopo essere stato trasformato in cinematografo (indimenticabili, negli anni Settanta le Prime Visioni di Rocky e Jesus Christ Superstar, che tennero il cartellone per settimane), e dopo un periodo in cui aveva ospitato numerose compagnie di riviste, il Nuovo decadde sempre di più e, a partire dal ‘78, nel disperato tentativo di risalire un po’ la china si diede ai film a luci rosse. All’indomani dell’inaugurazione del “nuovo corso” la cassiera faceva sapere a un cronista del “Giornale di Bergamo” che “la morale e il prestigio sono una cosa, i guadagni un’altra; e non vi sono dubbi che i guadagni si fanno con i film porno, tanto che ora l’incasso quotidiano è superiore a tutte le più rosee previsioni”.

Locandina di ieri e di oggi (da “Comune di Bergamo, Piano di recupero ex teatro cinema Nuovo, angolo via Verdi/Largo Belotti”, Cit. nei Riferimenti)

In questi anni vi furono continue proteste, denunce e prese di posizione anche violente contro il dilagare dei film a luci rosse, che aveva contagiato anche altre sale della città (7). Anche il Ducato di Piazza Pontida non perse occasione, al “rasgamento della vecchia”, per bruciare sul rogo in piazza il cinema e la pornografia.

Nel 1983 i giornali annunciavano che presto si sarebbero spente le ‘luci rosse’ che fino ad ora avevano “fatto precipitare un teatro di fama come il Nuovo”. Ma la specie di stagione teatrale dedicata soprattutto a vedettes della canzone e del cabaret non servì a rianimare il locale, che nell’85 fu il primo a lanciare a Bergamo il noleggio di film in Vhs, seguito solo più tardi dai negozi “specializzati”: l’ennesimo fendente per le sale cinematografiche che, come quella del Nuovo, erano da tempo in agonia.

Nel luglio 2017 è stata avviata la dismissione delle poltroncine mediante un’operazione che prevedeva la vendita a fronte di un’offerta economica a beneficio dei Frati minori Cappuccini di Bergamo per la mensa dei Poveri; operazione che ha riscosso un notevole gradimento oltre ad aver generato una cospicua somma devoluta in beneficenza (da L’Eco di Bergamo, martedì 4 luglio 2017)

Dopo ripetuti tentativi di riqualificare il locale con programmazioni cinematografiche di livello, coinciso con la gestioni Nolli-Signorelli, nell’estate del 2005 il cinema Nuovo ha chiuso definitivamente i battenti. Col tempo le condizioni dell’edificio sono andate peggiorando ed anche il progetto, annunciato nel lontano 2017, di aprire al suo interno uno spazio dedicato alla gastronomia d’eccellenza, non è andato in porto anche a causa dell’elevato costo dei materiali edili necessari per la ristrutturazione.

NOTE

(1) “Il progetto che gli architetti Gattemayer e Albini avevano elaborato fu approvato da una commissione artistica presieduta dall’architetto Camillo Boito. Direttori dei lavori furono designati l’ingegner Caccia e il professor architetto Odoni”. (Luigi Pelandi, “La Rivista di Bergamo”, numero di giugno del 1926). Un’altra fonte indica, per quanto riguarda la gestione del teatro nel 1901, i nomi di Regazzoni – Givoli – Terzi (Comune di Bergamo, Piano di recupero ex teatro cinema Nuovo, angolo via Verdi/Largo Belotti. Relazione illustrativa generale, ottobre 2018. Progettista: Arch. Domenico Egizi).

(2) Nel resoconto di Luigi Pelandi, “I due impresari avevano acquistato alcuni mesi prima un migliaio di metri quadrati di terreno dal dottor Giovanni Piccinelli, spinti dal miraggio di certa fortuna nell’esercizio di un teatro moderno a Bergamo, dopo la soppressione del Teatro Rossi e la demolizione del Teatro Givoli, l’ordine contrattuale disponeva che il teatro fosse completamente finito per essere aperto al pubblico sei mesi dopo. Gli appaltatori dovevano a varie rate pagare L. 86 mila. Il conte Gabriele Camozzi ne assumeva la garanzia del pagamento. Ma il lavoro non era al secondo mese che già subiva soste impressionanti e da lì diffide e controdiffide causate da varie ragioni. Al febbraio del 1898 i lavori erano di ben poco proseguiti e già gli appaltanti avevano dato in anticipo poco meno della metà della somma dovuta! Del febbraio di quell’anno è un primo atto di citazione; il mese dopo la prima sentenza, e poi perizie e contro perizie e sentenze e ricorsi fino al giugno del 1899, senza che nel frattempo si procedesse gran che nella costruzione. Finalmente, in seguito a una vigorosa azione spiegata dai signori Carnazzi e Givoli, il Teribunale di Bergamo autorizzava i medesimi a condurre a termine la costruzione del Politeama e condannava i due appaltatori nei danni e nelle spese. Ricorrevano questi in Appello e poi in Cassazione, ma in tutti i giudizi rimanevano soccombenti. Carlo Ceresa rilevava il teatro; pochi anni dopo lo faceva portare finalmente a termine ai primi del marzo 1901..” (Luigi Pelandi, “Attraverso le vie di Bergamo scomparsa. II. La strada Ferdinandea”.  Banca Popolare di Bergamo. Co-Editore: Edizioni Bolis. Bergamo, 1963. Collana di studi bergamaschi).

(3) Luigi Pelandi,La Strada Ferdinandea, Ibidem.

(4) Luigi Pelandi,La Strada Ferdinandea, Ibidem.

(5) Domenico Lucchetti, “Bergamo nelle vecchie fotografie”. Grafica Gutemberg, 1976.

(6) Un articolo de “L’Eco di Bergamo” datato 6 Ottobre 1951 informa che già a quella data il Nuovo era totalmente adibito a cinema. “…inavvertita è passata da breve tempo la ricorrenza cinquantenaria di un teatro cittadino che ha avuto una non ingloriosa storia nella vita cittadina per tutta la prima metà del nostro secolo. Ci riferiamo al “Teatro Nuovo”, ora totalmente adibito a cinema”.

(7) “Le proiezioni avevano suscitato un mare di polemiche. In particolare nel 1976 c’erano state non poche pubbliche proteste per la proiezione al Capitol di Mondo porno oggi, un lungometraggio “a sensazione su quel che si fa nel mondo quanto a sesso e perversioni sessuali”. Lettere di cittadini indignati ai giornali, anche una sfilata per le vie della città. Su un grande cartello la scritta ‘Basta con le donne oggetto di film pornografici’. Un anno più tardi il Nuovo fu denunciato per l’esposizione di una locandina oscena (Erotic sex Orgasm, il titolo del film)…” (Pilade Frattini e Renato Ravanelli, “Il Novecento a Bergamo – Cronache di un secolo”. A cura di Ornella Bramani – Vol. II. UTET. Anno 2013).

Riferimenti principali

Pilade Frattini e Renato Ravanelli, “Il Novecento a Bergamo – Cronache di un secolo”. A cura di Ornella Bramani – Vol. II. UTET. Anno 2013.

La Rivista di Bergamo n. 6 – Giugno 1926.

La Rivista di Bergamo n. 12 – Dicembre 1966.

Umberto Zanetti, “Bergamo d’una volta”. Ed. Il conventino, 1983.

Luigi Pelandi, “Attraverso le vie di Bergamo scomparsa. II. La strada Ferdinandea”.  Banca Popolare di Bergamo. Co-Editore: Edizioni Bolis. Bergamo, 1963 (Collana di studi bergamaschi).

Comune di Bergamo, Piano di recupero ex teatro cinema Nuovo, angolo via Verdi/Largo Belotti. Relazione illustrativa generale, ottobre 2018. Progettista: Arch. Domenico Egizi.

Ultima modifica 26/02/2023