Bergamo negli anni del secondo conflitto mondiale: frammenti di memoria

Il 29 ottobre 1922 vi fu l’assalto al palazzo delle Poste e Telegrafi da parte dei fascisti, riassunto nelle parole dell’avvocato giornalista Alfonso Vaiana:

“Più laboriosa l’occupazione delle Poste e Telegrafi, alla quale potei assistere, poiché le informazioni su quanto si preparava… ignorate dalIa questura, erano arrivate in redazione: un ghiotto servizio per il giornalista! A mezzanotte (tra il 28 e il 29 ottobre 1922) sul Sentierone si aveva l’impressione di poter camminare nudi, ma era soltanto un’impressione: le tresende della fiera – situate dove sorgono gli attuali edifici del centro piacentiniano – erano animate; al portone degli uffici postelegrafici, qualche sentinella (guardie regie); qualche ombra umana incollata nelle zone d’ombra. Anch’io, in attesa, mi ero appostato in ombra. …In quella, sempre dalle tresende, intervenne a gran corsa il grosso, il quale iniziò una sparatoria. Vediamo un ferito (mortalmente) steso al suolo… portammo il ferito in questura”. L’apparire del ferito – la guardia regia Pietro Perrone – provoca una tremenda esplosione d’ira tra le guardie regie, che vogliono correre a vendicare il compagno. E questo è veramente il momento più drammatico di tutta l’azione. ll questore – che stava creandosi i titoli per il suo avanzamento alla questura di Milano – chiude il portone, sfodera la pistola e minaccia di morte chiunque tenti di uscire.  …la cronaca dei fatti fu improntata a verità ma anche ad austerità”.

lnizia cosi per l’Italia un triste periodo, caratterizzato da una sanguinosa guerra fratricida (1).

29 ottobre 1922 . I fascisti barricano il palazzo delle Poste e Telegrafi di Bergamo. Seguirono violenti scontri tra fascisti e socialisti

 

1942. Reduci da Klinura, dal fronte greco-albanese (Campagna di Grecia). I soldati bergamaschi sfilano in viale Roma, fra due ali di folla, davanti alla chiesa della Madonna delle Grazie. Sulla destra bambine in divisa; i bambini sulla sinistra (Museo delle Storie di Bergamo)

 

1942. Folla a Porta Nuova per accogliere i soldati al rientro dall’Albania: su uno striscione, steso tra i due propilei, campeggia la scritta “Voyssa”, una conquista italiana sul fronte albanese (Museo delle Storie di Bergamo)

 

1942. Bergamo, ritorno di militari dalla campagna di Grecia e Albania. Sui timpani dei propilei di Porta Nuova comparvero scritte inneggianti al conflitto (Museo delle Storie di Bergamo)

 

1944. Scritte antisemite su un negozio posto sul Sentierone. Il negozio verrà confiscato dall’EGELI  (Museo delle Storie di Bergamo)

 

1944. Manifesti della RSI sui muri di Bergamo (Museo delle Storie di Bergamo)

 

1944. Bergamo occupata dai tedeschi. Se nel primo conflitto mondiale i segni della guerra furono legati soprattutto al ritorno dei feriti e dei morti e alla terribile epidemia di “spagnola” che indusse a riaprire il Lazzaretto (tragico evento, di cui significativamente non abbiamo documentazione fotografica), il secondo conflitto portò la guerra, quella combattuta, direttamente nelle vie e nelle piazze di Bergamo (Museo delle Storie di Bergamo)

 

1941. Campo di concentramento di Grumello al piano

 

Bambini sull’erba del prato, nella colonia elioterapica, schierati dalle assistenti in modo da formare – vista dall’alto – la parola DUX. Immancabili sullo sfondo i saluti fascisti fatti da alcuni bambini (Museo delle Storie di Bergamo)

 

Una vista panoramica del Sentierone in una cartolina risalente agli anni 1939-’45 con in primo piano sulla destra il monumento ai Caduti fascisti demolito subito dopo l’aprile 1945. I fautori dei conflitti si mobilitarono per creare edifici sempre più grandiosi, che dovevano dimostrare la presunta superiorità bellica e, durante gli anni della dittatura, anche “razziale”. Sorsero nuovi monumenti, volti a ricordare i propri morti, ma soprattutto l’esigenza del “sacrificio per la patria” (Per l’immagine: P. Frattini, R. Ravanelli, Il Novecento a Bergamo, UTET, 2014)

 

L’Arengario, monumento fascista,chiamato “pà de saù”, in piazza Cavour

 

1942 circa. Il monumento alla rivoluzione fascista (Museo delle Storie di Bergamo)

 

1944. La Galleria Conca d’Oro funge da rifugio antiaereo

 

Tutti in posa per una foto-ricordo fra decine e decine di pacchi, con alimenti e vestiario, da spedire – come avverte la scritta – “agli internati in Germania, 3-12 gennaio 1944”. Una delle tante immagini di propaganda volute dalla Repubblica Sociale di Salò

 

1944 circa. Soldati tedeschi (Museo delle Storie di Bergamo)

 

1945. Bergamo, comizio del comandante Fletcher con i membri del CLN dopo la Liberazione (Museo delle Storie di Bergamo)

 

Fine aprile 1945. Due giovani partigiani in posa in uno studio fotografico.Nel 2012, un invito a ripercorrere i sentieri delle valli, in montagna, teatro della Resistenza. Quattro itinerari scelti dalla “Tavola della pace” come simbolo del sacrificio dei partigiani in lotta contro i nazifascisti. Soprattutto giovani, “che diedero la propria vita per la libertà” (Museo delle Storie di Bergamo)

 

Tutto il dramma dei profughi giuliano-dalmati dopo la seconda guerra mondiale. Un esodo, sottolinea nella sua opera Elisa Cattaneo, “troppo a lungo rimosso dalla coscienza nazionale” (da “L’esodo dei profughi giuliano-dalmati attraverso le carte dell’Archivio di Stato di Bergamo”, Sestante, Bergamo, 2012)

 

Il gruppo de Partigiani clusonesi (Archivio Cristilli), un’immagine nitida, “Limpida nella definizione e anche nei volti di quelle persone che non avevano incertezza. Quel tempo terribile aveva questo come pregio: si sapeva da che parte stare, o di qua o di là, amici e nemici, bianco o nero, a prescindere dal lato della barricata che si sceglieva o in cui per destino si finiva” (Giorgio Badoglio per Storylab)

 

Partigiani delle Fiamme Verdi sul Sentierone. La brigata “Fiamme verdi” era dislocata nella zona di Oltre il Colle e del Monte Arera. Fu tra le prime ad entrare in città

 

Il 27 aprile 1945 i partigiani sfilano sui due lati della strada in Borgo Santa Caterina. A più di un balcone e alle finestre sono esposte bandiere tricolori con lo stemma dei Savoia. Giorni storici e drammatici, quelli di fine aprile 1945 (Museo delle Storie di Bergamo)

 

“Insurrezione Aprile 1945 In Piazza Pontida”. A questa data i partigiani cercavano di stanare i fascisti rimasti in città

 

Aprile 1945. Sfilata dei partigiani in via Tasso, davanti alla scuola dei “Tre passi” (ora “Eugenio Donadoni”) e alla Prefettura

 

Aprile 1945. Sfilata dei partigiani in via Tasso

 

Un carro armato americano “salutato” da una folla esultante in via Broseta. Era il 29 aprile 1945 e il potente mezzo era diretto a Lecco (archivio fotografico dell’Istituto bergamasco per la storia del movimento di liberazione)

 

29 aprile 1945. Carro armato americano in via Broseta (archivio fotografico dell’Istituto bergamasco per la storia del movimento di liberazione)

 

La sconfitta del fascismo avrebbe portato alla distruzione dei monumenti più compromessi, come quello alla “Rivoluzione fascista” (in prospettiva l’Arengario, in un’immagine antecedente all’aprile 1945), ma in città permangono ancora oggi architetture e simboli del passato regime

Note

(1) Da Domenico Lucchetti, Bergamo nelle vecchie Fotografie, ” Il costume (ambiente e vita)”. Grafica Gutemberg, 1976.

La Colonna ai Lupi di Toscana davanti la caserma Montelungo

La caserma Montelungo sorge su un’area occupata dall’inizio dell’Ottocento dalla “Caserma delle Orfane, S. Raffaele e Convertite”, dal nome delle tre preesistenti opere di Carità presenti in loco dal XVI secolo. Dopo la seconda metà del’Ottocento il complesso architettonico ha subito numerosi mutamenti che l’hanno portato all’assetto con cui si presenta oggi. Numerosi anche i cambiamenti di nome: nel 1843, come risulta da una mappa dell’Archivio di Stato, la caserma venne contrassegnata con il nome di caserma “S. Giovanni”, dopo l’Unità d’Italia prese il nome di “Umberto I”, per assumere poi quello di “68° Fanteria”, di “Legnano” ed infine di “Montelungo”. Il presidio militare è stato sciolto definitivamente nel 1998 e contemporaneamente l’area e gli immobili sono stati dismessi e poi abbattuti

I Fanti della Brigata Toscana quando conquistarono il monte Melino, nell’ottobre 1915, furono definiti “Lupi” dai difensori austriaci in fuga. L’allora Capitano Ottorino Bonini, che comandava una delle Compagnie impegnate nello scontro, nella sua rievocazione ricorda come quest’appellativo divenisse per il Reggimento quasi una seconda fiammante bandiera.
Nella Grande Guerra la Brigata Toscana era chiamata “Bergamo” (poi denominata 78° Rgt. Fanteria che aveva il suo deposito di guarnigione alla Caserma “Umberto I” Montelungo) e il 77°, che aveva sede a Brescia alla Caserma Alessandro Monti (poi intitolata all’eroico Maggiore Giovanni Randaccio).

Dopo la vittoriosa battaglia sull’altipiano di Asiago e la conquista di Col del Rosso e di Cima d’Echele, nel 1917, i “Lupi” formularono il voto di erigere un Monumento che ricordasse il sacrificio dei Caduti e l’eroismo di tutto il 78° Reggimento Fanteria. A Bergamo, nel 1924, dopo due gare d’appalto, viene finalmente scelto il bozzetto dell’architetto Giulio Paleni. È una colonna trionfale romana di stile corinzio, a scanalature, che si alza per oltre 11 metri da un basamento quadrangolare (1).
Quella stessa colonna la cui familiare sagoma spicca ancor’oggi sul sagrato prospiciente l’ormai demolita caserma Montelungo, innalzata quando la caserma era intitolata ad Umberto I.

La caserma Montelungo in un’immagine d’epoca

Dopo la proclamazione del Regno d’Italia si costituì una nuova brigata granatieri di Toscana, il cui secondo reggimento prese il nome di 78° Reggimento Fanteria, partecipando alla guerra del 1866, alla campagna di Eritrea (1887/’88) e alla guerra italo turca (1895/96).

Esercitazioni di tiro nei campi di Seriate (fotografia anteriore al 1895, eseguita dal Dr. Giovanni Piccinelli) – (“Bergamo nelle vecchie fotografie”, D. Lucchetti)

 

Esercitazioni di tiro nei campi di Seriate (probabile foto conte Gerolamo Medolago) – (“Bergamo nelle vecchie fotografie”, D. Lucchetti)

 

Manovre militari del 1895: passeggiata davanti al palazzo Frizzoni (fotografia eseguita dal Dr. Giovanni Piccinelli) – (“Bergamo nelle vecchie fotografie”, D. Lucchetti)

La storia eroica del Reggimento però inizia con la prima guerra mondiale.
Molte furono le azioni di valore e di ardimento compiute dai fanti del 78°, e la fredda determinazione con cui le portavano a termine meritò l`appellativo di “Lupi”.

I “Lupi di Toscana” ebbero tre citazioni nel bollettino del Comando supremo, due decorati al valor militare di Savoia, 44 medaglie d’argento e 182 medaglie di bronzo.

Grande però fu il tributo di sangue pagato da quegli ardimentosi: più di 6.000 uomini rimasero uccisi o feriti.
Gli ufficiali morti furono 73, 143 i feriti, 50 i dispersi; i militari di truppa morti furono 878, i feriti 3.845 e i dispersi 1.573.
La bandiera del Reggimento andò letteralmente distrutta.

Dopo la vittoriosa battaglia detta “degli altipiani” nei giorni di Natale del 1917, i Lupi, considerate le grandi perdite subite nelle varie azioni di guerra, formularono il voto di erigere un monumento che ricordasse il sacrificio dei caduti e l’eroismo di tutto il Reggimento.

La promessa venne mantenuta: nel 1924, dopo due concorsi, il comitato formato da reduci e varie personalità e presieduto dall’on. Paolo Bonomi, scelse, per la realizzazione, il bozzetto dell’arch. Giulio Paleni e si diede subito inizio ai lavori.

Il monumento consiste in una colonna trionfale romana a scanalature, di stile corinzio, tratta da un sol blocco di marmo di Zandobbio, che si eleva per oltre 11 metri e 50 da un basamento quadrangolare.
Il capitello è in stile classico modernizzato, con delle figure di fante fra le volute.
ll basamento, che a sua volta poggia su una breve gradinata, presenta nella parte anteriore un bassorilievo in bronzo (in realtà un altorilievo, n.d.r.) , opera dello scultore bergamasco Cattaneo, rappresentante l’Italia, avvolta nella bandiera, che tiene fra le mani un ramo di alloro piegato destinato ai vincitori; ai suoi piedi un branco di lupi pronti all’attacco.

La caserma Umberto I, poi Montelungo, con il nuovo monumento ai Lupi di Toscana: la colonna trionfale romana di stile corinzio, a scanalature, che si alza per oltre 11 metri da un basamento quadrangolare. Intagliata in un blocco unico di marmo di Zandobbio, la colonna è sovrastata da un capitello che riproduce figure di Fanti tra le volute

Nella parte superiore del bassorilievo si legge l’esametro latino dettato dal condottiero della terza armata, il duca d’Aosta, che lo assegnò “in un giorno di battaglia come motto agli ardenti lupi del 78° reggimento”:TUSCI AB HOSTIUM GREGE LEGIO VOCATI LUPORUM.
La colonna ha incisi, lateralmente, i versi di Gabriele D’Annunzio, che così definì la fulminea conquista del monte Sabotino:
«Fu come l’ala
che non lascia impronte
il primo grido
avea già preso il monte»

Il basamento, posato su una breve gradinata, sulla parte anteriore esibisce un altorilievo in bronzo dello scultore bergamasco Edmondo Cattaneo che rappresenta l’ltalia vittoriosa avvolta nella Bandiera, protetta da una schiera di lupi pronti all’attacco. Sopra i lupi il motto latino del Duca d’Aosta: “Tusci ab hostium grege Legio vocati Luporum” (Legione di Lupi i Toschi fur detti dal gregge nemico). Sopra il celebre distico di Gabriele d’Annunzio dedicato alla folgorante conquista del monte Sabotino

e la motivazione della medaglia d’oro alla bandiera del Reggimento:
“con impeto irrefrenabile assaltarono e travolsero le più formidabili posizioni con orgogliosa audacia cercarono e sostennero la lotta vicina fieramente spezzando i più gravi sacrifici di sangue ed acquistando fama leggendaria si che il nemico sbigottito ne chiamò “Lupi” gli implacabili fanti (Velikj – Faitj 1 – 3 novembre 1916, Flondar-San Giovanni di Duino, Foci del Timavo 23-30 maggio 1917; 2 agosto – 3 settembre 1917; Tagliamento 2 – 3 novembre 1918)”.

Sugli altri lati del basamento, sono affisse le lapidi con la dedica “Ai gloriosi Caduti del 78° Reggimento Fanteria” con le date della prima e della seconda guerra mondiale, la motivazione della Medaglia d’Oro al Reggimento, le località gloriose della GRANDE GUERRA: Sabotino, Velikj, Col del Rosso e Cima d’Echele e quelle della SECONDA GUERRA: Malj Tabajani, Golico e Africa settentrionale

Per reperire i fondi necessari alla realizzazione del monumento, il comitato si affidò alle offerte volontarie degli ex combattenti e dei singoli cittadini, ma i fondi si rivelarono insufficienti e il comitato dovette organizzare, nel gennaio del 1925, un grande concerto per devolverne il ricavato all’opera intrapresa.
Superato l’ostacolo finanziario e terminato il monumento, il comitato si preoccupò di dare un carattere particolarmente solenne alla sua inaugurazione.

Approfittando del fatto che in Bergamo erano state portate a termine alcune costruzioni del centro piacentiniano e che l’Associazione Madri e Vedove dei Caduti e Dispersi aveva approntato il nuovo Gonfalone municipale, si pensò i riunire questi importanti momenti della vita cittadina in un’unica cerimonia con la presenza del re Vittorio Emanuele III.

La Camera di Commercio il 1° novembre 1925, giorno della sua inaugurazione alla presenza di Re Vittorio Emanuele III (“Bergamo nelle vecchie fotografie”, D. Lucchetti)

Così a Bergamo, il 1° di novembre del 1925 si era in attesa del re; il programma prevedeva:

ore 8,30 Arrivo di S. M. alla stazione. Presentazione e formazione corteo.

ore 9 Inaugurazione nel piazzale della caserma Umberto I del monumento ai caduti del 78° reggimento fanteria “Lupi di Toscana” e del Gonfalone della città, offerto dalle signore bergamasche, ad iniziativa dell’Associazione Madri Vedove e Parenti dei Caduti e Dispersi in guerra. Distribuzione delle drappelle dei trombettieri offerte da un comitato di signore fiorentine alla brigata toscana.

ore 10 Inaugurazione del palazzo di Giustizia.

ore 10 Inaugurazione nuova sede della Camera di Commercio.

Ore 11 Ricevimento dei signori Sindaci della Provincia, delle Autorità e Rappresentanze delle Associazioni nel Palazzo Provinciale.

“1925 circa: sfilata di reduci in via Torquato Tasso” (“Bergamo nelle vecchie fotografie”, D. Lucchetti)

I luoghi in cui avvenivano le cerimonie ufficiali erano tanto ristretti da consigliare un limitato numero di invitati, inoltre, ciascuno di essi non poteva assistere che ad una cerimonia.
Una fitta barriera di carabinieri e militari era stata posta lungo il percorso stazione-caserma Umberto I; la più stretta sorveglianza impediva a chiunque di entrare nei luoghi sopra indicati se non munito di apposito cartellino-invito. Notizia di cronaca curiosa può essere il fatto che questi cartellini differivano per colore in relazione al sesso dell’invitato ed alla manifestazione alla quale poteva partecipare.

Giunto a Bergamo, il Re fu ricevuto dai ministri Rocco e Belluzzo, dal conte Suardo, dal commissario prefettizio Franceschelli, dal generale Segré, dal prefetto e da altre personalità, quindi, a bordo di una “Isotta Fraschini”, di color giallo, raggiunse la caserma Umberto I fra due ali di folla acclamante.

Il Monumento ai Lupi di Toscana fu inaugurato con una fastosa cerimonia dal Re Vittorio Emanuele III il 1° novembre 1925. Giunto a bordo di una Isotta Fraschini, raggiunge la Camera di Commercio accolto dalle Autorità locali e nazionali tra gli applausi scroscianti di una folla imponente

 

Re Vittorio Emanuele III a bordo dell’Isotta Fraschini durante la visita a Bergamo nel 1925

I vecchi “Lupi”, venuti da tutte le città d’Italia (fra essi 500 trinceristi guidati da Franco Gagliani, il garibaldino del Sabotino) sfilarono con i petti fregiati dalle medaglie al valore, preceduti dal loro gagliardetto inaugurato la settimana prima al Vittoriale da Gabriele D’Annunzio.

Il Re, affacciato al balcone, inaugura la Camera di Commercio nel nuovo centro cittadino ideato da Marcello Piacentini. Nello stesso giorno egli inaugurerà anche il Palazzo di Giustizia

Dopo la breve cerimonia dell’inaugurazione del monumento, prese la parola il comandante del reggimento, colonnello Gritti, che brevemente ma incisivamente illustrò le eroiche imprese dei “Lupi”; a lui fecero seguito il generale Martinengo e l’On. Paolo Bonomi.
Al termine, donna Alessandri Ginammi, presidentessa dell’Associazione Madri e Vedove dei Caduti, consegnò al commissario prefettizio il nuovo gonfalone della città al quale era appesa la medaglia d’oro concessa da Umberto I per i gloriosi fatti del 1848.

Il palco per le autorità eretto di fronte alla colonna dei “Lupi”. Nella Caserma “Umberto I” il Re s’intrattiene con i gloriosi “vecchi Lupi”, guidati dal Generale Francesco Gagliani, Comandante storico della Brigata Toscana. Assiste quindi alla parata del 78° Rgt. Ftr. seguito dai Reduci che sfilano con i petti fregiati dalle Medaglie al Valore e con l’azzurro gagliardetto dei Lupi di Bergamo inaugurato la sera del 24 ottobre da Gabriele d’Annunzio al Vittoriale

La cerimonia si concluse nell’interno della Caserma, dove il Sovrano passò in rassegna e si intrattenne con i soldati e i reduci del reggimento.
Recentemente l’Associazione del Fante e dei Lupi di Toscana ha sostituito le tre lastre di marmo infisse nel monumento per incidere i luoghi e le date delle ultime gesta dei Lupi di Toscana nella seconda guerra mondiale.

Mali Tabaianj gennaio 1941
Golico marzo 1941
Africa Settentrionale 1942 (2)

Fonti
(1) Per la prefazione seguita da alcune didascalie poste a corredo delle immagini: “Bergamo restaurato il monumento ai Lupi di Toscana”, da “Il Fante ‘Italia” n. 1 del 3/2012.
(2) Per il testo integrale: Arnaldo Gualandris, “Monumenti e colonne di Bergamo”, a cura del Circolo Culturale G. Greppi. Bergamo, 1976 (con introduzione di Alberto Fumagalli).