Villa Pesenti-Agliardi a Sombreno e il giardino: dal progetto del Pollak all’impianto romantico

Procedendo dal lungo rettifilo che da Fontana conduce a Sombreno, ultimo lembo agreste a occidente dei colli, al centro del solco del Brembo, il visitatore è accolto dall’alta e fitta massa arborea del parco di Villa Agliardi, posta ai piedi della collina: un’emergenza monumentale e paesaggistica d’eccezione che si staglia al margine opposto del compatto nucleo storico.

Gli alti fusti del parco di Villa Agliardi proiettati contro la collina del Santuario, fungono da contrappunto alla minuscola trama del compatto nucleo medioevale

La villa è celata discretamente da una quinta di edifici e per vederla bisogna imboccare un’antica diramazione – via Agliardi – che dai margini occidentali del tessuto storico si dirige fra gli ultimi lembi edilizi e il fitto bosco.

Via Agliardi (Ph Maurizio Scalvini)

 

Via Agliardi. L’austero prospetto nord corrispondente all’ingresso di rappresentanza, con l’ampio portone centrale (Ph Maurizio Scalvini)

La strada si allarga in un piazzale ombroso delimitato, da un lato da una fontana  incorniciata da due scale curve che invitano a salire verso la collina e, dall’altro, dal lungo ed austero prospetto nord della villa, che come una fiera e ritrosa fanciulla di campagna si mostrerà alle spalle.

Il domestico Recalcati, davanti al portone della villa. Oltre la fontana sono visibili  la vecchia  torre e il Santuario, aggrappati alla collina

Di fronte al viottolo che immette alla villa, su un grande portone campeggia una targa metallica che introduce ad un bellissimo esempio di dimora padronale del ‘600 costruito dalla famiglia Moroni (proprietaria dell’adiacente Filanda) ed acquistato dal conte Pietro Pesenti (1771-1826 ), che lo adibì a casa del fattore.

La fattoria di proprietà Agliardi, rimasta tale sino agli anni Novanta quando è cessata l’attività agricola a Sombreno (Ph Maurizio Scalvini)

Pietro Pesenti, il committente della villa che andremo a visitare, era l’ultimo rampollo maschio di uno dei due rami in cui s’era divisa nel ‘600 l’importante famiglia di drappieri. I Pesenti già all’inizio del ‘400 dalla culla natale di Gerosa in Vall’Imagna si erano insediati in Bergamo e Sombreno, dove nel corso del tempo avevano aumentato i propri possedimenti. A soli 22 anni Pietro aveva ereditato tutti i beni paterni ed entusiasta degli avvenimenti storici che in quegli anni stavano profondamente mutando l’Europa, partecipò attivamente alla vita politica bergamasca ritrovandosi a ricoprire, tra il febbraio e l’aprile del 1798, la carica di Presidente dell’Amministrazione del Dipartimento del Serio, la maggior carica politica locale.

Bortolo Fumagalli (1781-1863) opp. Jean-François Bosio (1764-1827), Ritratto del conte Pietro Pesenti, committente del progetto di Villa Pesenti-Agliardi. “Figura di patriota cisalpino che nella breve storia della repubblica Bergamasca, presto incorporata nella Cisalpina, ebbe importanti cariche, partecipando attivamente con la generosa irruenza della sua giovinezza al grande rinnovamento sperato, e sfociato invece poi nel terribile bagno di sangue causato dallo sfolgorante trionfo di Napoleone. Comandante generale delle milizie della Guardia Nazionale di Bergamo Pietro Pesenti fu tre anni dopo Presidente dell’Amministrazione del Dipartimento del Serio, e partecipò ai Comizi di Lione; imprigionato e saccheggiato con il ritorno degli Austro-Russi, fu poi perseguitato con la Restaurazione del ‘15. Le delusioni e i dolori lasciarono profonde tracce nella sua psiche che, minata, provocò la prematura morte nel 1826″ (“Storia d’un giardino. 200 anni tra immagini sognate e immagini reali” – Bozza per lo studio del giardino della villa Agliardi già Pesenti in Sombreno in base alla documentezione iconografica dell’archivio Agliardi)

Fu proprio in quel 1798 che il cittadino Pietro Pesenti,  sull’onda del successo politico commissionò (1) all’architetto austriaco Leopold Pollak (Vienna 1751 – Milano 1806), insigne architetto operoso in Lombardia nella stagione neoclassica, la ristrutturazione in chiave moderna della Villa di famiglia, per trasformarla in luogo d’incontro per i politici del tempo. Pesenti gli espose una serie di richieste che questi doveva rispettare e gli commissionò anche l’invenzione ex-novo del giardino. E soprattutto il giardino, secondo l’uso dell’epoca, avrebbe dovuto essere concepito come manifesto delle idee politiche del committente.

La dimora, un’edificio di impianto seicentesco con impianto a L, aveva un nucleo antico costituito da una torre medioevale facente parte dell’antico sistema difensivo di Breno che comprendeva (oltre al castello situato in cima alla collina, in luogo dell’attuale Santuario) anche una seconda torre, collocata  in quella che è oggi la piazza. Quando nel 1473 i Pesenti si insediarono a Breno probabilmente acquistarono le due torri, ampliandole e trasformandole in abitazioni. La torre della piazza è infatti inglobata in un edificio di più vaste dimensioni.

Pianta del piano terreno di Villa Pesenti-Agliardi. I muri antichi sono disegnati in nero e le costruzioni nuove in rosso. La torre medioevale si sviluppava su due piani ed era completata da un corpo più basso.  La L era composta dall’attuale ala occidentale e dal corpo centrale (avente porticato a colonne binate). Inoltre, il muro interno alla corte dell’ala a mattina risulta anteriore al 1798 ed è probabilmente un residuo delle parti rustiche che furono demolite nel 1795

Della torre medioevale si trova traccia nell’angolo nord ovest della villa, dove possiamo individuarla grazie alla presenza di pietre piuttosto grandi e ben squadrate che la differenziano dal resto dell’edificio, che è in acciottolato, mattoni e materiale vario.

Il prospetto settentrionale di Villa Agliardi (Ph Maurizio Scalvini)

Perchè il Pollak (che talvolta si firmava Pollach e che taluni chiamano Pollack,  allievo e discepolo del Piermarini, con cui collaborò per Villa Belgiojoso a Milano), aveva accettato la proposta di risistemare una residenza di campagna, in un luogo così periferico rispetto alla capitale lombarda e per di più da riprogettare su una precedente costruzione? Lui, che si era conquistato grande fama con la progettazione di rilevanti edifici pubblici, firmando a  Bergamo il teatro Sociale.

Caduto il dominio austriaco nel 1796 e considerata la sfortunata vicenda austriaca in Lombardia ai primi anni dell’Ottocento, le sue origini non rappresentavano un incoraggiante biglietto da visita per la nuova classe dirigente; l’occasione fornitagli dal conte Pesenti  gli offriva la possibilità di riscattarsi attraverso un innovativo progetto di  reinterpretazione in chiave neoclassica di una preesistente dimora secentesca non separabile dal notevole parco.  E dal momento che l’ammodernamento della casa era vincolato dagli schemi di una costruzione preesistente, fu soprattutto sul giardino che egli concentrò il proprio estro creativo.

Un giardino che, probabilmente a causa dei costi eccessivi, venne ultimato solo in alcune parti, assolutamente insufficienti a darci conto dell’insieme come era stato concepito nel progetto, ma che è possibile descrivere sulla base dei disegni incorniciati nella villa (2).

Viottolo che dall’Azienda Agliardi conduce all’ingresso di sevizio di Villa Pesenti-Agliardi  (Ph Maurizio Scalvini)

Dalla fattoria, percorso un breve viottolo si entra in un atrio, non molto vasto e illuminato da tre arcate orientate a sud verso il giardino. Il cancello si trova proprio di fronte.

In corrispondenza dell’ala occidentale della casa, appare l’ingegnosa sistemazione della via a fondo cieco con la monumentale quinta scenografica di fronte alla quale si apre l’ingresso di tutti i giorni. In prospettiva, la fattoria e, sopra, il Santuario (Ph Maurizio Scalvini)

 

Di fronte alla “quinta scenografica” a tre arcate vi è l’ingresso di servizio, in corrispondenza dell’ala ovest della villa (Ph Maurizio Scalvini)

 

La veduta dall’ingresso, con uno scorcio sull’ala est ed alcuni edifici di servizio; in lontananza il Tempietto del Silenzio, posto tra il muro di cinta e la collina (Ph Maurizio Scalvini)

Come detto, all’arrivo del Pollak la villa presentava un impianto seicentesco impostato ad L, costituito dal corpo mediano e dall’ala occidentale. Tale impianto conteneva già le premesse dell’attuale planimetria, che dal nucleo centrale preesistente si è dilatata articolandosi simmetricamente ad U, secondo i canoni di un evidente schema neoclassico.

Al pian terreno del corpo mediano venne ricavato un grande vestibolo porticato (oggi coperto da vetrate) e venne conservato il sovrastante salone; nell’ala occidentale venne  invece innestato un monumentale scalone a due rampe. E’ invece praticamente tutta nuova l’ala orientale, così come i corpi più bassi che prolungano le ali.

La facciata del corpo centrale verso la corte (di chiaro richiamo all’architettura piermariniana) presenta un avancorpo a lieve risalto che sorreggono il balcone; sopra, il piano nobile è impreziosito da lesene binate con capitelli ionici che reggono un’architrave. Le ampie aperture invitano ad uscire e a godere pienamente del giardino

 

L’imponente salone centrale dalla volta barocca al primo piano, un ambiente rettangolare di m 5,30 x 10,70. Benché non vi siano notizie certe riguardo l’edificazione della dimora seicentesca, gli affreschi che decorano la volta, realizzati intorno al 1676 da Domenico Ghislandi, provano che l’edificio a L risultava completato entro questa data

 

Salone centrale al primo piano, con la volta decorata intorno al 1676 da Domenico Ghislandi (padre del più celebre Vittore, alias Fra’Galgario), pittore di vedute e di quadrature che affrescò numerosi palazzi bergamaschi

 

UTILE E BELLO 

In ognuno dei  prospetti delle ali l’architetto austriaco inserì una nicchia, con coronamento a timpano, contenente una statua sormontata da un riquadro entro il quale campeggia un’iscrizione, un elemento di reminiscenza cinquecentesco-palladiana (3).

Le due statue in facciata, rappresentanti l’Ospitalità e l’Agricoltura, sono due elementi importanti per comprendere l’idea ispiratrice di tutto il giardino, concepito come luogo in cui utile e bello si fondono (una delle idee portanti dei giardini paesaggistici inglesi che Pollak  aveva assimilato grazie ai numerosi contatti avuti con il suo committente milanese Belgiojoso). Il tema  è simboleggiato dallo stesso progetto della villa che prevedeva otto “suite” per ospiti, poi non realizzate.

La Statua dell’Ospitalità, dello scultore Gelpi, sulla facciata della villa, tema progettuale insieme a quello dell’agricoltura, felicemente interpretato da Pollak. L’ospitalità è vestita con un’elegante tunica ricoperta da un leggero mantello; una mano regge la cornucopia dell’abbondanza da cui un putto raccoglie grappoli d’uva; l’altra mano compie in segno d’offerta e d’invito. Il tema dell’Ospitalità è evidenziato dalle scritte latine in facciata: “A nessuno è chiusa la casa del padrone, a tutti coloro che vengono una mano amica porge tutto ciò che vi è dentro”

 

La Statua dell’Agricoltura, scolpita da Gelpi, sulla facciata della villa. Di nuovo una figura femminile, ma vestita “alla contadina”, con un vestito corto che lascia scoperte le caviglie e i piedi scalzi. Tiene in mano gli attrezzi del lavoro agricolo, una vanga e un falcetto, e un fascio di spighe; un putto al suo fianco gioca con una zappa. “Qui crescono vigorosi gli alberi, l’acero rosseggia, il giardino dà frutti. Perché indugiare allora? Cerere offre tutti i suoi doni” (Ph Maurizio Scalvini)

 

GLI AFFRESCHI E LE DECORAZIONI

Alcuni aspetti riguardanti l’intervento sulla villa – affreschi e decorazioni – si relazionano, dialogano, con il progetto del giardino, dando vita a un tutto organico in cui il dentro e il fuori si richiamano a vicenda.

Le decorazioni ad affresco furono realizzate da Vincenzo Bonomini (1756-1839) nei primi anni dell’Ottocento (salone centrale al primo piano ed altre sale al piano terreno), mentre le decorazioni a stucco vennero affidate ad un certo Bossi .

Gli affreschi e le decorazioni al piano terreno

Le tre sale poste al piano terreno sono riccamente decorate e nascondono numerosi significati simbolico-politici, riconducibili a quelle idee politiche di Pesenti che si ritrovano citate anche nel giardino.

Il tema della prima sala è quello della pace e della guerra: al centro della volta è affrescato il riposo del guerriero, tema che manifesta l’ideale di un governo illuminato (la Repubblica raffigurata nella terza sala, evidente riferimento alla Repubblica Francese), capace di garantire ai propri cittadini la serenità proveniente dalla pace e, al contempo, la forza e la solidità portata dalle armi.

Nel tema del riposo del guerriero, affrescato al centro della volta della prima sala,“un armato riposa con la testa reclinata sullo scudo e due colombe (pace) dibattono con la deterrente medusa (guerra) effigiata sullo scudo”  (Ginevra Agliardi, cit. in bibliografia)

Sempre legati alla simbologia della pace e della guerra sono i decori a stucco, sia in questa sala che in quella accanto, dove alle pareti compaiono anche alcune stampe rappresentanti diversi momenti della vita di Napoleone.

Al centro della volta della terza sala (quella che doveva essere già al tempo sala da pranzo) Vincenzo Bonomini affrescò la Repubblica con in mano un fascio consolare, con chiaro riferimento alla Repubblica Romana e, in quel momento storico, alla Repubblica Francese.

L’allusione alla Repubblica Francese ritorna nelle decorazioni dell’obelisco (di fronte all’ingresso principale), punto di riferimento simbolico e spaziale del giardino.

Nella terza sala al piano terreno, Vincenzo Bonomini, soffitto con affresco raffigurante “La Repubblica”, evidente riferimento alla Repubblica Francese. La sala è ornata da finissime composizioni decorative del pittore

Sulle pareti è simbolicamente rappresentato il mondo. All’interno di piccole ghirlande sono posti quattro animali che rappresentano i quattro continenti: il cervo rappresenta l’Europa, il cavallo le Americhe, il leone l’Africa e l’elefante l’Asia, ad indicare che la Repubblica come istituzione politica domina sui quattro continenti del mondo.

I temi del riposo del guerriero, del significato politico di Napoleone e della Repubblica, cari al committente, si ritrovano citati anche nel giardino.

 

Gli affreschi e le decorazioni al primo piano

Le decorazioni più importanti e significative sono comunque al piano superiore, al quale si giunge attraverso un imponente scalone a due rampe, che si imbocca a sinistra del vestibolo.

Pollak stesso disegnò gli sgabelli e i tavoli dello scalone, oltre alle sedie che ancora oggi arredano l’atrio

Alle pareti del salone centrale del primo piano (quello già osservato con la volta affrescata dal Ghislandi) compaiono quattro vedute affrescate con perizia da Vincenzo Bonomini, di analogo interesse per il rapporto con il giardino.

Il salone centrale dalla volta barocca al primo piano, con alle pareti quattro paesaggi affrescati da Vincenzo Bonomini,  Le “lesene” sono decorate con verdure e frutti (carote, asparagi, pere, ciliege, aglio, cipolle) dipinte dal pittore Pontiroli e tutte lumate con oro zecchino: un chiaro riferimento al giardino di Pollak, in cui frutti ed ortaggi sono considerati veri e propri ornamenti, allo stesso livello dei fiori. Questi stessi ortaggi si ritrovano, coltivati, nelle quattro grandi aiuole rettangolari che accompagnano tutto il viale di tigli

Tema di tali vedute è il  paesaggio raffigurante rovine classiche, elementi che Pollak aveva disegnato nel progetto per il giardino: una veduta raffigura le terme (che non vennero realizzate) ed un un’altra la casa dell’ortolano (realizzata), elementi che riprendono  i due temi di fondo del progetto pollackiano: l’Ospitalità e l’Agricoltura:

“Così, in un ambiente immaginario ma con vivo richiamo all’essenza del paesaggio reale, egli raffigurò due significativi elementi del progetto del giardino: uno – la casa dell’ortolano – reale ed agricolo, l’altro – le terme, destinate al piacere del vivere in villa – solo ideato dal Pollach e mai realizzato” (4).

Vincenzo Bonomini. Affresco raffigurante un paesaggio con rovine classiche e un edificio termale. Il grande affreschista bergamasco era stato chiamato del Pesenti e dal Pollak per decorare la maggior parte della villa

 

Vincenzo Bonomini. Affresco raffigurante un paesaggio con rovine classiche e la “casa del giardiniere”

In alcuni locali adiacenti il salone centrale, spiccano per la loro particolarità  alcune pareti rivestite da papier peints francesi, carte da parati decorate a tempera, i cui colori nonostante il passare del tempo hanno mantenuto una straordinaria vivacità.

Una piccola saletta, adibita a locale di studio, presenta un più realistico diorama di Parigi, ove sono chiaramente riconoscibili alcuni fra i maggiori monumenti della città: quasi una sua sintesi, in termini di pre-moderna simultaneità. Idee proiettate nello spirito enciclopedico ed universalistico di quel periodo (Perogalli, cit.).

Tappezzeria francese disegnata a tempera su carta raffigurante una caccia al cervo in un fitto bosco

 

IL PROGETTO DEL GIARDINO

Si è già detto dell’idea ispiratrice di tutto il giardino, concepito come luogo in cui utile e bello si fondono, dove l’utilità della campagna, con i suoi frutti, si concilia al bello per il diletto dell’anfitrione e dei suoi ospiti.

La Val Breno in un dipinto databile al 1690 ca. Il dipinto è un documento molto significativo della parcellizzazione sul finire del ‘600 delle coltivazioni agricole della val Breno, un territorio già allora intensamente coltivato. L’allevamento del baco da seta cessò completamente nei primi anni Cinquanta

Come anticipato qui, “L’origine montanara di molti abitanti della zona, Pesenti compresi, spiega la gelosa cura dedicata per secoli alla terra. Si intuisce un rapporto non solo fisico ma anche ‘ideologico’ col giardino, amato, ma forse anche temuto dagli stessi proprietari come antagonista dei terreni coltivati (e quindi passato alla nuova destinazione con un’iniziale cautela ed attenzione al rapporto con la campagna circostante.) Da qui la cautela, quasi avara, con cui i campi venivano destinati al nuovo ruolo di giardino. È quindi pensabile che il binomio “agricoltura / ospitalità” che ha ispirato il Pollack ed il suo committente Pietro Pesenti non abbia soltanto uno stimolo culturale nello spirito bucolico settecentesco, ma proprio un concetto d’utilità e di rispetto della campagna, in una visione nuova, neoclassica, dell’ortus clausus, che riscatta questo ‘spreco’ di terreno agricolo” (5).

Nelle intenzioni del Pollack e del suo committente, il giardino doveva perciò essere in parte destinato alla produzione agricola ed inoltre, semplificando, “arredato” come un vero e proprio luogo di soggiorno estivo nel quale i motivi ornamentali si sarebbero alternati ad una serie di sorprese.

Il terreno destinato alla produzione agricola occupava più di un terzo del giardino e prevedeva la creazione di strutture finalizzate a coltivazioni  improntate al principio pratico ma anche filosofico-politico, dell’utilità.

Da un lato, strutture finalizzate  alla coltivazione di prodotti utili per la casa, ossia fiori, frutti, uva e ortaggi, con un Giardino a fiori all’olandese; diversi Potager (orti); una Casa rustica per abitazione dell’Ortolano; una Fruttiera con vasca nel mezzo; una Vigna d’Alcatico.

Dall’altro, era prevista la creazione di una Agrumera e di una Filanda (un elemento originale del giardino di Villa Pesenti-Agliardi), destinata alla produzione della seta: prodotti di elevato valore commerciale forse destinati ad un mercato esterno. La Filanda ben si accordava alla situazione agraria del territorio bergamasco nel Settecento, in cui la maggior ricchezza era rappresentata dalla seta e dove il gelso aveva tolto al vino il primato produttivo.

Dal giornale delle spese per la fabbrica di Breno dal 1793 al 1819, apprendiamo che nell’inverno del 1815 la filanda acquistata dal Moroni il 7 luglio 1814 (corrispondente al mapp. 71 della planimetria risalente al primo decennio del 1800) era stata demolita (insieme alla “casa contigua in facciata alla tinera”) “per poter usare il materiale per la costruzione del casino dell’ortolano ultimato nel mese di luglio-agosto” (l’esistente casa del giardiniere nel giardino della villa progettato da L. Pollak).  In quel 1815, in luogo della filanda fu costruita la tinaia. 

“Il progetto originale fu modificato non realizzando la retrostante filanda prevista. Tale modifica è da ritenersi dovuta all’evoluzione delle filande, proprio in quel periodo, che da artigianali diventano industriali” (Gian Paolo Agliardi, cit.).

Leopold Pollack. Progetto per il giardino di villa Pesenti (1798). Particolare: l’agrumera e la piazza semi-ottagonale. Penna e acquerello, Sombreno, Collezione Pesenti-Agliardi.

 

Leopold Pollack. Agrumera nel giardino di villa Pesenti (1798). Penna e acquerello, Sombreno, Collezione Pesenti-Agliardi. Alle serre destinate allo studio della botanica (che stavano prendendo piede in Lombardia) Pesenti preferì la più tradizionale e redditizia coltivazione degli agrumi. L’Agrumera, con i suoi 300 metri quadrati occupava una vasta superficie.

 

Il giardino verso la limoniera non ancora realizzata nel 1867 ca.

 

Leopold Pollack. Progetto per il giardino di villa Pesenti (1798). Particolare: la casa dell’ortolano, la filanda, i potager (grandi riquadri disposti di fronte alla casa dell’Ortolano), la grotta e il balcone. Il semi-ottagono è destinato ad accogliere le piante di agrumi in estate. Penna e acquerello, Sombreno, Collezione Pesenti-Agliardi. La filanda, era posta sul retro della casa dell’Ortolano in diretta comunicazione con i campi da cui proveniva la foglia del gelso. Le sue dimensioni erano probabilmente proporzionate alle esigenze locali e contava ventiquattro bacinelle (una filanda industriale all’inizio del Novecento era costituita da sessantaquattro bacinelle)

 

La casa rustica per l’ortolano, in fondo al giardino, novembre 2004

Pollak collocò poi il frutteto e aiuole ornamentali di verdura (potager) nel cuore del giardino, quegli stessi ortaggi richiamati negli affreschi del salone centrale della villa.

Leopold Pollack. Progetto per il giardino di villa Pesenti (1798). Particolare: il viale dei tigli, i potager, il Tempio del Silenzio, il giardino all’olandese e la fontana della Najade.  Penna e acquerello, Sombreno, Collezione Pesenti-Agliardi

 

Leopold Pollack. Progetto per il giardino di villa Pesenti (1798). Particolare: la piazza dei pini, la Torre dei Venti, il frutteto, la meridiana e i bagni. Penna e acquerello, Sombreno, Collezione Pesenti-Agliardi

Dai disegni conservati nella villa emerge come la  progettazione del giardino fosse meticolosamente estesa fino al più minuto dettaglio costruttivo, comprendendo un numero straordinario di elementi  architettonici e naturalistici, intesi forse a “recuperare, concentrandola, l’esperienza delle grandi ville romane, proiettata però nello spirito enciclopedico ed universalistico  del proprio tempo” (Perogalli, cit.).

Vengono infatti recuperati elementi archeologici, egiziani e classici (obelisco, templi, terme), romantici (per alcuni cenni che rievocano l’architettura castellana, rustica), speleologici (con la formazione di una grotta), esotici (con aiuole realizzate con fiori olandesi, l’agrumeria, «qualche pianta pregevole forestiera»); industriali (con una filanda munita di 24 fornelli), scientifici (per la possibilità di misurare il tempo attraverso un orologio solare) ed inoltre motivi simbolici e celebrativi quali un Monumento della Libertà in Italia, un Tempio della Pace ed uno del Silenzio (quest’ultimo realizzato), riservando alcuni margini all’iniziativa del committente.

A evidenziare l’originalità del progetto per Villa Pesenti-Agliardi rispetto ad altri progetti del Pollak  (Montecchio e Riva di Chieri) basterebbero la filanda, l’edificio dei bagni, la piazza dei pini a cima, la sala a verde con piante “forestiere” e la torre del belvedere.

 

UNA VISIONE D’INSIEME

Il terreno destinato a giardino si sviluppava in modo irregolare e disarmonico a sud-est della casa; l’architetto doveva quindi sottrarre la disarmonia agli occhi del visitatore.

Leopold Pollack. Progetto per il giardino di villa Pesenti (1798). Particolare: la corte, delimitata dalla villa, dalle scuderie (fabbricate nel 1793 prima dell’arrivo del Pollak) e dalle rimesse per le carrozze, è occupata da un grande spazio cubico (parterre) che si dilata nel vicino spazio composto da una rotonda a prato, con un obelisco al centro.Tutto attorno una siepe di carpini e una corona di tigli creano giochi di chiaroscuro e isolano questo spazio geometrico dal resto del giardino. Penna e acquerello, Sombreno, Collezione Pesenti-Agliardi

In asse con la casa, disegnò lo spazio regolare della corte, dividendola visivamente dal resto del giardino.

Il giardino venne disegnato sulla base di un ideale triangolo equilatero avente per vertici le tre piazze: oltre a quella circolare (Obelisco), quella semipoligonale a nord-est (cui avrebbe dovuto corrispondere il portico fra i due tempietti) e quella ottagonale (la “Fruttiera”) a meridione. 

Leopold Pollack. Progetto per il giardino di villa Pesenti (1798). Penna e acquerello, Sombreno, Collezione Pesenti-Agliardi. Gli spazi sono concepiti secondo forti equilibri geometrici, all’interno dei quali gli elementi naturalistici rappresentano il tessuto connettivo. Ma diversamente da quanto avviene nella tradizione italiana, le forme geometriche sono costituite da elementi agricoli e produttivi (utili), ossia reinterpretate in chiave illuministica e moderna. Ed è probabilmente in questo che consiste l’originalità del giardino di Sombreno: nel tentativo di unire ed intrecciare i due stili opposti, quello geometrico e quello paesaggistico

All’interno della composizione la rotonda dell’obelisco svolge quindi  l’essenziale funzione di snodo e di congiunzione tra la corte ed il giardino e diviene il punto di riferimento non solo spaziale (la sua punta è visibile da tutto il giardino) ma anche simbolico-politico con l’allusione alla Repubblica, tema già espresso nell’affresco del Bonomini al centro della volta della terza sala al piano terreno.

Punto di riferimento spaziale e simbolico del giardino, l’obelisco è un monumento innalzato come “pietra tombale” dell’Ancien Regime e inneggiante alla Repubblica Cisalpina. Si noti l’allusione alla Repubblica nella decorazione (i quattro fasci agli angoli della base e che sorreggono la cima) e nell’iscrizione incisa sui lati (INCIPIENTI REGIMINI AUREO MONUMENTUM – FINIENTI REGIMINI DURO SAXUM – POSUIT ANNO 1800 – PETRUS PESENTI)

Per ovviare al rischio di un eccessivo affastellamento delle costruzioni architettoniche, Pollak dispose tutti gli edifici (la lunga serra, la casa dell’ortolano con la filanda retrostante, la grotta, l’edificio delle terme, il “Tempio della Pace” e il “Tempio del Silenzio”) lungo il perimetro del giardino, con il vantaggio, da un lato, di sfruttare al massimo l’estensione interna dello spazio a sua disposizione e, dall’altro, di catturare l’attenzione del visitatore celando nello stesso tempo parti del muro di cinta.

Il giardino e la fontana della ninfa, novembre 2004

Com’era uso nei giardini inglesi, le macchie di vegetazione completavano la mimetizzazione del muro, in modo che il visitatore non avesse la sensazione di trovarsi in un luogo limitato. Dove sorge il Tempio del Silenzio, una fitta e irregolare parete di carpini invita lo sguardo a spaziare verso l’ampio anfiteatro della collina coltivata a vite, oltre la quale l’occhio è attirato dalla torre posta a metà della salita acciottolata che conduce al Santuario. 

Il giardino verso il Tempietto nel 1895 ca., Anche dopo la realizzazione del nuovo giardino romantico, persiste una continuità nel dialogo tra giardino e ambiente circostante, assunto come parte virtuale del disegno

Bisognava anche cercare di estendere lo spazio del giardino all’esterno dei confini della proprietà e adottò alcuni accorgimenti per dilatare illusionisticamente la percezione dello spazio.

Collocò la vite a nord, nei pressi del muro di cinta, così da suscitare la sensazione di continuità tra la vite del giardino e quella coltivata sul pendio della retrostante collina, dominata dal profilo del Santuario.  La dimensione virtuale del giardino era l’intero paesaggio circostante con cui il Pollak seppe sapientemente rapportare il giardino reale.

Leopold Pollack. Progetto per il giardino di villa Pesenti (1798). Particolare: il Tempio della Pace, il viale di Castagni d’India, il gioco del Tisco e l’anfiteatro della vigna, un’altra area fortemente geometrica ma composta da elementi naturalistici. Penna e acquerello, Sombreno, Collezione Pesenti-Agliardi

 

Leopold Pollack. Vigna con Pergolo nel Mezzo per il giardino di villa Pesenti (1798). Penna e acquerello, Sombreno, Collezione Pesenti-Agliardi

 

La villa nel 1901 ca. con vista sul Santuario

Verso la pianura, creò due aperture nel muro di cinta, grazie alle quali si poteva allungare lo sguardo sulla campagna circostante e collocò sull’angolo estremo del giardino una Torre o Belvedere da cui osservare tutta l’estensione del giardino e la campagna circostante.

1965. Veduta aerea del borfo di Sombreno, con a destra la villa

 

Leopold Pollack. Torre de Venti o Belvedere nel giardino di villa Pesenti (1798). Penna e acquerello, Sombreno, Collezione Pesenti-Agliardi

 

GLI ALLINEAMENTI PROSPETTICI E IL GIOCO DEI RIFERIMENTI SIMBOLICI

Come rilevato da Ginevra Agliardi, una fitta rete di sottilissime linee rosse tracciate sulla planimentria, evidenzia un gioco di quinte, cannocchiali ottici e prospettive entro le quali Pollak  ha allineato un gioco di riferimenti simbolici,   allusivi a quei temi cari al commitente espressi anche nelle sale della villa.

Leopold Pollack. Progetto per il giardino di villa Pesenti (1798). Penna e acquerello, Sombreno, Collezione Pesenti-Agliardi

Un asse parte dall’ingresso principale, attraversa l’obelisco e termina nel Tempio della Pace. “Torna qui il riferimento a quel ‘aureo regime nascente’ portatore di Pace, simboleggiato nella villa, come già accennato, dal ‘guerriero a riposo'”.

L’Ara collocata tra l’obelisco e il tempio si riferisce probabilmente “ai ringraziamenti che gli antichi offrivano per le vittorie”.

Vi è poi un lungo cannocchiale prospettico che dalla rotonda dell’obelisco  permette di scorgere un Vaso cinerario. Tale sottolineatura “conferma l’ipotesi di un significato simbolico che lega i due monumenti. Si tratta forse un riferimento a coloro che persero la vita per la conquista della libertà politica”.

Infine, Ginevra Agliardi ha scoperto “che il Tempio della Pace posto all’estremità dell’asse principale, appare idealmente congiunto al Tempio del Silenzio posto all’estremità dell’asse secondaria”.

“L’esattezza delle linee che si possono tracciare sulla planimetria e il triangolo che ha come vertici i due templi e il centro della corte e come lati i due viali, confermano la non casualità dei riferimenti: pace e silenzio dopo la guerra contro l’oppressore”.

 

DAL GIARDINO OTTOCENTESCO AD OGGI

Pietro Pesenti morì giovane lasciando la villa in eredità alla nipote, Marianna Pesenti che sposò il Conte Paolo Agliardi (6). Dopo la morte d Marianna, suo figlio, Conte Giovanni Battista Agliardi,  ne divenne proprietario e negli anni 1875-1880 trasformò l’incompiuto giardino in  chiave romantica all’inglese con l’uso di molte essenze di pregio, di cui talune esotiche. 

Il ricco corredo fotografico della famiglia Agliardi offre un’idea del giardino prima e dopo l’impianto romantico, nonchè validi indizi riguardo la datazione delle piante superstiti più importanti.

La mappa catastale di Sombreno del 1812 dimostra che del giardino vi era solo l’Obelisco alla Libertà e relativa rotonda. Il Tempietto del Silenzio venne ultimato da Marianna Pesenti Agliardi nel 1838

Sullo sfondo mutevole del giardino è poi piacevole vedere l’intrecciarsi di “episodi di vita e di amore familiare” che abbracciano sei generazioni. Qui fu scattata la fotografia di Maria Montessori che, divenuta la fotografia ufficiale della Dottoressa, fu stampata sulle vecchie banconote da 1.000 lire. Vi venne ospitato anche Papa Giovanni XXIII quando ancora era Patriarca di Venezia.

 

Come giustamente sottolineato da Gian Paolo Agliardi, il giardino neoclassico, anche se non realizzato per intero ha lasciato una profonda traccia per la sua forte carica progettuale, condizionando felicemente anche l’evoluzione del giardino romantico. Traccia che è riaffiorata nel tempo con la morte di alcune piante ultracentenarie e che, tra l’altro, ha contribuito a mantenere  quel “dialogo” tra il giardino e il paesaggio collinare, che è stato uno dei temi di fondo del progetto del Pollak.

Vista aerea di Sombreno, con il parco di Villa Pesenti-Agliardi (1993)

 

Prima del giardino romantico

La famiglia Agliardi nel giardino di Sombreno, 1867 ca.

Nell’autunno 1867, probabilmente in occasione del compleanno del figlio minore Gian Battista fu realizzato un bel sevizio fotografico divenuto un importante documento della fase che precede l’impianto romantico, di cui possiamo cogliere alcuni dei tanti aspetti.

La famiglia Agliardi nella loggia della villa di Sombreno, 1867 ca.

Ad esempio, la parte antistante la casa dell’ortolano era a frutteto ed orto, la limoniera non era stata ancora realizzata e la rotonda attorno all’obelisco era completamente circondata da piante, probabilmente ippocastani, molto più alte e ravvicinate rispetto a quelle progettate dal Pollak.

1867 ca. – Ospiti attorno all’obelisco

 

1868 ca. – Caffè al Tempietto con la famiglia riunita. Dietro il Tempietto compare un muro altissimo sovrastato da un cumulo di coppi, probabilmente quanto restava dell’incompiuta limoniera, prima dei successivi riattamenti della serra fredda, ghiacciaia e montagnetta, che allora non c’era

 

Il giardino romantico

Appassionato di fiori e di piante, Giovanni Battista Agliardi dimostrò la sua competenza attraverso una scelta qualificata di essenze di pregio, di cui talune esotiche (soprattutto conifere), secondo la moda del tempo: cedri, cipressi, Chamaecypearis, sequoie, tassi..

Una delle gigantesche sequoie (Sequopiadendron giganteum), dalla cima tronca ma con un fusto poderoso, nel giardino della villa (2002) – (foto Marco Mazzoleni)

Ci si chiede se dalla grande amicizia di Giovanni Battista con casa Piazzoni – che il quel periodo avrebbe impiantato il bellissimo Parco poi divenuto Marenzi in via Pignolo -, possono essere derivate  influenze culturali e forse progettuali.

Parco Marenzi verso la fine dell’Ottocento

E’ comunque possibile datare l’impianto del nuovo giardino grazie agli acquerelli di Gio. Madone, del 1883, dove si nota la giovane età dei Cedri e delle Sequoie. La crescita, talvolta imponente, di alcuni alberi ha prodotto effetti nell’evoluzione dei rapporti spaziali del giardino e quindi anche nel modo di vederlo e di fruirlo, così com’è tipico del giardino romantico.

G.B. Madone. L’obelisco, 1883

 

L’obelisco, 1885 ca.

 

Giardinieri nella rotonda davanti alla villa, 1893-94 ca.

 

G.B. Madone. La villa vista dal giardino, 1883 ca.

 

Giovanni Battista Agliardi con il giardiniere Massimiliano, 1890 ca.

 

La villa verso est; a sin. la sequoia wellintonia, 1966 ca.

Altre foto del 1906 documentano l’evolvere del giardino romantico, che con la creazione di grandi quinte verdi, specialmente di conifere, si estraniava sempre più dall’ambiente circostante e quindi dal disegno pollakiano.

Giovanni Battista Agliardi con Piero e Alessio Moroni, 1893-94 ca.

 

Il giardino verso il tempietto, 1966 ca.

Nel frattempo, le due palme in facciata vennero abbattute perchè non piacevano già più alla generazione successiva, come si apprende dalla corrispondenza del 1916 tra Giovanni Battista Agliardi al fronte e le sue sorelle.

La facciata della villa (1900 ca.)

Nel corso del tempo, alcune delle piante superstiti dell’impianto ottocentesco si sono forgiate assumendo sempre più il carattere di “monumento verde”.

Tra i pregevoli esemplari di carpine bianco, uno forma sette poderose ramificazioni già a pochi metri dal suolo, tanto da somigliare ad un candelabro. Elemento di base dell’arte del giardino, il carpine bianco è spesso presente nei parchi storici ed anche nei roccoli.

Uno dei carpini bianchi monumentali (Carpinus betulus) la cui forma a candelabro è stata condizionata dalle ripetute potature che ne hanno orientato la crescita. Il tronco è eccezionalmente contorto e le costolature sono particolarmente pronunciate; l’aspetto scultoreo è un indice di vetustà (immagine pubblicata ne “I grandi Alberi. Monumenti vegetali della terra bergamasca”. A cura di Gabriele Rinaldi. Provincia di Bergamo, Grafo, 2006)

Su una collinetta, in un luogo isolato, vi è un magnifico cedro dell’Himalaya  facente parte dell’originario impianto romantico.

Un cedrus deodara nel giardino della villa (immagine pubblicata ne “I grandi Alberi. Monumenti vegetali della terra bergamasca”. A cura di Gabriele Rinaldi. Provincia di Bergamo, Grafo, 2006)

Oggi, a distanza di circa centoquarant’anni dall’impianto ottocentesco, gli alberi più antichi e prestigiosi del giardino condividono il ruolo di protagonisti con quei piccoli e grandi monumenti scaturiti dal progetto originario di Leopoldo Pollak.

 

Note

(1) La scritta A.R.C. I (che sta per anno primo respublicae cisalpinae) presente su un’iscrizione riportata su una “rovina architettonica” della planimetria del progetto di Pollak (ICNOGRAFIA VILLAE DICTA PRE’ A PIETRO PESENTI BERGAMI CIVES AD COMODITATEM ET SOLATIVM HOSPITVM AVCTAE ET CON ORTIS AMPLIATAE A.R.C I) suggerisce che “Il progetto venne steso da Pollach tra il gennaio e il maggio del 1798 e cioè tra l’inizio dell’anno riportato su quasi tutte le tavole e lo scadere del primo anno della Repubblica Cisalpina” (Ginevra Agliardi, Il progetto di Leopoldo Pollach per il giardino di villa Pesenti-Agliardi a Sombreno, cit. in bibliografia).

(2) Il progetto di Pollak, quasi totalmente integro, è composto da ventinove tavole acquerellate conservate nella villa di Sombreno e così suddivise: una pianta generale della villa e del giardino, venti disegni relativi agli edifici e alle vedute del giardino, tre piante, tre prospetti e due sezioni della villa (Ginevra Agliardi, Il progetto di Leopoldo Pollach per il giardino di villa Pesenti-Agliardi a Sombreno, cit. in bibliografia). Di questo progetto esistono poi vari studi che esaminano anche le correlazioni con altri giardini dall’epoca.

(3) Reminiscenze cinquecentesche non erano assenti dall’architettura di Pollak; un esempio, in ambiente bergamasco, può essere la facciata di palazzo Agosti-Grumelli che Pollak progettò nel 1797 a Bergamo.

(4) “Storia d’un giardino. 200 anni tra immagini sognate e immagini reali” – Bozza per lo studio del giardino della villa Agliardi già Pesenti in Sombreno in base alla documentezione iconografica dell’archivio Agliardi. Inoltre: “I quattro grandi paesaggi entro riquadro a sviluppo verticale sulle pareti maggiori sono una pagina altissima pur nell’inusitato rispetto dogmatico, nuova e irripetuta nello svolgimento poetico bonominiano, e danno un’altra volta la misura delle sue possibilità nel genere specifico. La luce particolare che sublima le potenzialità timbriche del colore in natura, le architetture a spinta verticale, allisciate, l’assoluto silenzio nell’aria sterile e il memento mori tra l’elegiaco e il sentenzioso dell’elemento rovina grandiosa e tenace sembrano segnare un momento di pensamenti più drammatici per l’esuberante Bonomini” (R. MANGILI, Vincenzo Bonomini…, p. 73).

(5) Sombreno. Storia d’un giardino

(6) Dopo la prematura scomparsa nel 1826 di Pietro Pesenti e quasi un ventennio d’abbandono della villa e parco in parte incompiuti, attorno al 1840 pervennero per divisione a Marianna Pesenti Agliardi (sposò nel 1822 il conte Paolo di Bonifacio Agliardi). E’ all’ultimogenito, il Senatore Giovanni Battista (1827+1896), a cui si  attribuisce l’attuale impianto del giardino (Sombreno. Storia d’un giardino, cit).

Bibliografia

Ginevra Agliardi, Il progetto di Leopoldo Pollach per il giardino di villa Pesenti-Agliardi a Sombreno. Tesi di Laurea, Università degli Studi di Milano, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2001-2002.

Carlo Perogalli. Villa Pesenti, Agliardi a Paladina, Sombreno (Bergamo). Estratto dall’«Archivio storico lombardo» serie IX – volume VII – 1968 Milano Società Storica Lombarda, 1969.

Roberto Ferrante, Paolo Da Re, Ville Patrizie Bergamasche, Bergamo, Grafica e Arte Bergamo, 1983, pp. 45-51.

Gian Paolo Agliardi, Vita di un giardino e nel giardino. In: I grandi Alberi. Monumenti vegetali della terra bergamasca. A cura di Gabriele Rinaldi. Provincia di Bergamo, Grafo, 2006, p. 131